Traducendo Einsamkeit
STANZE DEL NORD
SCORRONO LE COSE CONTROVENTO di FEDERICA GALETTO
ODE FROM A NIGHTINGALE - ENGLISH POEMS
A LULLABYE ON MY SHOULDER di Federica Nightingale
EMILY DICKINSON
sabato 31 luglio 2010
OHRAN PAMUK
Vermeer
SCRIVO PERCHE' di Orhan Pamuk
Scrivo perché ne ho voglia.
Scrivo perché non posso fare un lavoro normale come gli altri.
Scrivo perché dei libri come i miei siano scritti e io li possa leggere.
Scrivo perché ce l'ho con voi tutti, contro il mondo.
Scrivo perché mi piace stare chiuso in una stanza tutto il giorno.
Scrivo perché non posso sopportare la realtà se non trasformandola.
Scrivo perché il mondo intero sappia che genere di vita io, gli altri, noi tutti abbiamo vissuto e continuiamo a vivere a Istanbul, in Turchia.
Scrivo perché amo l'odore della carta e dell'inchiostro.
Scrivo perché credo più di tutto nella letteratura, nell'arte del romanzo.
Scrivo per abitudine, per passione.
Scrivo perché ho paura di essere dimenticato.
Scrivo perché apprezzo la fama e l'interesse che ne derivano. Scrivo per star solo.
Scrivo nella speranza di capire perché ce l'ho così tanto con voi tutti, con il mondo intero.
Scrivo perché mi piace essere letto.
Scrivo, dicendomi, che bisogna finire questo romanzo, questa pagina, che ho cominciato.
Scrivo, dicendomi, che è quello che tutti si aspettano da me.
Scrivo perché come un bambino credo nell'immortalità delle biblioteche e nella posizione che vi mantengono i miei libri.
Scrivo perché la vita, il mondo, tutto è incredibilmente bello ed esaltante.
Scrivo perché è piacevole tradurre in parole tutta questa bellezza e la ricchezza della vita.
Scrivo non per raccontare una storia bensì per costruirla.
Scrivo per sfuggire al sentimento di non potere raggiungere un luogo verso cui si aspira, come nei sogni.
Scrivo perché non riesco ad essere felice qualsiasi cosa faccia.
Scrivo per essere felice.
Ohran Pamuk
http://it.wikipedia.org/wiki/Orhan_Pamuk
Scrivo perché ne ho voglia.
Scrivo perché non posso fare un lavoro normale come gli altri.
Scrivo perché dei libri come i miei siano scritti e io li possa leggere.
Scrivo perché ce l'ho con voi tutti, contro il mondo.
Scrivo perché mi piace stare chiuso in una stanza tutto il giorno.
Scrivo perché non posso sopportare la realtà se non trasformandola.
Scrivo perché il mondo intero sappia che genere di vita io, gli altri, noi tutti abbiamo vissuto e continuiamo a vivere a Istanbul, in Turchia.
Scrivo perché amo l'odore della carta e dell'inchiostro.
Scrivo perché credo più di tutto nella letteratura, nell'arte del romanzo.
Scrivo per abitudine, per passione.
Scrivo perché ho paura di essere dimenticato.
Scrivo perché apprezzo la fama e l'interesse che ne derivano. Scrivo per star solo.
Scrivo nella speranza di capire perché ce l'ho così tanto con voi tutti, con il mondo intero.
Scrivo perché mi piace essere letto.
Scrivo, dicendomi, che bisogna finire questo romanzo, questa pagina, che ho cominciato.
Scrivo, dicendomi, che è quello che tutti si aspettano da me.
Scrivo perché come un bambino credo nell'immortalità delle biblioteche e nella posizione che vi mantengono i miei libri.
Scrivo perché la vita, il mondo, tutto è incredibilmente bello ed esaltante.
Scrivo perché è piacevole tradurre in parole tutta questa bellezza e la ricchezza della vita.
Scrivo non per raccontare una storia bensì per costruirla.
Scrivo per sfuggire al sentimento di non potere raggiungere un luogo verso cui si aspira, come nei sogni.
Scrivo perché non riesco ad essere felice qualsiasi cosa faccia.
Scrivo per essere felice.
Ohran Pamuk
http://it.wikipedia.org/wiki/Orhan_Pamuk
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lunedì 26 luglio 2010
MONDO NON LEDERMI DOLENTE
De Sotomayor
Musica : Ludovico Einaudi - In un'altra vita
http://www.youtube.com/watch?v=pYnQv2NfVmg&feature=player_embedded
Mondo non ledermi dolente
Piacendo ai fiori che m’incolpano
Le strette d’occhi pieni d’assoluto
rigore
Destandomi ai piedi delle nubi m’odo
recitare preghiere del mattino
Alitare su pietre mai levigate dai venti
Ruggendo di spine mi volto di spalle
Devo ancora capire se il Pater volato
nei gorghi bluastri s’accende di gioia
O se forse ancora mi scalda appena di
sola natura insoluta nei passi decisi della vita
Mi piace desinare a pane e acqua sognando le
rose che apristi per me nel tempo di maggio
Assolato e desueto nei contorni obliqui
delle carezze incomplete
Mio Signore ricordati che voglio restare in piedi
su questa terra abbagliata dalla tua luce sovrana
E ricordati che piango lacrime e rido diamanti
Che le sole mie ritrosie discendono il tuo petto
M’innalzano ai grigi poderi della rinuncia e della
Parola invocata
a decidere che sia manna o assenzio
bruciato sui pendii
Corrimi da cima a fondo
Non volgermi altro che lieve soppesare
d’anima libera
E spargimi per il mondo come seme fecondo
A dire le cose che mai si diranno
A redimere le agonie dei giusti
A formare catene di cotone con la lingua
Tremando nel fiato corto dell’inseguimento
Dammi le gambe per volare e la voce per
gridare amore
e amore per legare le mie sofferenze
Mondo non ledermi dolente
che mi accascio a sorprendermi
Di che suono è il mio strumento
Federica Galetto ©
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domenica 25 luglio 2010
FEDERICA GALETTO - POESIE da "SCORRONO LE COSE CONTROVENTO"
NON SO DIRE QUANTO ANCORA
Non so dire quanto ancora
s'invade la soglia di sole
o le ombre - scagliate da fuori
Le gesta paiono appena più miti
fra gorgogliare di suoni mai pesi
Ridotte corde infilate fra sassi
e speranze risorte di vuoti mai pieni
Aspetto che cambi la sera
Per quanto si dica, mai appare serena
né il giorno si sfrangia distratto
fra cenci e schermaglie
Le ore non sono che storie
Arsure di vita e fratte bagnate
Sempre rileggo un copione consunto
né posso stracciarne le trame o gettarle
Sono me, le rime le pause
i punti e i gobbi nascosti
Rileggo e rileggo che poi
mi addormento
Da sola
Il cuore contento
NULLA MI PIANGE DI PIÙ
Ma lente s'intersecano le opposizioni
gli istanti brutali d'agonia
le mosse a spezzare dignità complesse
Ritorni di fuoco ormai arsi
da disprezzo fossile
Non è la verità e lo so bene
che mi distrugge il solo verbo
lanciato come boomerang fra
costole e cuore
L'estate sorride
e al mio bene più caro solo abbracci
e baci sottili di rondini e sole
Se madre nell'ennesima potenza
dell'essere si spezza come vetro
di spergiuri vestiti di nero e rimasugli
sbordanti le ferite, conto
i luccicori delle mie viscere
in ogni giorno che mi abbandona
Nulla è più forte di questa
mano stretta
Nulla mi piange di più
se non l'attentato al parto fecondo
di un giovane seme attaccato alla mia gonna
un uomo in fasce che mi rischiara il sangue
Se anche dovessi morirne
LE PARODIE DEL DISGELO
Non mi giungono inoffensive
le parodie del disgelo
Avverto i singolari movimenti dell'oltre
nei secchi viatici
Rotonde le paure accartocciano un imprevisto
e della vita non mi cruccio
se non quando la sera ghiaccio
tra i fornelli e il buio di fuori
le nebbie dei vuoti e le tende bianche
Assecondarmi per non metterti alla porta
Da lontano l'esigenza chiede perdono
che a vivere si fa fatica
e non mi domando perché ci sono arrivata
a questa ruota ferma che mi distrae i sogni
Mettendo un solo accento sui vizi
raccolgo infinitesimali briciole di luce
mentre sto come la notte sui pendii
nell'accartoccio di semine malate
mai riuscite come la polvere dopo la pioggia
Ho paura a tenerti che non so stringerti
vorrei diluirmi e consolidarmi
Anche senza passato
LE ORE NON SONO AL POSTO GIUSTO
Le ore non sono al posto giusto
né i minuti straziano di meno
al lume d'un mozzicone di cera
che non si vede e non respira
dietro i tendoni spessi d'apparenza
Restano a guardare le attese
Mai senza un calice pieno a brindare
ché l'effetto finale si contorce
in un marchio che pare mai ripulirsi
I segni seguitano a incidere
Le ore non sono al posto giusto
né i ritardi ottusi comandano i battiti
dei polsi, le vene aperte
Le conclusioni, le inadeguatezze
Non c'è una sola quiete
che bruci in questa stanza
Federica Galetto © - da "Scorrono le cose controvento" - Edizioni Lietocolle 2010
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sabato 24 luglio 2010
LUIGI DIEGO ELENA - una poesia
Foto dal web
Gli uomini impagliati
Scarno il narciso che si rannicchia al gambo quando al tramonto nebbia a
respirare
quel tarassaco soffione nei prati e negli incolti mosso da chi fugge dagli uomini impagliati.
Metri sul livello quieto d’un ramo a palmo per raccogliere gomitoli di gesti
fronde
quella pazienza ch’arriva a sera in quel lento fiume al regno mare il cannibale d’incontro.
Perpetua le porzioni nella piazza all’oblio in cui finisce col ritornello d’un riposo unione.
È il gobbo soddisfatto di essere sempre più vicino all’ombra del sole alle spalle che lo spinge.
Volgersi è la solita penitenza d’alba con l’obiettivo d’un tramonto rosso e devoto
un inginocchiatoio da cui tutto è stato visto e piaciuto un gemellare abusi e violazioni.
Un piccolo palco l’icona d’ignoto autore.
Luigi Diego Elena ©
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mercoledì 21 luglio 2010
CRISTINA BOVE
Thomas Dodd ©
Quadratura del cerchio
Come una siepe frangivento
ha lacrime di mastice sfrondate
nel libeccio
e chiede perché mai l'hai contagiata
del tuo bene di vivere
lei che di resti in mano ha solo frange
e di muscolo in petto stonature
foriere dell'altrove.
Tu che le porti fuochi ed incensi
che te ne fai delle sue strade a sera
dei suoi giorni a settembre
del suo mondo distante dalle ore?
Qualcuno dice che si è fortunati
a non essere morti un giovedì
e a non avere lapidi nel cuore.
Che lei possa pensare
di tempi già finiti
a completare un cerchio d'ali
malgrado le ragioni
stasera è una finestra spalancata
su piccoli dolori
ed è il segnale della resa
manca
soltanto un frullo.
*
Pausa d'irriflessione
Pensavo di starmene con le mani in mano
a rimediare poche cose
uno sguardo alle tende in trasparenza
fuori camelie in boccio
il gallo ancora canta
ed è stagione che non lascia scampo
lui finirà nel forno, io forse andrò all'inferno
se credessi all'inferno.
Intanto resto qui con le mie cose inutili
carabattole e pochi soprammobili
- li ho sempre riciclati -
quelli rimasti fanno da ricordi.
Come disse quel saggio
aiutati che il cielo non t'aiuta
o forse era il contrario
Ma giunti a questo punto
che si riveli un angelo o un demonio
non fa gran differenza
all'annunciare di giornate ovvie
anche una rana alata può bastare.
E questa che mi prende e non vuole finire
paranoia
da versi mentecatti
dovrò scegliere il punto
da tranciare.
*
Però si vada
Nei giardini abusivi
non si piangono tegole e traslochi
o straniamenti
il cuore nomade ha nel sangue
la sua diaspora
non è un mar rosso che si possa aprire
a salvarlo dai vortici.
Lanterne di coraggio
- così credevano le mani
quando ancora curavano -
era invece il bisogno.
E da quello non nascono le rose
Ci si ammala di sogni ed incostanze
i figli hanno ferite trascurate
la verità è che non esiste casa
che rammendi la vita.
Tragedie scivolate sulla pelle
sono buchi nell'acqua
(io stessa fuggo ancora da quel pianto).
Nel bilancio
ora mi sento un secchio senza fondo
appeso ad un cancello.
*
Di latitanze
mi avvincerai con il presente
eternità sommaria e frammentata
spianata nei deserti
non più da attraversare.
nè fiordi che mi fanno verticale
mentre me stessa scalo.
Tu
generico tu
che ti sparpagli nella notte in astri
a me sei buio
da cui non posso uscire.
mentre danzo la folle sarabanda
in continua caduta dai dirupi
e non ti trovo.
Tu
che tieni in sospeso
ore e minuti.
Ed è per questo che mi basta un tu
specifico e mortale
che mi salvi da questa
solitudine.
Cristina Bove ©
Biografia:
Cristina dice:
"Sono nata a Napoli il 16 settembre 1942, vivo a Roma dal '63.
Ho cominciato, piccolissima, i miei primi paesaggi creati disponendo nel piatto i residui del minestrone, poi mi regalarono gessetti, acquerelli, tempere.
Di pari passo con con la passione per la lettura, quindi la scultura, infine la scrittura, soprattutto la poesia.
Non ho mai rincorso il successo perché, dovendomi occupare di quattro figli, ho solo potuto rubare ritagli di tempo per coltivare la mia arte. Oggi scrivo anche, soprattutto poesia.
Mi sento testimone del mio tempo e della mia esistenza.
Amo la libertà e la giustizia, penso che il rispetto della diversità sia un valore fondante tra gli esseri umani.
Sono alla costante ricerca di un significato in questo infinito mistero in cui mi sento immersa, ma non mi faccio più domande inutili.
Amo la vita, i miei cari, e tutti gli esseri umani dal cuore buono e dalla mente aperta.
Sono presente in diversi e-book, in svariati siti.
Diverse antologie tra cui:
Auroralia (a cura di Gaja Cenciarelli)
La ricognizione del dolore (a cura di Pietro Pancamo)
Antologia del Giardino dei poeti
Ho pubblicato tre raccolte di poesie Fiori e fulmini, Il respiro della luna e Attraversamenti verticali per la casa editrice Il Foglio Letterario.
Conduco un mio blog personale http://cristinabove.splinder.com/
un altro blog aperto a poeti diversi http://giardinodeipoeti.splinder.com/
e partecipo ad alcuni collettivi tra cui http://poetarumsilva.wordpress.com/"
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martedì 13 luglio 2010
SCORRONO LE COSE CONTROVENTO - RACCOLTA DI POESIE DI FEDERICA GALETTO
E' con grande piacere che vi presento il mio libro di poesie
"Scorrono le cose controvento" - Edizioni Lietocolle 2010
Collana Erato
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lunedì 12 luglio 2010
TIZIANO FERRO: POESIA IN MUSICA DEL NOSTRO TEMPO
Tiziano Ferro, giovane poeta e musicista del nostro tempo.
I suoi testi sono perfetti gusci per le note che scaturiscono malinconiche o agguerrite nella forza del dire, un dire forte che ausculta l'animo umano nelle molteplici variazioni e nei movimenti.Battiato, il maestro guru della poesia in musica l'ha affiancato nel cd "Alla mia età", con loro anche Ivano Fossati e altri grandi artisti contemporanei.
Un poeta che canta i suoi versi attraverso strade di note che arrangiano ogni singola immagine.
Un poeta vero, che canta. E canta.E stranisce, per bravura ed emozione.
Un video per ogni suo testo. Enjoy. Godetevelo.
Il tempo stesso
http://www.youtube.com/watch?v=5ifWBvSNwjA
Messo a dura prova
anche un pragmatico convinto
fissa il mondo e perde molto tempo
come me.
L'evidenza degli eventi
che rinneghi
favorisce il trascorrere del tempo
e il logorio che lo pervade.
Dipendenza da dominio del mio tempo
madre della smania mia
di anticipare il tempo stesso.
Un dolor quotidiano cambia
cresce pari al corso del suo tempo.
Proporzioni dirette o inverse
il legame tra tempo e gioie perse.
E un amor quotidiano cambia
cresce pari al corso del suo tempo.
Dubbi eterni sul diretto nesso
tra i legami e il tempo stesso.
Messo a dura prova
anche un pragmatico convinto
fissa il mondo e perde molto tempo come me.
Fu mio amico,
il complice dei dubbi di una vita:
il tempo accondiscende e occulta ogni cosa fallita.
Un dolor quotidiano cambia...
Pietà rubata ai miei pensieri
che il tempo scoprirà fantasma mio
di ieri.
Non so convincerlo a restare
mentre cambio qualsiasi cosa
e sbaglio.
Sbaglio e cambio, cambio e sbaglio,
sbaglio e cambio
Un dolor quotidiano cambia...
*
Fotografie della tua assenza
http://www.youtube.com/watch?v=yb9UDbOGKMA&feature=related
Non guarderò mia più negli occhi
la mia gelosia
e tornerà l' indifferenza
a farmi compagnia
fai spazio,
fai spazio,
fai spazio
più che puoi,
più che se ne può fare
ognuno ha il diritto di dire
ognuno quello di non ascoltare
E sono passati dei mesi
e l'esperienza non provoca cambi
che ad avvicinarci nel tempo
ormai sono i danni non sono più gli anni
la vita che passa e va via
vivendola meglio mi vendicherò
scusa se non ti accompagno
ma ognuno prende la strada che può
Che anno era quando il temporale
non voleva farci uscire più
che giorno era, quale calendario
se ci provo non me lo ricordo
e conto i giorni al contrario
e come sempre la stessa innocenza
e mi sorprendo sempre quando
troverò ogni parvenza
di tracce tue e del tuo nome
anche se vivo ormai senza
fotografate da Dio in persona
fotografie della tua assenza
Mentre in molti si avvicinano a te
senza riuscirci mai
non riesco a dare forma a un destino
che si avvicini a noi
ed ho così perso coraggio
che è facile cadere in uno sbaglio
e cerco tra tutta la gente
almeno un tuo dettaglio
ho in testa recrudescenze della
tua ultima carezza
e aspetto stordito chi con un sorriso
mi dia la mia salvezza
Che anno era quando...
Cosa ci sia dietro è un segreto
cosa davanti lo vedo
e il viso triste, sopra ogni dubbio
non lo nascondo
e se lo faccio
sbaglio, io sbaglio
solo fotografie
della tua assenza...
*
Non me lo so spiegare
http://www.youtube.com/watch?v=lIZo65qUNTU
Un po’ mi manca l’aria che tirava
O semplicemente la tua bianca schiena
E quell’orologio non girava
Stava fermo sempre da mattina a sera
Come me lui ti fissava
Io non piango mai per te
Non farò niente di simile.No no no no
Si, lo ammetto, un po’ ti penso
Ma mi scanso
Non mi tocchi più
Solo che pensavo a quanto è inutile farneticare
E credere di stare bene quando è inverno e te
Togli le tue mani calde
Non mi abbracci e mi ripeti che son grande,
mi ricordi che rivivo in tante cose
Case,
libri,
auto,
viaggi,
fogli di giornale
Che anche se non valgo niente perlomeno a te
Ti permetto di sognare
E se hai voglia, di lasciarti camminare
Scusa, sai, non ti vorrei mai disturbare
Ma vuoi dirmi come questo può finire?
Non me lo so spiegare
Io no me lo so spiegare
La notte fonda e la luna piena
Ci offrivano da dono solo l’atmosfera
Ma l’amavo e l’amo ancora
Ogni dettaglio è aria che mi manca
E se sto così
sarà la primavera
Ma non regge più la scusa
Solo che pensavo a quanto è inutile farneticare
E credere di stare bene quando è inverno e te
Togli le tue mani calde
Non mi abbracci e mi ripeti che son grande,
mi ricordi che rivivo in tante cose
Case,
libri,
auto,
viaggi,
fogli di giornale
Che anche se non valgo niente perlomeno a te
Ti permetto di sognare
Solo che pensavo a quanto è inutile farneticare
E credere di stare bene quando è inverno e te
Togli le tue mani calde
Non mi abbracci e mi ripeti che son grande,
mi ricordi che rivivo in tante cose
Case,
libri,
auto,
viaggi,
fogli di giornale
Che anche se non valgo niente perlomeno a te
Ti permetto di sognare
E se hai voglia, di lasciarti camminare
Scusa, sai, non ti vorrei mai disturbare
Ma vuoi dirmi come questo può finire?
Tiziano Ferro
Biografia qui:
http://it.wikipedia.org/wiki/Tiziano_Ferro
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venerdì 9 luglio 2010
GIUSY DI FATO
Rodney Smith
discernimento
distinguo tra il bene e il male
tra l’incedere e lo stormire dei passi quelli del fare
senza esporsi troppo alla vertigine di un quadro
copia carbone di un Toulouse ultima maniera
quella zona d’ombra, quel franco confine
dove tutto é sacro persino il nulla profano
prostrarsi davanti a nudità di sale fino, al prossimo
baratto delle mani, come tra vergini convenute a nozze
sette per l’appunto savie, meno due che rimasero
a macchiarsi il volto dentro il tre, Santissimo dei santi
riscattando con l’olio dell’inganno il vino, santo
brulé, lacrima Christi, da pasto o da pastura che non lava
l’anima dalle notti sui registri, a fine corsa
ci sarà il tempo per la resa, dei conti ne faremo un fascio
per “profumarci il petto e il crine” ma cadrà di Sabato
perciò terremo accesa la lanterna ché lo sposo ritrovi
la sua casa
*
se tengo a mente
Se questo è amore
allora, Maria Antonietta che converge sul viale
degli illustri, è quasi al tramonto
(ed anche il più bello)
lì dove la pulzella
cade
brucia
nel suo petto
la fiamma
( il marmo vince, pensò la rondine tornata
dalla guerra)
in un giorno di sole
neanche tanto ventoso, e
non sembra vero
testata giornalistica compresa!
quel ricucirsi le mani, lontane anni luce dagli odori
delle orbite nei muri,
sulle asole del cuore
riposa l’impasto
ché le parole tengono insieme i sogni, mi suggeriscono le anime progresse
e, si allacciano alle tempie
sul giocai giocammo a nascondino
(fidandoci del bene che non si perderà
se tengo a mente il cinque)
prima che il pane
se resti ora che è sera
comprasse il pegno del peccato
*
di me
così mi lasci orizzontale al pulsare
di meccaniche celesti, più sulla punta di un rosa
senza volute se non boccioli di spine e di me
qualcosa ricorderà l’inverno col suo gesso
forse il centro oppure quell’ellisse meno un no
forse la mano che torna scalza lungo
la siepe senza potatura, certo!
che come un randagio ai lati della bocca
avrei potuto indossare un futuro, il primo a caso
solo per rubare all’assenzio la sua giacca
e frantumarci dentro la vertigine del giorno
con quel suo bianco occhieggiare dal proscenio
ma chi riempirà la mia alcova dopo … ?
dopo
vorrei che la forma del ventre avesse un nome
finalmente
Giusy Di Fato ©
Biografia:
Giusy Di Fato nasce a Catania nel 1967. Ha frequentato gli studi classici e scrive da quando aveva dieci anni. Dopo un lungo periodo di silenzio,riprende a scrivere due anni fa. L'autrice dice: "Ho compreso quanto "l'impermanenza", sia l'unica cosa permanente (quindi dobbiamo cercare di essere più veloci, della veloce mutazione che permea ogni istante della quotidianità)".
Ama la fotogarafia e leggere.
Sue poesie sono state pubblicate sull'Annuario dell'Accademia Eliodoro, sull'agenda Le Pagine del Poeta 2009 e 2010, nell'antologia edita da Penna d'Autore e dall'Aletti editore.
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lunedì 5 luglio 2010
DERIVE, TACCUINO LETTERARIO
Vi presento DERIVE, TACCUINO LETTERARIO. Una iniziativa sviluppata all'interno delle Edizioni Smasher http://www.edizionismasher.it/index.html/
DERIVE è il nome di questo taccuino letterario a diffusione gratuita che dedica il suo numero 0 a Frida Khalo di cui nei prossimi giorni si ricorderà l'anniversario della nascita.
Al numero pilota hanno contribuito (in ordine di presenza): simonetta bumbi / orlando andreucci / fabio ognibene / sara garagnani / giulia carmen fasolo / saverio vasta / antonella taravella / teresa regna / massimo bisotti / fabio bosco / isidoro aiello / salvatore amenta / enzo campi / salvatrice vilardi / ED WARNER.
ideazione e progetto grafico in xpress giulia carmen fasolo
illustrazioni interne e quarta di copertina simona pocorobba
Questo taccuino è una estensione letteraria, scritta a più mani, parlata da più voci, formata da più stili. È tascabile, maneggevole, senza inizio e senza fine, una lettura d'un fiato. È uno scaffale dove si ripongono parole, edite ed inedite. Racconti. Poesie. Illustrazioni. Lampi di genio. Visioni e autoproduzioni.
Se ti interessa leggerlo, partecipare ai prossimi numeri o contribuire alla distribuzione, è possibile trovare ogni informazione seguendo il link http://www.edizionismasher.it/taccuino/taccuinoletterario.html#contributi
oppure alla pagina facebook dell'iniziativa.
Per sfogliarlo on line qui:
http://issuu.com/smasher/docs/derive_taccuino00?mode=embed&layout=http%3A%2F%2Fskin.issuu.com%2Fv%2Flight%2Flayout.xml&showFlipBtn=true
DERIVE è il nome di questo taccuino letterario a diffusione gratuita che dedica il suo numero 0 a Frida Khalo di cui nei prossimi giorni si ricorderà l'anniversario della nascita.
Al numero pilota hanno contribuito (in ordine di presenza): simonetta bumbi / orlando andreucci / fabio ognibene / sara garagnani / giulia carmen fasolo / saverio vasta / antonella taravella / teresa regna / massimo bisotti / fabio bosco / isidoro aiello / salvatore amenta / enzo campi / salvatrice vilardi / ED WARNER.
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illustrazioni interne e quarta di copertina simona pocorobba
Questo taccuino è una estensione letteraria, scritta a più mani, parlata da più voci, formata da più stili. È tascabile, maneggevole, senza inizio e senza fine, una lettura d'un fiato. È uno scaffale dove si ripongono parole, edite ed inedite. Racconti. Poesie. Illustrazioni. Lampi di genio. Visioni e autoproduzioni.
Se ti interessa leggerlo, partecipare ai prossimi numeri o contribuire alla distribuzione, è possibile trovare ogni informazione seguendo il link http://www.edizionismasher.it/taccuino/taccuinoletterario.html#contributi
oppure alla pagina facebook dell'iniziativa.
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sabato 3 luglio 2010
L'AMORE DEL GIGLIO - ANTOLOGIA
“L’amore del giglio”, poesie alla mamma per Samuele Editore
prefazione di Maria Luisia Spaziani
Esce, per i tipi della Samuele Editore di Fanna di Pordenone, la piccola antologia di poesie sulla maternità ”L'amore del giglio”. Un volumetto introdotto in copertina da una prestigiosa tela di Carlo Sbisà (1889-1964), notissimo pittore triestino che con “L'attesa” bene apre le 80 pagine dell'undicesima edizione della collana Scilla dell'editore pordenonese.
Un volume che raccoglie cinque autori di differenti nazionalità che hanno scritto, ognuno attraverso il proprio particolarissimo sentire socio-culturale, testi sul tema scelto. Si trovano così un'autrice messicana (Alejandra Craules Breton) che illustra il dramma di un rapporto spezzato dalla morte della figlia neonata, un'autrice ucraina (Natasha Bondarenko) che delinea le sfumature d'amarezza di un difficile rapporto d'amore, un autore marocchino (Nabil Mada) che tra le moschee ricorda la genitrice con l'affetto sereno d'un figlio, un autore francese (Patrick Williamson) che dipinge paesaggi di cornice su dialoghi e soliloqui, e in ultimo un autore italiano (Domenico Cipriano) che ricorda la madre e l'amore per lei secondo un'usanza tanto cara a buona parte della poesia italo-meridionale.
Questa piccola antologia, oltre ad essere impreziosita dai testi originali a fronte, si pregia anche di uno scritto introduttivo di Maria Luisa Spaziani, che dice “c'è molto dramma in queste poesie che vanno dal Messico all'Ucraina al Marocco alla Francia fino alla nostra Italia, e non mancano accenti che riflettono il dramma della loro esistenza e convivenza, e non manca naturalmente nemmeno un grande tema previsto tra i nove citati in apertura, quello dei ricordi. La memoria è infatti la massima radice senza la quale l'altra massima radice, la mamma, non potrebbe creare foreste infinite, quelle che rendono sovranamente umana la nostra vita”. Parole queste a cui fa eco il poeta nostrano inserito nell'antologia, Domenico Cipriano, con i versi “C'è più sacralità in questa casa / che nella chiesa di paese. / E' il messaggio globale / (non semplicemente mediatico / e mortale) che alimenta granelli / dello stesso riverbero di voci / di una profonda fede, e mia madre / sussurra le parole e dà calore / ai fotogrammi del saluto”.
“L'amore del giglio” Samuele Editore 2010
pag. 80, ISBN 9788896526101
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giovedì 1 luglio 2010
STELVIO DI SPIGNO
Foto di Patrick Scott Vickers
Da “La nudità” (Pequod 2010)
Fondamenti
Difendi la memoria del cielo
che non hai mai visto dalla trapunta dei rami
del pineto e dei tigli che coprono la finestra dello studio
lasciali entrare nella mente oscillante
e se fossero qualcosa di invisibile
che proprio non riesci a cancellare,
allontanali da te, una volta per sempre,
senza pensarli come avi o genitori.
Ma non farne delle teche, dove morirebbero
per il caldo e gli insetti e se proprio
li credi qualcosa di sacro,
prega che non scompaiano, che facciano tutt’uno
con l’occhio che li ha prodotti, col cuore
che li ha protetti, con l’aria che li trattiene.
Ruolo
Il casolare colore della steppa è incasellato
come un sipario calato nei colori dell’iride,
mentre l’occhio vi si fonde e soltanto condivide
un calendario o un divario tra i fondali di stagione,
un diario del mais o un cottage d’ornamento.
Ora racconto che il casolare è passato
non tanto veloce e c’è la noia di chi guida
tra i sentieri tutti interi e marchigiani
e non sa come fare, cosa dire, dove andare
per trasferirsi dall’altra parte della vita:
se restare tra le larve come un nudista nel giorno
o chiudersi per sempre lontano dal suo mondo.
Verso nord
Proprio qui da Vicenza dove è la clinica dei matti
nella quale mi riposo come un vecchio già da giovane
e la parola mare non suona più come parola familiare
ma solo come distanza dai nomi portati tutti falsamente
si vede meglio come la retrovia della vita
abbia ancora bisogno di un colpo di sole
che la consegni alla pace senza tanta ripugnanza
come nel silenzio delle Prealpi in lontananza
si riascoltano i morti, ora nudi ora vestiti,
a seconda del bel tempo e del vento stizzito
o del ricordo cui manca sempre o spesso
il respiro, una devianza, un freno della mente
che lo renda preciso e incostante.
Pratica
Se lavori a giornata con ogni tua parola
e qualcuna la perdi per caso o per strada,
è perché sono alberi o pareti, facili da dire,
e servono a chi ascolta per restare in piedi,
non perdiamo un compagno o un fratello
ma chi non vuole entrare nel discorso
e vuole tacere per noi e per se stesso
ramazzando e lasciandoci al futuro
per fare pulizia nella mente e nel cuore.
Se poi è la strada o la lingua che si perde,
ricorda che è soltanto un racconto fatto al mondo
di parole messe al centro tra legname e fascine,
e se le insegui, ti ci stanchi o le rincontri,
ci metti dell’impegno e valichi il tuo tempo
scordando nel camino la tua vita da bruciare.
Visita
Ho visto il cielo restare senza voce
un cielo caldo di mattina tra le case
poi di nuovo restare senza voce
e farsi più luminoso come una minaccia
ho visto che era un cielo di morti,
di gente che non ha sonno da regalare
né fiori freschi da portare a questa parte di mondo
che ribolliva rimanendo estranea.
Come si può vedere farsi caldo il sole
ho quasi visto un’anima isolata
contrattare un parcheggio di se stessa e di me
per convivere col suo ricordo
senza averne dolore, e per una volta sola
l’ho chiamata per nome, era tornata qui,
era lei che parlava anche per me.
Stelvio Di Spigno ©
Biografia:
Stelvio Di Spigno è nato a Napoli nel 1975. È laureato e addottorato in Letteratura Italiana presso l’Università “l’Orientale” di Napoli. Ha pubblicato la silloge Il mattino della scelta in Poesia contemporanea. Settimo quaderno italiano, a cura di Franco Buffoni (Marcos y Marcos, Milano 2001), i volumi di versi Mattinale (Sometti, Mantova 2002, Premio Andes; 2ed. accresciuta Caramanica, Marina di Minturno 2006), Formazione del bianco (Manni, Lecce 2007), La nudità (Pequod, Ancona 2010) e la monografia Le “Memorie della mia vita” di Giacomo Leopardi – Analisi psicologica cognitivo-comportamentale (L’Orientale Editrice, Napoli 2007). Vive a Gaeta.
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