Toshiyuki Enoki
Carmen Foresta ha la capacità di tenere il lettore sempre legato ai suoi versi; perchè le sue strofe, a volte anche brevi, hanno una profondità che attacca senza mai lasciare, una continuità di focalizzazione dell'attenzione di cui il lettore non può fare a meno. Ha un'idea della perfezione e del sacro che infonde in ogni visione interna ed esterna, raccontandosi man mano con puntigliosa dovizia. C'è sempre un elemento naturale che parla e si intromette nei suoi monologhi, anche quando teme quasi d'esser sentita urlare da una foglia, la luna o un ramo di more. La Natura è metafora, forza, costrutto e sussurro dei suoi vivi segni. Vedute nitide di reali panorami quotidiani si immergono, negli occhi che vedono bene le cose nascoste anche sotto la luce del sole. E il disgregarsi di ciò che ha quel destino, benedicendolo senza curiosità di domande inutili. Un'accettazione di stato, un evolvere umano e naturale che radicano nella vita. Bello il lessico, il fascino della sua personalissima semantica.
Federica Galetto
*
mi saresti selvatico, anche
distratto componendo il solito
vento, l’onda
quasi fossi spicchio -o mappa
o corpo
a frastagliare i discorsi pesanti,
come quelli che
trattengono le palme ai pungoli
del letto, al passare dei giorni
eludendo la prima imperfezione, la
coperta sghemba
una notte
aggiunta alla notte
che specula nel buio per
appiccicarsi
urlo
*
urlo che disperde
le superfici piccole, senza la
possibilità di emettere
l’estensione di un ricordo -le
varietà diverse
delle more
il poterti chiedere di aspettare
assieme la neve
di essere il primo ad alternare i
balli
perché non esca il sole
ché non resti solo
l’occhio impavido al sovrastare di
un’idea
che senza sole si muore nel
bicchiere
come mandorle
-amare
§
*
mi fissavi, nella stanza compressa
proiettata sulla piazzola
attraverso la luce della finestra, così alterata
così prospettica da farsi
segno, tratteggiante
i quadri accesi
dai salti dei bambini
e noi, storti come detriti ad
osservare
tutto quello spiccare
nuovo
*
addirittura nidi
capitolati in un soffocamento,
detto altrimenti
amore
ad ogni giro una stretta, i lacci
delle scarpe
i fiori alla Madonna, e prendersi
per mano quando
il buio avanzava sbocciando a
ciocche
la paura
*
e il tempo
a tacche, graffiava il gesso
fino a che l’impasto più friabile
diventava grigio, grigio tendente
all’inferno
come la neve dei cigli
quando respira
piombo
*
si tracciavano segni a piè dei
segni
aggrovigliate le orme sul corpo
quelle nudità di cenere
alle piante dei piedi
una secchezza simile al silenzio
fino all’esordio delle sue forme
medesime
un aggirarsi di noncuranze
sempre più grevi
*
addirittura nodi
una caviglia stretta alla caviglia
capitolata in un soffocamento,
detto altrimenti
morte
con opacità di occhi e di membrane
parti liquide a scendere tra i
semplici sintomi
di una resurrezione
§
*
non raccontare, disse
non raccontare, guarda
e dimmi
solo quello che vedi
qui la nebbia è come cera
un angelo in rivolta
un’ala -la mia deformazione
calamita addormentata
sulle mosche di novembre
non una poesia
non un'ode gentile che mi affaccia
a ornarmi di fiammelle
ad ascoltare i santi
uniti come il soffio ai compleanni
resta il tempo di respirare il
fondo
i graffi esatti, le notti
quando canta il gallo, prima
della neve
§
a dopo il nero.
col nero simpatizzo, coi baci
altrettanto
baciami di nero con l'anima sullo
sterrato
chiudo gli occhi per poco
tanto per sentire il freddo della
tua prigione
confine infame, tempo nel tempo
azzurro sulle punte
solo profumo di campagna alta
§
*
c’è qualcosa di fortemente assente
un’angoscia senza comunioni
la pioggia, quasi un’ingerenza
a sostentare il sacrificio dei
fiori
dove la piazza si fa dorso,
vulcano
per un riverbero che esplode alla
cintura.
*
piuttosto mi domando quale sia
l’assenza
il seme primordiale
la polvere d’uomo che diventa
donna
come cenere che elude la
preghiera, la vita
così piccola di fronte al viaggio
sommo
della disgregazione
benedirà domani?
il sole, quello vero, i
ritrovamenti delle ossa
provvidenze
le falle di un tetto ché diventi
sacro
le mani
che impasteranno il pane, come una
beatitudine
Carmen Foresta
Il suo blog
http://incarnatomultiplo.blogspot.com/
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