Traducendo Einsamkeit
STANZE DEL NORD
SCORRONO LE COSE CONTROVENTO di FEDERICA GALETTO
ODE FROM A NIGHTINGALE - ENGLISH POEMS
A LULLABYE ON MY SHOULDER di Federica Nightingale
EMILY DICKINSON
sabato 31 dicembre 2011
Buon Anno - Happy New Year 2012
La stanza di Nightingale vi augura un felice Anno Nuovo
La stanza di Nightingale wishes you a Happy New Year
venerdì 23 dicembre 2011
Buone Feste
L'Albero di Natale
A sud del golfo di Finlandia
la notte vicino al mare brumoso
l'albero di Natale scintilla tra oscure torri gotiche
corazze di cavalieri teutoni e ciminiere di fabbriche
l'albero di Natale
l'albero di Natale canta sulla piazza bianca di neve
canzoni dell'Estonia
lunghissimo scintillante pagliuzzato d'oro
l'albero di Natale
tu sei nella palla di vetro rosso
i tuoi capelli son paglia gialla
le ciglia azzurre sono io
che l'ho appesa mettendotici dentro
il tuo collo bianco è lungo e rotondo
ti ho messa nella palla di vetro rosso
con i miei dubbi
con le mie ansietà
con le mie parole
le mie speranze
le mie carezze a tutti gli alberi di Natale
a tutti gli alberi
a tutti i balconi
le finestre
i chiodi
le nostalgie
ho appeso la palla di vetro rosso.
Nazim Hikmet
Con gli auguri di un sereno e gioioso Natale a voi tutti
sabato 17 dicembre 2011
VILLA DOMINICA BALBINOT - Febbre lessicale
Franz Von Stuck
Nel leggere Villa Dominica Balbinot si diventa coraggiosi. E’ bene non pensare affatto che sarà una passeggiata addentrarsi nella sua Poesia. Il solo semplice gesto dell’aprire il suo libro “Febbre lessicale” acquista un valore simbolico cruciale, diventa rito magico, trascendenza, potenza subliminale. I suoi versi sono come discese agli Inferi e trasudano di percorsi lunghi e soffocanti, di trasformazioni alchemiche susseguenti, incalzanti, mistiche. Il lessico è ricercato ma sempre indirizzato verso una precisa linea esplicativa del “Dominica-Pensiero” e della particolarissima percezione che la Balbinot ha del mondo e dei suoi abitanti. Del malessere del vivere raccoglie ogni sfumatura, lacerandola con precisione chirurgica e acuta sensibilità in un immaginario fatto di cupa terra e abisso, di morte incombente a cui nessuno può sfuggire. Manipola la lingua, la rende plasmabile sotto colpi di duro patire, la storce, la batte, la inchioda per poi amarla d’una dolcezza inquietante che striscia non vista, fra gli sterpi e le putrefazioni del rifiuto alla resa. Non c’è quindi resa all’inevitabile, al dolore, alla morte; avviene dunque che la lotta s’inasprisca rivelando l’irosa natura d’uno spirito indomabile, agguerrito, impavido. Alle brutture del vivere s’accosta una bellezza squarciata, dilaniata, rinnegata dalla crudezza del mondo, la morte s’accende di vivezza che brucia e trasfigura il reale che riluce di peccato. Credo che leggere Villa Dominica Balbinot sia un’esperienza. Nessuno come lei sa calarsi così in profondità, scavare nel fango, abbellire i propri giardini con lamenti, torture e sevizie tanto da renderli comprensibili ad una mente lucida e calma. Si scende poco a poco, si scende senza nessuna certezza, si va alla cieca come un animale che scava, la notte. Nessuno ci tiene la mano, questa Poesia ci lascia soli davanti al mistero, all’insondato, all’attesa. Una delle poetesse del nostro tempo che più amo. Per chi vuole trarre dalla Poesia un succo urticante ma benefico, seppur preso a piccole dosi per non soccombere nell’immediato, la conoscenza profonda del risvolto di una medaglia che pochi conoscono e affrontano, una visione “eretica” che fa la differenza. Non è Poesia per signorine, anche se bene educate e colte. Da non perdere, perché saprà come non farsi dimenticare. Una grande Voce.
Federica Galetto
“Nel dire – bianco – del silenzio
Ribatteva – lei- con lapidei
florilegi argomentali,
costretta alla bellezza gelida dell’alabastro,
tra le ossa biancheggianti fra i rovi
( e nell’attesa – vuota –
che la iconostasi si aprisse)
V.D. Balbinot da “ E nell’attesa – vuota -”
E NE SAREBBE STATA AFFETTA
Era l’odore della terra in fiore:
la sua splendente bellezza permaneva
le faceva amare cose inermi
Si sentiva tutta riarsa
- e con suo stesso orrore -
fino al midollo
di una sua magra esistenza selvatica.
Ogni cosa appariva troppo fredda,
troppo ampia – e desolata.
Ora si aspetta tutto dall’uomo
come una mattazione,
l’abisso oltre il giardino.
E ne sarebbe stata affetta,
da quei vivi – mutilati e imperfetti-
dai cumuli di piccole celle,
da una minima contaminazione dell’aria.
(era il lieve velo della polvere,
dei fiori che andavano essiccandosi…)
NELL’AZZURRA FIORITURA
Nell’azzurra fioritura del suo recesso
(meraviglia vi era stata
- all’inizio-,
dell’ immacolata bellezza)
i fiori erano ormai scuri per l’ombra della notte,
come alghe viola le ombre stesse.
Le parole dunque scritte
- attorno al conclave cadaverico_
erano fragili,
lei le trasformava in due ustioni
fin nel labirinto osseo, lì in fondo:
il nero dei cani neri,
e quello stretto laccio
( nemmeno la più piccola pulsione di sangue, vi era).
E DELLA CONSUNZIONE – SUA
Nel periodo primo della consunzione sua
( e per una qualche affezione del corpo:
i nervi delle mucose aride,
della tensione istologica
del moto linfatico
per ogni dove le scorie di sfaldamento)
contemplava lei la forma impudica dell’essere,
queste sottili ferite nella terra,
un secreto agitarsi
nel casto gelo del tutto
Tirata fuori
-dalle pozze di annegamento-
il bordo ha scorticato,
in un minuscolo punto,
-sotto la parte più dura del cranio-
ci sono, i rilassamenti:
e ora la stretta faccia verde del serpente fissa,
e il prospetto della sezione strasversale del cuore…
E in questa aspettazione
il dissezionatorio rito
le è concesso:
le sue preghiere non raggiungono neppure il limbo,
quei nomina lei li teme,
delle creature che la trafiggono.
( era così,
che doveva essere nata,
la gorgone)
E LE PAREVA DI NON AVERE MAI FISSATO
Era il paesaggio chiaro,
di una notte ghiacciata:
aspettava solo il sorgere del sole,
e quelle colline azzurre,
il cielo come un grande uccello…
E le pareva di non avere fissato
mai nulla così a lungo
- come quinte nella nebbia-
quei meccanismi dell’affezione
e l’armamentario della sventura
( non sei mai stata condannnata
per nessun crimine, vero?…)
i finimenti umani, tutti.
Non aveva mai capito la natura dei veleni,
le leggera punta di amaro delle tossine
e con quel bel fiore che cresce fin sotto la forca,
le mandragore e l’assa foetida
ben oltre la barriera ultima degli alberi azzurri…
Queste le annotazioni dell’anamnesi:
“Bisognerebbe scuoterti,
quel tuo corpo è teso a arco,
sangue vorrà altro sangue allora,
-e comincerà la agonia-”
Consacrata a un dio che non conosceva
con mani profane gli si adunghiò,
era in condizione di privazione,
doveva fare in modo che non fosse lei,
a stringere il laccio.
( Lui le disse solo,
che sembrava consumata)
Villa Dominica Balbinot
"Febbre lessicale" - http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=579343
Il suo blog: http://villadominicabalbinot.wordpress.com/
martedì 13 dicembre 2011
Leticia Austria - Una poesia in traduzione
Balthus
REUNION
Tonight, at least,
I see you -- in a candle’s light suffused
by ruby glass, the undulating arc
cocooning us while headlights pierce the streets.
The noisy years between remembering
and living flesh are silenced by the voice
I hear this moment, and I catch its words
like colored moths, to pin them in a frame
when daylight comes.
Tonight, at least,
you know me -- not the ink of written word,
the masquerader hiding in plain sight,
but sound and breath that waited out the page
for temporary incarnation. Yet,
what I intend to say is left unsaid,
gray fumes dispersing in the wavering light.
I only say the words that can survive
when daylight comes.
INCONTRO
Stasera, almeno,
ti vedo - nella luce di una candela soffusa
da un vetro rubino, l’arco ondeggiante
a proteggerci mentre i fari trafiggono le strade.
Gli anni rumorosi tra il ricordo
e la carne vivente sono zittiti dalla voce
che ora sento, e ne catturo le parole
come falene colorate, per appuntarle in una cornice
quando la luce del giorno viene.
Stasera, almeno,
mi conosci – non l’inchiostro d’una parola scritta,
la maschera che si nasconde in piena vista,
ma suono e fiato che attendevano fuori alla pagina
per provvisoria incarnazione. Finora,
ciò che ho inteso dire è lasciato non detto,
fumi grigi si disperdono nella luce vacillante.
Solo pronuncio le parole che possono sopravvivere
Quando la luce del giorno viene.
Leticia Austria
Traduzione di Federica Galetto
I blogs di Leticia Austria:
giovedì 8 dicembre 2011
LE ONDE - Tradurre Virginia Woolf
Now the sun had sunk. Sky and sea were indistinguishable. The waves breaking spread their white fans far out over the shore, sent white shadows into the recesses of sonorous caves and then rolled back sighing over the shingle.
The tree shook its branches and a scattering of leaves fell to the ground. There they settled with perfect composure on the precise spot where they would await dissolution. Black and grey were shot into the garden from the broken vessel that had once held red light. Dark shadows blackened the tunnels between the stalks. The thrush was silent and the worm sucked itself back into its narrow hole. Now and again a whitened and hollow straw was blown from an old nest and fell into the dark grasses among the rotten apples. The light had faded from the tool-house wall and the adder's skin hung from the nail empty. All the colours in the room had overflown their banks. The precise brush stroke was swollen and lop-sided; cupboards and chairs melted their brown masses into one huge obscurity. The height from floor to ceiling was hung with vast curtains of shaking darkness. The looking-glass was pale as the mouth of a cave shadowed by hanging creepers.
The substance had gone from the solidity of the hills. Travelling lights drove a plumy wedge among unseen and sunken roads, but no lights opened among the folded wings of the hills, and there was no sound save the cry of a bird seeking some lonelier tree. At the cliff's edge there was an equal murmur of air that had been brushed through forests, of water that had been cooled in a thousand glassy hollows of mid-ocean.
As if there were waves of darkness in the air, darkness moved on, covering houses, hills, trees, as waves of water wash round the sides of some sunken ship. Darkness washed down streets, eddying round single figures, engulfing them; blotting out couples clasped under the showery darkness of elm trees in full summer foliage. Darkness rolled its waves along grassy rides and over the wrinkled skin of the turf, enveloping the solitary thorn tree and the empty snail shells at its foot. Mounting higher, darkness blew along the bare upland slopes, and met the fretted and abraded pinnacles of the mountain where the snow lodges for ever on the hard rock even when the valleys are full of running streams and yellow vine leaves, and girls, sitting on verandahs, look up at the snow, shading their faces with their fans. Them, too, darkness covered.
"Le Onde" (The Waves) eseguita da Ludovico Einaudi al Nightbook Solo Concert a Dublin nell' Ottobre 2009.
Ora il sole era tramontato. Cielo e mare erano indistinguibili. Le onde frangendosi allargavano i loro bianchi ventagli sulla riva, inviavano pallide ombre nei recessi delle grotte sonore e poi si ritiravano sospirando sui ciottoli. L’albero scosse i suoi rami e una pioggia sparsa di foglie cadde al suolo. Là si depositarono in perfetta compostezza nel punto preciso dove avrebbero atteso di dissolversi. Nere e grigie erano sfrecciate nel giardino dal recipiente rotto che un tempo aveva trattenuto la luce rossa. Oscure ombre annerivano le gallerie fra gli steli. Il tordo era silenzioso e il verme risucchiava se stesso nel suo buco angusto. Di tanto in tanto una pagliuzza sbiancata e cava veniva sospinta da un vecchio nido per poi ricadere nell’erba nera fra le mele marce. Svanita la luce sul muro del capanno degli attrezzi, la pelle della vipera pendeva vuota dal chiodo. Tutti i colori nella stanza erano straripati. Il preciso colpo di pennello era gonfio e debordante; credenze e sedie scioglievano le loro masse brune in un’ unica enorme oscurità. L’altezza dal pavimento al soffitto era tappezzata da vaste tende d’oscurità oscillante. Lo specchio era pallido come la bocca di una caverna adombrata da rampicanti penduli. La sostanza se n’era andata dalla solidità delle colline. Luci vaganti inserivano un soffice cuneo tra le vie affondate e invisibili, ma nessuna luce si apriva fra le ali ripiegate delle colline, e non vi era alcun suono salvo il grido di un uccello in cerca d’un albero solitario. Sul bordo della scogliera c’era un eguale mormorio d’aria spazzata attraverso i boschi, di acqua che s’era rinfrescata in mille avvallamenti vitrei nel mezzo dell’oceano. Come ci fossero onde di buio nell’aria, l’oscurità si muoveva, coprendo case, colline, alberi, come onde nello sciabordio sciacquano i fianchi di qualche nave affondata. La tenebra inondava le strade, muovendosi vorticosamente intorno alle singole figure, inghiottendole; cancellando coppie abbracciate sotto la cascata d’oscurità degli olmi nel pieno del fogliame estivo. Il buio faceva rotolare le sue onde lungo percorsi erbosi e sulla pelle grinzita dei campi di corse, avviluppando il biancospino solitario e i vuoti gusci di chiocciola ai suoi piedi.
Salendo più in alto, l’oscurità si spingeva lungo i nudi pendii montuosi, incontrava i pinnacoli frastagliati e abrasi della montagna dove la neve alberga eterna sulla dura roccia, persino quando le valli sono colme di ruscelli in corsa e gialle foglie di vite, e le ragazze, sedute sulle verande, lo sguardo alzato verso la neve, i loro volti ombreggiati dai ventagli. Anche loro, copriva la tenebra.
Brano tratto da "Le onde" di Virginia Woolf (1931)
Traduzione di Federica Galetto
lunedì 28 novembre 2011
Poesia in traduzione - Olafur Arnalds
"Memories. Memories blur into dreams. Light brings them to truth. Everything unforgiving. Everything becoming hallow. Loneliness consumes and there is no way back. The places you played, the places you called home, the people you thought you loved, all of them. Reduced to a memory of another life. A life you never lived. All the yesterdays that came from tomorrow, all the tomorrows that never came from yesterday. A new beginning because forever is never forever"
"Ricordi. I ricordi sfumano nei sogni. La luce li porta alla verità. Ogni cosa è inesorabile. Ogni cosa diventa santa. La solitudine consuma e non c'è via di ritorno. I luoghi in cui giocavi, i luoghi che chiamavi casa, le persone che pensavi d'amare, tutti loro. Ridotti ad un ricordo di un'altra vita. Una vita che non hai mai vissuto. Tutti gli ieri che venivano dal domani, tutti i domani che mai vennero dallo ieri. Un nuovo inizio perchè per sempre non è mai per sempre"
Olafur Arnalds
Traduzione di Federica Galetto
giovedì 24 novembre 2011
SARA TEASDALE - Poesia in Traduzione
CHANGE
di Sara Teasdale
Remember me as I was then;
Turn from me now, but always see
The laughing shadowy girl who stood
At midnight by the flowering tree,
With eyes that love had made as bright
As the trembling stars of the summer night.
Turn from me now, but always hear
The muted laughter in the dew
Of that one year of youth we had,
The only youth we ever knew --
Turn from me now, or you will see
What other years have done to me.
CAMBIAMENTO
Ricordami dunque com’ero;
Voltati da me ora, ma sempre vedi
La ragazza sorridente e ombrosa che stava
A mezzanotte presso l’albero in fiore,
con gli occhi che l’amore aveva reso luminosi
come le stelle tremanti della notte estiva.
Voltati da me ora, ma sempre ascolta
La tenue risata nella rugiada
Di quell’anno di giovinezza che avemmo,
l’unica giovinezza da noi mai conosciuta –
Voltati da me ora, o vedrai
Ciò che gli altri anni m' hanno fatto
Traduzione di Federica Galetto
Biografia:
Sara Teasdale (1884 -1933)
Scrittrice americana di St. Louis, scrisse molte raccolte di poesie e nel 1918 vinse il Premio Pulitzer. Morì suicida nel 1933. Nel 2010, le opere di Sara Teasdale vengono pubblicate in Italia per la prima volta, "Gli amorosi incanti", con la traduzione di Silvio Raffo per i tipi di Crocetti Editore ("Nei suoi versi eleganti e struggenti, offerti qui al lettore italiano nella sapiente versione di Silvio Raffo, s'impone con irruenza l'eterno tema dell'amore, distillato e dosato con incantevole sprezzatura, in perfetto equilibrio tra passione e ironia" - dalla scheda di lettura di Crocetti Editore)
lunedì 14 novembre 2011
REINER MARIA RILKE - La Pantera - Poesia in traduzione
Fonte immagine: topipittori.blogspot.com
Rainer Maria Rilke
Der Panther
Im Jardin des Plantes, Paris
Sein Blick ist vom Vorübergehn der Stäbe
so müd geworden, daß er nichts mehr hält.
Ihm ist, als ob es tausend Stäbe gäbe
und hinter tausend Stäben keine Welt.
Der weiche Gang geschmeidig starker Schritte,
der sich im allerkleinsten Kreise dreht,
ist wie ein Tanz von Kraft um eine Mitte,
in der betäubt ein großer Wille steht.
Nur manchmal schiebt der Vorhang der Pupille
sich lautlos auf -. Dann geht ein Bild hinein,
geht durch der Glieder angespannte Stille -
und hört im Herzen auf zu sein.
La pantera
Per il va e vieni, tanto stanco è divenuto il suo sguardo
che nulla più trattiene
E’ come ci fossero mille sbarre
E dietro mille sbarre nessun mondo
Nel molle andare più flessuoso il passo
Che nel minor cerchio ruota,
è come danza di forza attorno a un centro,
ove stordita una gran volontà rimane
solo talvolta silenzioso il velo della
pupilla si solleva – poi penetra un’immagine
attraverso il silenzio teso delle membra -
E nel cuore si smorza
Traduzione di Federica Galetto
giovedì 10 novembre 2011
GRACE ANDREACCHI - Poesia in Traduzione
Jan Van Eyck
IN THE GOLDEN CHAMBER OF ST. URSULA
Bones spiral outward
drenched in gold
small and thin, chicken or child
Golden chrysalis of pain
a stillness unbroken
by waves of thunder
That last night of Mary’s month
the sky dripped fire
and eleven thousand
Stars burned in the wayward streets
men phosphorescent
turned to little lumps of clay
In our hour of need, O Princess
did you spread wide
your ermine cloak?
NELLA CAMERA DORATA DI S. URSULA
Ossa a spirale che appaiono
fradice d’oro
piccole e sottili, di pollo o bambino
Dorata crisalide di dolore
un’immobilità ininterrotta
da onde di tuono
Quell’ultima notte del mese di Maria
il cielo gocciolava fuoco
e una squadra di cento
stelle bruciava nelle strade ribelli
uomini fosforescenti
mutavano in piccoli blocchi d’argilla
Nell’ora del nostro bisogno, O Principessa
Hai allargato il tuo ampio mantello
d’ermellino?
ASSUMPTION
A sudden whoosh!
of blue air under you
Earth dives away
Angels around you flying
Don't look down!
You're falling up
into the light
And a minute ago you lay dying
Heaven opens like a rose
to swallow you
Our last best hope
is to follow you
Into the sound of white wings sighing
How far is up
If you cannot see the ground?
ASSUNZIONE
Un fruscio improvviso!
D’aria blu sotto di te
La terra sommersa
Gli angeli ti volano intorno
Non guardare giù!
Stai cadendo
dentro la luce
e un minuto fa eri morente
Il paradiso si apre come una rosa
ad ingoiarti
La nostra ultima migliore speranza
è seguirti
nel suono di sospiranti ali bianche
Quanto lontano è quassù
Se non riesci a vedere il suolo?
TONIGHT
Tonight I give you twelve glass boxes
evenly spaced and lit from inside
you may name each one as you will
apostle or child
Tonight I give you a castle by a lake
and its blue, shattered double
I give you a stone sky
perfectly wrought in white
Tonight I give you the whole of this wide black river
and the moon not quite full
I give you the white domed church
innocent of tourists
I give you Monsieur Paul’s soft-lipped maidens
to comb with languorous brown fingers your hair
and knead your thighs with their feet
I give you the news about royalty
and all the best recipes
for eternal happiness
as read on the tube
I give you night kisses cold cheeks
pressed to yours
my heart
STANOTTE
Stanotte ti do dodici scatole di vetro
regolarmente disposte e illuminate all’interno
ognuna la puoi chiamare come vuoi
apostolo o bambino
Stanotte ti do un castello in riva al lago
e il suo doppio, blu e in frantumi
Ti do un cielo di pietra
finemente lavorato di bianco
Stanotte ti do tutto questo vasto fiume scuro
e la luna non ancora piena
Ti do la chiesa dalla cupola bianca
innocente di turisti
Ti do le fanciulle dalle labbra morbide di Monsieur Paul
per pettinare con languorose dita dorate i tuoi capelli
e massaggiare le tue cosce con i piedi
Ti do notizie sulla famiglia Reale
e tutte le migliori ricette
per l’eterna felicità
come si legge in metropolitana
Ti do baci notturni e fredde guance
premute alle tue
il mio cuore
TO CHRIST, THE BRIDEGROOM
They say I’m the bride but
You and I know, O best Beloved,
we know better.
The bride? This silly child
net curtain over her head
hands clasped in semblance of prayer
beaming bright-eyed laughing coquette
Who’s fooled?
But love’s all in earnest
All to thee, my heart.
O you, who loved little ones
Suffer this, your child-bride
to come, creeping softly
into your arms this night.
A CRISTO, LO SPOSO
Dicono che io sono la sposa ma
Tu ed io lo sappiamo, O mio Adorato,
lo sappiamo ancor di più
La sposa? Questa sciocca bambina
le mani strette in una parvenza di preghiera
splendendo di civettuoli occhi radiosi e ridenti
Chi ha imbrogliato?
Ma l’amore è tutto in verità
Tutto per te, cuore mio
O tu, che hai amato i piccoli
Permetti questo, che la tua sposa-bambina
giunga, avanzando lievemente
questa notte fra le tue braccia
Grace Andreacchi
Traduzione di Federica Galetto
Grace Andreacchi scrive Poesia, Narrativa, Sceneggiature per il Teatro ("Non necessariamente in quest'ordine" precisa lei). La sua Poesia, ricca di riferimenti al Sacro, ha una musicalità gradevolmente retrò ma ancorata dai contenuti ad una contemporaneità disarmante,sottile,profonda. Si occupa di editoria e dirige la casa editrice no-profit Andromache Books. Nata e cresciuta a New York, ha vissuto a Parigi e Berlino ma vive attualmente a Londra.
I suoi siti:
https://sites.google.com/site/andromachebooks/
giovedì 3 novembre 2011
CARLA BENECCHI - Trascolorando
Charles Allan Winter
Non posso negare (e non lo farò) che quando ho letto la Poesia di Carla Benecchi mi si sono allertati tutti i sensi, il cuore mi batteva lievemente accelerato e mi sudavano anche un poco le mani. Sintomi, questi, che mi confermavano secondo dopo secondo di quanto i versi lievissimi della Benecchi avessero iniziato il loro volo, dritti dritti al centro del mio petto. Brevi componimenti, tenuti insieme con lessico (e)legante e raffinato, contenuti di colore rosso, tinti d’eros conclamato eppur (s)velato ad arte:
Avrei voluto pioverti addosso/ ancora penetrarti i vestiti/ le narici/la bocca/ renderti umida la pelle/ infangarti di me ad ogni passo
Avrei voluto/ma aspetto che spiova/ e poi ti corro incontro/ a carponi/ guaisco/ ansimo/ mugolo acquattata/a riscattar carezze/ a leccarti la mano…
Seducente il linguaggio forbito e pregno d’ una terminologia ormai caduta in disuso e in Poesia e altrove, purtroppo. E rifletto sul fatto che l’evoluzione della lingua non ha avuto una vera evoluzione, se per evoluzione si intende un valore aggiunto, un plusvalore che raggiunga sia l’etimologia che la bellezza, l’armonia dei suoni. Leggo molto, per lavoro e per diletto, ma di Poesia che contenga tanta lieve, dolce leggerezza, luminosità e fascino, ne trovo ormai davvero pochissima se non fra i miei libri, nei miei scaffali, dove conservo i miei testi prediletti. La Poesia di Carla Benecchi passa come un’ala, un battito, un soffio di luce e lascia segni impressi a fuoco nel cuore; l’amore non è che delirio e passione bruciante, un solo, unico corridoio da imboccare carponi per trafiggersi di sublime o di vergogna. E si ha la sensazione che l'Amore venga prima della vita stessa. Tutto senza una sbavatura, tutto con la grazia d’una nube che solca il cielo. Se sia il cielo nostro o quello di altri non sono certa, ma una cosa so: la Poesia, quando passa così vicina e ti tocca, raggiunge non solo le vette dell’animo umano ma anche e soprattutto quelle che dividono dal gesto sacro dell’invisibile e dai possibili mutamenti del corso degli eventi. Premonizione estatica la definirei. Carla Benecchi canta il Gesto, del corpo e dei sensi, in una danza muliebre di sconfinata Bellezza.
Federica Galetto
“ TRASCOLORANDO ”
Le poéme – cette hesitation prolongée
entre le son e le sens…
Valery
Una fiammata di gioia
i tuoi giorni
quando correvi dove
lei, l’anima tua voleva,
amata come amata non sarà nessuna
Catullo
PRENDIMI L’ANIMA
Prendimi l’anima
se ad altro essere non palpita
se il brullo dell’inverno
vi specchia il suo rigore
e a tremiti ventosi
Ali – essa - più non ha
alzavola ferita nel vano suo involarsi
da palude
o sciara d’ombrato magma
in luccichio di bragie
spente
dove colpisce il sole
e la mia impronta batte …
C. Yanez
IO
Io
Acqua trascorsa
e ancora scorrente
a frangere
l’orlante velatura della mia viandanza
a fluire e rifluire
Qui e Là
in silente vaghezza fra serti di colore
Io
statica e inquieta
a graffiare di me argini muschiati
Io
Impura
alla mano che vortica nella gora
senza lasciare scia
Io
diafana e umbratile
per ogni dove
Io
Erratica sempre
ti avanzo. Ti avanzo incontro.
Prendimi. Prendi me.
M. Gualtieri
MIMESI
Foglia
sarei nell’irta ascesa
di un’edera stillante
Tremula
al palmo tuo schiuso
o linfa novella d’innevato gattico
Sai …
di quel bioccolo che al cenno raccolto
di una mano
il suo flavo spolvero
scioglie
come polline lieve
Guarda le mie rive di giacinti!
Lascerò la mia bocca fra le tue gambe
la mia anima in fotografie e gigli
G. Lorca
NEL QUI E ORA
Arcana
la dimora del sesso
ha confini vaporanti
di bruma
se una luce repente vi chiarisce
Se un refolo smuove
dal cerchio labiale
l’oscuro grembo
dov’è umida fragranza di bimba
se uno stelo s’irida
sulla dischiusa gemma
ad innevare
l’implume sua candidità
la pace è una seta oscura
dopo l’amore…
A. Istarù
ASSOLO
Restassi nel tuo riposo
per poco restassi ancora
Io
in quella balza
che l’aurora precede versando
fiocchi residui di notte
…
Non sai di come
di quel fremito inteso nel buio
Io possa fruire
ma lasciami il varco al tuo sonno
l’estrema soglia, l’attesa breve
a vibrare nel tocco del poco
Lasciami l’attimo che anticipa il risveglio
non il Dopo
già segno di ricordo
ti branco, ti trascino, ti tasto al buio
ardente oscurità …
R. Alberti
A FIORE D’OMBRA
Non è detto
che tu sia quiete
nell’arco flesso dei portali
la notte
Distici intensi
traduce il tuo corpo
nel cerchio d’0mbra reciso di luce
Su steli di giada
seleniche stille di te
Io delibo
in tregua di farfalla
A basso volo
su pelle corallo
Tu in posa
a pattinare le righe delle mie ali
intatte…
Prendimi, fai pure le arcate
destinate all’incontro, cerchiami
scioglimi di cinghiate e lamine,
vuotami vuotami
M. Gualtieri
RESTAMI
Tu
come petalo svolato
ancora, ancora restami…
Restami così
a delicate urgenze di piacere
sul frale palpito
di un seno
Infusa del tuo tocco
breve sentirò
quella tua mano di vento stentare
in un cupo ardire
i labili segni
di un prossimo sfarsi
già
a brezzate ombre
torna, prendimi spesso amato spasimo,
torna quando del corpo la memoria si ralluma,
torna più volte,
tutta la carne nel ricordo tendimi
C. Kavafis
AVREI VOLUTO
Avrei voluto pioverti addosso
ancora penetrarti i vestiti,
le narici,la bocca
renderti umida la pelle
infangarti di me ad ogni passo
che ti porta lontano
Avrei voluto
ma aspetto che spiova
e poi ti corro incontro
a carponi
guaisco
ansimo
mugolo acquattata
a riscattar carezze
a leccarti la mano…
Sdraiata
in un solco dell’asfalto
la pozza
dove umetterò la lingua
avrà la forma
del tuo corpo di uomo
che mi sei
Chiara di luna
di luce allaga
bianca ninfea di stagno
Quieta…
al vento che l’attende
Carla Benecchi
giovedì 27 ottobre 2011
venerdì 21 ottobre 2011
Mary Blair
Il suo stile e il suo eccezionale senso del colore, precursore e innovativo negli anni 50′ è attualissimo ancora oggi. Oggi ricorre il 100°anniversario della sua nascita.
giovedì 20 ottobre 2011
"Acqualuna" di Ada Crippa
Federica Galetto
Tuttazzurro
Una finestra di cielo
raccolgo dalla mia stanza tuttazzurro
funi di luce m’apposta alle pupille attese
l’infinito è aperto la gravità contraria del peso
Invito
Vieni vieni che mi piace
la casa a cui mi conduci
sogno non più sogno
quelle stanze azzurre
come l'acqua e il cielo
da cui siamo venuti.
End
Saliva la strada sulla collina
e noi a mani unite
verso la luna
fu quando la toccammo
che i ruscelli seppero
della polvere dei sogni
nelle loro acque.
Ritrovarsi
Acqua, sabbia e suono d'onde
ai piedi il passo
in danza muovono.
Scissa materia in armonia
nel ritrovarsi sulla riva.
Ada Crippa
Ada Crippa è nata ad Agrate Brianza dove vive. Scrive poesie dall’età di otto anni. Proviene dal mondo operaio e dalla militanza politico-sindacale. Attualmente è coordinatrice del GLA (Gruppo Letterario Agratese) con il quale organizza eventi culturali, letture pubbliche e performance. Gestisce un sito di scrittura.
Sue pubblicazioni:
“Antimenti”- antologia a tre voci (1989)
“Vele” - LietoColle (2007)
“Libero Suono” - plaquette PulcinoElefante (2004)
“Albero” – plaquette PulcinoElefante (2005)
È presente in diverse antologie tra le quali: “Ti Bacio in bocca” – “Stagioni”- “Luce e notte” - “Milano verso Roma”- “Corale per opera prima”, Lietocolle; “Subdoli Voli” – Pragmata Edizioni; “Poeti Lombardi” G.Perrone Editore; “Donne si raccontano” - “Antologia otto marzo” – EditSantoro.
Ha ottenuto segnalazioni e premi in diversi concorsi letterari.
"Acqualuna" - Onirica Edizioni -Silloge di componimenti brevi vincitrice del concorso "Le chicche di grano" 2010
978-88-96797-24-2
Euro 6
domenica 16 ottobre 2011
Giorni di pioggia e un cappello rosso
photo 1. Martin Munkacsi - 1934
photo 2. Vogue Italia - "Storm", Paolo Roversi
photo 3. Vogue Italia - "Storm", Paolo Roversi
photo 4. Vogue Italia - "Storm", Paolo Roversi
photo 5. Norman Parkins - 1959
Le ampolle che non ho riempito
I muri che non ho scalato
I vetri ad asciugare dopo piogge d’avanzo
Mi s’impone di regolare il passo tacendo
come se il comodino e i libri e gli occhiali
potessero parlarsi e raccontare la morte
Ma poi si introduce una luce dal mattino
Raggrumando le ombre s’apre sui discorsi smarriti
S’innalza nella mente un quadro o un colore
E parla con la lingua degli uccelli e dell’aria
Come un favolare distinto che strema e conforta
Così, senza rami m’arrampico ai ciliegi
Ai tronchi di quercia m’appoggio
Senza timore
Federica Galetto da "L'economia del silenzio"
La bellezza delle cose
Non hai mai sentito dire
che la bellezza delle cose ama
nascondersi
ed è forte quello che ho dentro
distante dalla mediocrità
ho rischiato di perdere tutto per non subirla
Non hai mai sentito dire
che la bellezza delle cose ama
sorprenderti
ed è forte quello che ho dentro
distante dalla mediocrità
ho bendato i miei occhi da tempo per non vederla
ed avrei voluto trovarmi tra le tue parole più belle
raccogliere un brivido dai tuoi sguardi
ed avrei voluto trovarmi tra le tue risposte distratte
Abbiamo vagato a lungo in quei discorsi preziosi e contorti
senza concludere
ed è forte quello che ho dentro
distante dalla mediocrità
ho inseguito il rumore assordante per non sentirla
ed avrei voluto trovarmi tra le tue parole più belle
raccogliere un brivido dai tuoi sguardi
ed avrei voluto trovarmi tra le tue risposte distratte
non hai mai sentito dire
che la bellezza delle cose ama nascondersi
Carmen Consoli
domenica 9 ottobre 2011
POETI AL GARRAFFELLO
BACKSTAGE
PALERMO, 30 SETTEMBRE 2011
L'amico e poeta Sebastiano Adernò mi scrive :
"Ci tengo molto a trasmettere l'eccezionalità del luogo dove si tiene questo reading di Poesia.
Spero che questo video di backstage permetta di cogliere la precarietà, le difficoltà e il magnifico contrasto tra la Rovina e la Bellezza".
giovedì 6 ottobre 2011
Tomas Tranströmer Premio Nobel per la Letteratura 2011
Tomas Tranströmer si è aggiudicato il Premio Nobel per la letteratura 2011. Ecco una sua poesia – Pagina di un libro notturno – pubblicata da Crocetti Editore.
Pagina di un libro notturno
Sbarcai una notte di maggio
in un gelido chiaro di luna
dove erba e fiori erano grigi
ma il profumo verde.
Salii piano un pendìo
nella daltonica notte
mentre pietre bianche
segnalavano alla luna.
Uno spazio di tempo
lungo qualche minuto
largo cinquantotto anni.
E dietro di me
oltre le plumbee acque luccicanti
c’era l’altra costa
e i dominatori.
Uomini con futuro
invece di volti.
Tomas Tranströmer
sabato 1 ottobre 2011
D'un barlume il disincanto - Videopoesia di Federica Galetto
D’UN BARLUME IL DISINCANTO
Balzando d’un barlume il disincanto
Dei corpi molli
Allo stato d’ebbra rota
Che gira
Scaltra nel senso
Mirabile è un istante
diretto come fionda
Nell’imbriglio che cinghia
Altrove non stringe.
Se mai avessi Tempo
per credere
che la carne provata
è la mia
Stretta
al riverbero scialbo
di questo sogno stanco.
Federica Galetto
venerdì 23 settembre 2011
A spasso con Proust
Era abbastanza costante
L’andare e venire del ritmo
Costretto nell’immobile rigidità
del presente
[ un’ora non è soltanto un’ora,
è un vaso colmo di profumi,
di suoni, di propositi e di climi]
Secca vena rimarginata di fresco
I passi deserti delle cose e delle idee
alle tempie battevano
Così avveniva nel dimostrarsi meno duro al sentire
che l’amo d’una rimembranza sfiorisse dopo il profumo
(Un tovagliolo inamidato che)
[aveva precisamente la stessa inamidata rigidezza dell’asciugamano
con il quale aveva tanto stentato ad asciugarsi davanti alla finestra,
il giorno del mio arrivo a Balbec]
Rendeva possibile un corso di mite significanza
E gioie insperate all’aprirsi d’un suono
Davanti nulla spiegava l’evento
Si svolgeva contratto e poi assolto dal buio
Nella mente uno spiraglio di luce sognava
tornando alle posate e ai piatti tintinnanti
Rumori decisi a intrufolarsi fra silenzi
senza ricordi
[il passato è nascosto al di fuori del suo dominio e della sua portata,
in qualche oggetto materiale che noi non sospettiamo]
La bellezza di esser stati e di aver toccato e posseduto
L’ematoma sciolto del tempo ora sui selciati
Le paure dei giochi e una bambola rotta
Un melo fiorito nella campagna distratta
Batte forte il lampo contro vetri appannati
Si raggiunge la cosa nella sua concretezza
Dimenticata non più
Adesso che balla il minuscolo lembo di stoffa
alla gonna di mia madre
[Dipende dal caso che noi incontriamo questo oggetto
prima di morire
oppure non lo incontriamo]
Federica Galetto
(pubblicata su La Recherche)
domenica 18 settembre 2011
MAGNITUDO - Videopoesia di Federica Galetto
Magnitudo
E’ il bisogno, d’individuare l’inganno
Del bordo della brocca
sbucciato
rimpolpare la materia
Rigirare
i catini di zinco e lucidarli
come le messi in giugno
lasciarli ondeggiare
per vedere
quante spighe e barlumi
s’innescano
in esplosioni d’atomi intatti
E’ la spanna che trascende l’intelletto
a interagire con fiati di cesello
sui sentieri
palesati dopo un temporale
dalle nubi stratiformi
e prensili
del colmo di tuono a imbuto
riciclato nel vento
in turbinii di magnitudo altissima
così come si spezza il collo un passero
nel rincorrere un ramo
Trascendere le passatoie invisibili
inavvicinabili
dei destini e delle tratte
impervie al tatto e alla vista
Credere che le primavere sbocceranno
negli oceani portando fiori
e alghe di profumi nuovi
sull’onda del deserto
Prendere un piccolo stelo
depositato al margine
ricostruirlo preciso
in decadenza annullarsi
per non scalfirlo
Perché se scivolare si deve
sul gambo robusto di sforzo
appoggiarsi senza traumi
Perché mi si impasta la lingua
di suoni cattivi
come semi di reseda e arsenico nero
a credere alle pareti di fuliggine nel vestibolo
che screpolate parlano ancora
e ancora
e ancora
Magnitudo
Federica Galetto
domenica 11 settembre 2011
MARIA GRAZIA LENISA
Digital Collage di Federica Nightingale
Benritrovati. Riapro La Stanza dopo i mesi estivi presentando queste poesie di Maria Grazia Lenisa. Leggerle e soffermarsi su questi testi è già un commento al lavoro di questa donna che ci ha lasciato molteplici opere di grande valore. Sono versi di delicata bellezza e profonda intensità legate a temi diversi che rispondono a domande e sollecitazioni comuni all'Uomo; del Tempo che scorre inesorabile, dell'Amore e della Morte, uno sguardo emozionato dedicato alla Vergine Maria che racchiude una disarmante infinita dolcezza. Poesie dense e alte che corrono in sintonia con le stagioni della vita attraversandone luci ed ombre in un percorso circolare in cui riconoscersi.
Federica Galetto
Da “Il tempo muore con noi”
Udine, 13 febbraio 1955
IL TEMPO MUORE CON NOI
Sogno l’ebrezza di un vivere senza tempo:
l’anno che s’aggiunge all’anno
mi rende intensamente vecchia,
d’una vecchiezza che non ha rughe,
liscia come buccia di mela
ma l’anima, invisibile,
porta invisibili solchi.
Gli anni… Nessuno s’accorge che passano,
quando il sangue si carica di brividi,
se uno sguardo attraversa la carne innocente.
Poi un bacio vi lascia il segno
E l’ora acquista un tacito sapore angoscioso.
Il tempo che nell’infanzia muoveva
Lento come morbida onda di lago
S’incarna nell’uomo e corre col ritmo veloce
Del sangue, - e lo sentiamo per ogni vena.
Sì, il tempo muore con noi.
Da “L’ilarità di Apollo” (1979)
UN POSTO PER L’AMORE
ad Arnoldo Foà, suo interprete
Non c’è più al mondo un posto per l’amore
ma buchi enormi, grandi topi grigi, topi
sul letto, topi sul guanciale. E Lei
col corpo nudo da tremare… Ecco che viene
Il piffero stregato dal suono atroce,
i topi si rintanano (sento il tuo corpo amico
così caldo e lo squittire dei rimorsi
è vano). Crollano muri e dentro è processione
di scarafaggi odiosi della luce
(vecchio decano delle fogne, giudice
eccolo pronto a morderci l’orecchio).
Spandi il veleno tutt’intorno al letto,
tieni lontano dal suo corpo dolce
l’immonda bestia senza pelo.
Vedi, nel buio risplende il mio seno,
già mi ha morso i capezzoli, ho terrore
che in ventre attecchi lo spregiato seme.
Dappertutto c’è polvere, la tela del ragno
impenetrabile ci segue. Trova nel mondo
un posto per l’amore, non in archivi
tra le belle storie. Poi scrivi un canto
dove sono bruna con vivi, caldi riccioli
d’estate, trattieni il tempo che sopra
ci sputa. Forse c’è un posto, la speranza
ammicca fuori dal buio per un’ora, un giorno.
Già l’inverno trascorre con la vita.
Da “Incendio e fuga” (febbraio 2000)
AVE MARIA
alla Madre di frate Mike Peirano
Ave, Maria nella spuma del mare che inghirlanda
le nubi,
tra gli uccelli nel preludio che annuncia
il temporale, nel ridere, nel piangere, danzare.
Ave, Maria
che gioia te laudare, sentirti ovunque
bellezza si eterna (le palme in alto ad indicare
il cielo, le palme a terra ad ascoltare i passi
del Figlio-amante che cavalca il tempo).
Ave, Maria
nell’attesa di amare con le piume dell’angelo
a contare (“M’ama, non m’ama…”), Dio che sta
a guardare e ride l’aria, l’angelo s’impenna.
Ave, Maria
nel sogno d’esser madre a guardare
in cortile gli animali, a gridare felice: “E’ vita, è vita…”,
battendo i piedi sulle pietre sonanti.
Ave, Maria
ch’è madre, madre, madre e tutto La ricorda
ciò che nasce: i teneri animali e la terra e non c’è Dio
che non si senta Madre nell’atto di creare.
“O Figlio – chiede docile Maria – Dio nel mio
ventre e nel ventre di Dio non sono forse figlia?”
Maria che invecchia con il suo dolore, l’angelo
ha spine al posto delle piume… Maria - fachira sul letto
di chiodi sogna fluttuante d’avere una nube sotto
i piccoli piedi ed il serpente s’accascia calmo, svuotato
dal male.
Ave, Maria
trionfante sull’altare, unica chiave
d’accesso a tuo Figlio, mostraci il Figlio! Impara a camminare,
a braccia aperte e tiene l’equilibrio.
E’ già ragazzo, s’arrampica
agli alberi, è svelto e forte. Ne gode la Madre. Si è fatto uomo
tutto s’offre al mondo e non c’è madre a poterlo fermare.
La Madre ha il grembo vuoto del sepolcro, bocca d’attesa
per quell’altro nascere.
Maria Grazia Lenisa
Biografia:
Maria Grazia Lenisa è nata a Udine nel 1935, trasferitasi a Terni, vi ha passato gran parte della sua esistenza. Inizialmente ha aderito alla corrente antiermetica del Realismo Lirico. Le sue produzioni di poesia, hanno attirato l’attenzione di valenti critici quali A. Capasso, F. Flora, F. Palazzi, F. Pedrina ed E. Allodoli. Del 1955 è l’edizione de Il tempo muore con noi, successivamente seguita da libri come L’uccello nell’inverno e il brindisino I credenti. Gli anni settanta l’hanno condotta ad una revisione delle precedenti posizioni di poetica, sono nate così Terra violata e pura ed Erotica, libri che portano la Lenisa ad una svolta nel modo di intendere il ruolo della donna, in particolare, l’eros femminile, troppe volte misconosciuto, dalla società e dalla tradizione sessista. Del pari rivoluzionaria è l’opera successiva, L’ilarità di Apollo, caratterizzata da una ironia, disarmante e libera, su temi erotici ( non limitatamente sessuali) e più ampiamente di costume. Vi si adotta il verso fintamente narrativo ed è abbandonato il realismo lirico della giovinezza, per costituire una poetica metarealistica, incentrata sull’invenzione di un mondo, metaforico e pieno di stupore, regno della Poesia, liberata dalla servitù della vita.
Per la sua nuova impostazione, si sono rivelati determinanti il carteggio e l’amicizia con il critico-poeta G. Barberi Squarotti, prefatore di molte sue opere. La sua produzione è stata feconda, e consta di oltre venti libri. Molti sono antologizzati in Verso Bisanzio, ne ricordiamo, a titolo di esempio alcuni: La ragazza di Arthur ed altre poesie, L’acquario ardente, Laude dell’ identificazione con Maria, L’ agguato immortale, L’amoroso gaudio, Le Bonheur, La predilezione, L’ombelico d’oro, Incendio e fuga, La rosa indigesta., Amorose strategie e l’ultimo, ancora inedito, Il Canzoniere Unico.
Impegnata nella stesura di numerosi saggi di critica letteraria, Maria Grazia Lenisa si è dedicata a scrittori come: A. Capasso, G. Barberi Squarotti, A. Zanzotto, G. Ruggero, S. Spartà, V. Rossi, G. Mascioni, A. Coppola, M. Luzi, F. Delfi, A. Bonanno, A. Manuali e C. Calabrò. Ha pure incoraggiato molti giovani e seguito gli appassionati. Numerosi premi e riconoscimenti le sono stati attribuiti. E’ da segnalare, inoltre, un suo saggio di estetica comprensiva a carattere fenomenologico che riconsidera, sotto un’ottica polivalente, il ruolo dell’ispirazione, accedendo a contributi estetici diversi e innovativi. Il saggio in questione, elaborato insieme alla figlia e coautrice Francesca Alunni, ha come titolo: La dinamica del comprendere.
C’è poi la curiosità del romanzo, ancora inedito, La mela di coccio, unico esperimento per l’autrice. Nel novembre del 2003 è stata insignita del "Diploma honoris causa" dall'Istituto di Cultura Superiore del Mediterraneo di Palermo e Monreale. Ha curato, dalla fine degli anni ’80, la collana del Capricorno per la Casa Editrice Bastogi, svolgendovi un’intensa attività di consulenza e studio. La sua figura poetica è inserita nella Storia della Civiltà Letteraria. (UTET). Il 28 aprile 2009 è deceduta dopo una lunga malattia.
lunedì 1 agosto 2011
Buone Vacanze
La Stanza di Nightingale chiude per tutto il mese di agosto per un pò di vacanza. Riaprirà in settembre. Auguro a tutti delle vacanze serene.
E non dimenticate di mettere in valigia un buon libro, se di poesia meglio ancora.
A presto!
Nightingale
mercoledì 27 luglio 2011
LA FATICA DEL METALLO di Fiorella D'Errico
Dobbiamo amare la vita
perchè non ha ragione
di dolersene
sebbene sia dolore
come quando si piega anche il metallo
prima del taglio alla metà, nel corpo
esso non sa
quale potenza spezza un'anima di ferro
Fiorella D'Errico da La fatica del metallo
§
Un canto sommesso di vita e respiro, un immortalare le cose,il corpo,la propria integrità in un marchio silenzioso; dignità e stupore nei brevi versi allargano lo sguardo su profonde ritmiche, scandendo le ore dell'esistenza e del riscatto. Nella fatica e nella forza, del metallo.
Ladies and Gentlemen, Fiorella D'Errico.
Nightingale