Franz Von Stuck
Nel leggere Villa Dominica Balbinot si diventa coraggiosi. E’ bene non pensare affatto che sarà una passeggiata addentrarsi nella sua Poesia. Il solo semplice gesto dell’aprire il suo libro “Febbre lessicale” acquista un valore simbolico cruciale, diventa rito magico, trascendenza, potenza subliminale. I suoi versi sono come discese agli Inferi e trasudano di percorsi lunghi e soffocanti, di trasformazioni alchemiche susseguenti, incalzanti, mistiche. Il lessico è ricercato ma sempre indirizzato verso una precisa linea esplicativa del “Dominica-Pensiero” e della particolarissima percezione che la Balbinot ha del mondo e dei suoi abitanti. Del malessere del vivere raccoglie ogni sfumatura, lacerandola con precisione chirurgica e acuta sensibilità in un immaginario fatto di cupa terra e abisso, di morte incombente a cui nessuno può sfuggire. Manipola la lingua, la rende plasmabile sotto colpi di duro patire, la storce, la batte, la inchioda per poi amarla d’una dolcezza inquietante che striscia non vista, fra gli sterpi e le putrefazioni del rifiuto alla resa. Non c’è quindi resa all’inevitabile, al dolore, alla morte; avviene dunque che la lotta s’inasprisca rivelando l’irosa natura d’uno spirito indomabile, agguerrito, impavido. Alle brutture del vivere s’accosta una bellezza squarciata, dilaniata, rinnegata dalla crudezza del mondo, la morte s’accende di vivezza che brucia e trasfigura il reale che riluce di peccato. Credo che leggere Villa Dominica Balbinot sia un’esperienza. Nessuno come lei sa calarsi così in profondità, scavare nel fango, abbellire i propri giardini con lamenti, torture e sevizie tanto da renderli comprensibili ad una mente lucida e calma. Si scende poco a poco, si scende senza nessuna certezza, si va alla cieca come un animale che scava, la notte. Nessuno ci tiene la mano, questa Poesia ci lascia soli davanti al mistero, all’insondato, all’attesa. Una delle poetesse del nostro tempo che più amo. Per chi vuole trarre dalla Poesia un succo urticante ma benefico, seppur preso a piccole dosi per non soccombere nell’immediato, la conoscenza profonda del risvolto di una medaglia che pochi conoscono e affrontano, una visione “eretica” che fa la differenza. Non è Poesia per signorine, anche se bene educate e colte. Da non perdere, perché saprà come non farsi dimenticare. Una grande Voce.
Federica Galetto
“Nel dire – bianco – del silenzio
Ribatteva – lei- con lapidei
florilegi argomentali,
costretta alla bellezza gelida dell’alabastro,
tra le ossa biancheggianti fra i rovi
( e nell’attesa – vuota –
che la iconostasi si aprisse)
V.D. Balbinot da “ E nell’attesa – vuota -”
E NE SAREBBE STATA AFFETTA
Era l’odore della terra in fiore:
la sua splendente bellezza permaneva
le faceva amare cose inermi
Si sentiva tutta riarsa
- e con suo stesso orrore -
fino al midollo
di una sua magra esistenza selvatica.
Ogni cosa appariva troppo fredda,
troppo ampia – e desolata.
Ora si aspetta tutto dall’uomo
come una mattazione,
l’abisso oltre il giardino.
E ne sarebbe stata affetta,
da quei vivi – mutilati e imperfetti-
dai cumuli di piccole celle,
da una minima contaminazione dell’aria.
(era il lieve velo della polvere,
dei fiori che andavano essiccandosi…)
NELL’AZZURRA FIORITURA
Nell’azzurra fioritura del suo recesso
(meraviglia vi era stata
- all’inizio-,
dell’ immacolata bellezza)
i fiori erano ormai scuri per l’ombra della notte,
come alghe viola le ombre stesse.
Le parole dunque scritte
- attorno al conclave cadaverico_
erano fragili,
lei le trasformava in due ustioni
fin nel labirinto osseo, lì in fondo:
il nero dei cani neri,
e quello stretto laccio
( nemmeno la più piccola pulsione di sangue, vi era).
E DELLA CONSUNZIONE – SUA
Nel periodo primo della consunzione sua
( e per una qualche affezione del corpo:
i nervi delle mucose aride,
della tensione istologica
del moto linfatico
per ogni dove le scorie di sfaldamento)
contemplava lei la forma impudica dell’essere,
queste sottili ferite nella terra,
un secreto agitarsi
nel casto gelo del tutto
Tirata fuori
-dalle pozze di annegamento-
il bordo ha scorticato,
in un minuscolo punto,
-sotto la parte più dura del cranio-
ci sono, i rilassamenti:
e ora la stretta faccia verde del serpente fissa,
e il prospetto della sezione strasversale del cuore…
E in questa aspettazione
il dissezionatorio rito
le è concesso:
le sue preghiere non raggiungono neppure il limbo,
quei nomina lei li teme,
delle creature che la trafiggono.
( era così,
che doveva essere nata,
la gorgone)
E LE PAREVA DI NON AVERE MAI FISSATO
Era il paesaggio chiaro,
di una notte ghiacciata:
aspettava solo il sorgere del sole,
e quelle colline azzurre,
il cielo come un grande uccello…
E le pareva di non avere fissato
mai nulla così a lungo
- come quinte nella nebbia-
quei meccanismi dell’affezione
e l’armamentario della sventura
( non sei mai stata condannnata
per nessun crimine, vero?…)
i finimenti umani, tutti.
Non aveva mai capito la natura dei veleni,
le leggera punta di amaro delle tossine
e con quel bel fiore che cresce fin sotto la forca,
le mandragore e l’assa foetida
ben oltre la barriera ultima degli alberi azzurri…
Queste le annotazioni dell’anamnesi:
“Bisognerebbe scuoterti,
quel tuo corpo è teso a arco,
sangue vorrà altro sangue allora,
-e comincerà la agonia-”
Consacrata a un dio che non conosceva
con mani profane gli si adunghiò,
era in condizione di privazione,
doveva fare in modo che non fosse lei,
a stringere il laccio.
( Lui le disse solo,
che sembrava consumata)
Villa Dominica Balbinot
"Febbre lessicale" - http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=579343
Il suo blog: http://villadominicabalbinot.wordpress.com/
6 commenti:
a leggere Villa Dominica Balbinot, si raggiungono stati sufficientemente elevati per poter dire che di Poesia si tratta!
La coerenza, le scelte, i luoghi poetici sono quelli di una grande artista che non delude i suoi lettori ed io lo sono.
Bellissima scelta Federica, un altro gioiello nella corona della tua Stanza.
Sebastiano
Grazie Sebastiano. Dominica la seguo da anni e non ho mai nascosto che sia tra le mie penne preferite. Lei è straordinaria.
Infatti ricordo bene quando me ne hai parlato con un tono di grande ammirazione... ed avevi straragione (non che lo mettessi in dubbio)!
Ogni lettura dei testi di "Febbre lessicale" porta alla superficie, come in uno scavo a cielo aperto, un nuovo 'reperto', cosicché chi legge si lascia volentieri contagiare dalla "febbre lessicale" e prosegue fervida febbrile ricerca. Grazie, Federica, per aver proposto qui i versi di Villa Dominica Balbinot.
grazie Anna Maria, Dominica lo merita. Un caro saluto
Dopo una necessaria decantazione
( dopo la totale
mia capitolazione alla loro immediata lettura ieri sera)
mi confermano mia impossibilità-non solo emotiva, ma pure intellettuale
di una risposta paritaria al livello di compenetrazione
e di profonda appassionata lettura ( che sa nel contempo raggiungere
una esatta e fin razionale spassionatezza nelle osservazioni e nei pensieri conseguenti
ad essa )
cui Federica Nightingale è riuscita a pervenire in una sorta di adesione forte e nel contempo rispettosa di occhio critico nel senso più vero.Facendo così però la conseguenza è stata che a me personalmente ha tolto il fiato,
trovandomi io rispecchiata fino al limite massimo ( e pure oltre , e per davvero, in Tali PAROLE
Mi sento - e sono- altamente"onorata", carissima Federica Nightingale. E che dire della immagine scelta lo stupendo ( intrigante /oscuro luminoso)Peccato di Franz von Stuck( ennesima scelta di alto livello, altro; "corposo" regalo inaspettato, carissima Federica.
Villa Dominica Balbinot
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