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Traducendo Einsamkeit

STANZE DEL NORD

SCORRONO LE COSE CONTROVENTO di FEDERICA GALETTO

ODE FROM A NIGHTINGALE - ENGLISH POEMS

A LULLABYE ON MY SHOULDER di Federica Nightingale

EMILY DICKINSON

venerdì 29 gennaio 2010

FRANCESCO DE GIROLAMO

Gustav Klimt














OVUNQUE FERITO


E’ già un soffio quel ringhio; e già un riflesso

di quel tonfo lucente rifrange sordo,

mutato negli anni, spoglio di inganni,

in un dolore tenue come quando i denti,

giù in fondo al palato, sono ancora di latte

e la pelle profuma di fragrante sudore,

ed il seme affiora mai veduto, inatteso,

nell’anno del primo dio;

non sai ciò che sembra crescere occulto,

ma avverrà che il “mai più”, forse, possa

chiamarlo “ancora”, dove trova ristoro

ogni spasimo, ogni assurdo rimorso,

giacché forse non è questo il perdono,

la sorte, il sogno espugnato, la disdetta,

il destino domato, l’insondabile pegno

del ricordo che in un cieco abisso tiene

la piccola furia di nuovo assopita. E allora?

E’ tutto qui, proprio davanti a te,

ma gli occhi non lo afferrano,

lo nasconde l’aria nuda, arsa come i frutti feriti

dal sole di luglio, che all’orizzonte affonda

la sua lama nel maglio dell’onda.

Puoi correre a gridare che non sarà mai più molto,

per te, e gioire come ogni uomo,

alla fine della sua attesa. Oppure credere

in silenzio che un altro ti vedrà e manterrà

il segreto che tu non oserai mai rinnegare.

Ovunque ferito. Non ascoltare altra voce.

Entra nel vuoto ad occhi chiusi,

come un’ombra lambita dal velo dell’alba,

le mani tese verso l’aria fresca del vento

che ghermisce polvere e oro.

Ovunque conduci la tua stella catturata,

il tuo nuovo occhio che vede oltre il sangue

e non teme che lo vinca l’oscura piaga,

che lo spenga paura, che lo trafigga, quindi,
in un ritorno del tempo che insegue un altro tempo,

il soffio non placato dell’insondabile notte.







AL VENTO DORATO


Se tu che per la prima volta mi

disvelasti l’animo mio e ciò che in me,

il mio sangue negato,

rivendicava al furtivo sogno,
tu che apristi le porte del mio oltre,

così che fosse tutto devastato di nuova luce,

come la crisalide che squarcia il guscio inerte

spalancando le ali al vento dorato,
se tu che eri per me inizio e fine,

acqua e fuoco, folgore ed ombra,

non hai più la tua voce,

e la tua aura inclini verso visi in forme vili

e fieramente ostili al tuo passato,

impudico splendore,
chi riconoscerà il mio passo,

da lontano, sotto la croce rosa di un sorriso,

timoroso di gloria, incancellabile,

tendendo alto l’arco del suo sguardo

verso un mio nuovo, sperduto ritorno?






FUORI DOMINIO




Nel mio silenzio attendo la risposta
che nessuna domanda ha mai invocato.
Io la udii quando niente distoglieva
il mio senso più tardo ed annebbiato,
quello che alla parola è assoggettato,
dal dominio del segno dell’idea.
E’ l’unica incertezza che mi resta:
è lei che prende me, per interposta
speranza che si schiuda la mia sola
risorsa di capire, già prima di sentire,
fino in fondo, l’offesa che consola.
O forse una carezza per ferire.




Francesco De Girolamo © (Inediti)













Biografia:



FRANCESCO DE GIROLAMO è nato a Taranto, ma vive da molti anni a Roma, dove, oltre che di poesia, si occupa di regia teatrale e di organizzazione di manifestazioni culturali. Ha pubblicato le raccolte poetiche: “Piccolo libro da guanciale” (Dalia Editrice, 1990), con introduzione di Gabriella Sobrino; “Bambocciate” (Edizioni del Leone, 1995); “La lingua degli angeli” (Edizioni del Leone, 1997), con una nota critica di Elio Pecora; “Nel nome dell’ombra” (Ibiskos Editrice, 1998), con prefazione di Gino Scartaghiande; “La radice e l’ala” (Edizioni del Leone, 2000), con introduzione di Elio Pecora; e “Fruscio d’assenza” (Gazebo, 2009). E’ presente nelle antologie: “Poesia dell’esilio” (Arlem Edizioni, 1998); “Poesia degli Anni Novanta” (Edizioni Scettro del Re, 2000) e “Haiku negli anni” (Empiria, 2005). Si sono occupate della sua opera, tra le altre, le riviste “Poesia”, “Folium”, “Tempi moderni”, e “Poiesis”. Suoi articoli letterari e recensioni sono stati pubblicati su “Le reti di Dedalus”, “Poiesis”, “La Mosca”, “Polimnia” e su diversi blog e siti specializzati di Poesia e Critica. Ha collaborato dal 1994 al 2000 con l’organizzazione di “Invito alla lettura” a Castel Sant’Angelo e nel 2006 con il “RomaPoesia – Festival della Parola”.



mercoledì 27 gennaio 2010

GIORNATA DELLA MEMORIA







Nel ghetto di Varsavia


Giù le file della vergogna
Giù le ottuse ombre della visiera
Nella notte di chi non mangia
Sul muro i mattoni di quelli iscritti
nelle sere senza testa
Le pallottole sono le idee che bucano
l’ultimo straccio di Dio
Nelle domande si afflosciano i corpi
Se bambini cantano e vecchi danzano
nel freddo dell’inverno sui marciapiedi
è perchè le lucciole nere sputano scherno
Amori nascosti non entrano nei caffè
con le stelle blu e le bestie dell’inferno
segano loro le braccia
Non ci sono stagioni nel ghetto
Ma solo morti nei fossi
E le pieghe delle bocche cucite
Sui volti spenti
Dio ha un solo cruccio e nessun occhio
salendo tra le righe di una schiera di anime
rese a lui per mano sudicia
e treni di viaggi senza ritorni a casa
Non entra più musica nel ghetto
Non entrano più esseri umani
Solo ne escono
Con i piedi avanti


Federica Nightingale ©

lunedì 25 gennaio 2010

SINERGIA - F.NIGHTINGALE E R.MATARAZZO

immagine di Roberto Matarazzo ©



Sinergia di Federica Nightingale e Roberto Matarazzo, che ringrazio per la bella immagine da lui creata per il mio testo poetico




DI FORZA IL DESIDERIO




Di forza il desiderio
macera l’intelletto
che nell’osso scarno
dell’ipotesi instabile
s’avverte.
Illuse pose
in illuse notti
sacrificano torti
mai lavati
nelle lacrime
dissoltesi in sale.
Rode la carne
nel fiato acceso
che catturando
lucciole nel petto
s’erge,
austera e rigida
come ghiaccio eterno.


Federica Nightingale ©
Poesia tratta da "Il segreto delle fragole"- Poetico diario 2007 - Lietocolle
Anche su Facebook qui:

giovedì 21 gennaio 2010

AXEL

Immagine di Jane Lewis







Traslazione della Tigre sui Piani del Tempo



Primavere di pietre pesanti

dislocano i bei sogni dal ventre

alla testa leggera di nuvole,

tingendo i tramonti d'argento

a simulare la commedia dell'alba.


Fino a quando un urlo di campana

ti sveste dalla polvere stanca

d'arcobaleni di spenti rottami,

scrivendo il tuo nome fra i sassi,

a breve memoria di piccole ore.


Dal cuore delle cose

hai trafitto il mio petto

con una croce di diamanti,

tradendo un povero sorriso.

Si accalcano le ombre.

Scritti sulle zanne,

i tributi del destino.





Tace Assorto, il Cuore del Sole.



All'ancora di parole,

adagiate sui fondali

di nessun luogo,

sfioro le catene dell'ombra

tra i germogli del petto,

cercando le radici spinose

fra mute stelle viola.


Stracciati e confusi nomi

a titolare stagioni e ore,

nei pugni di cristallo

si muovono trasparenti

i sogni e i passi del fato,

rotondi come perle,

senza inizio o fine.


Lenta s'alza la marea

a toccare la Luna.

Annego.



Axel ©

mercoledì 20 gennaio 2010

EMILY DICKINSON, N. 419

immagine di Penelope Dullaghan ©





EMILY DICKINSON, N. 419 da "Tutte le Poesie" - I Meridiani Mondadori



We grow accustomed to the Dark -

When Light is put away -

As when the Neighbor holds the Lamp

To witness her Good bye -

A Moment - We uncertain step

For newness of the night -

Then - fit our Vision to the Dark -

And meet the Road - erect -

And so of larger - Darknesses -

Those Evenings of the Brain -

When not a Moon disclose a sign -

Or Star - come out - within -

The Bravest - grope a little -

And sometimes hit a Tree

Directly in the Forehead -

But as they learn to see -

Either the Darkness alters -

Or something in the sight

Adjusts itself to Midnight -

And Life steps almost straight.



§



Ci abituiamo al buio

Quando la luce è messa via

Come quando la vicina tiene la lampada

A testimoniare il suo arrivederci

Un momento - il nostro passo incerto

per la novità della notte

Poi la nostra vista si adatta al buio

e incontriamo la strada - eretti

E così è per più grandi oscurità

Quelle tenebre della mente

in cui neppure la luna manda un segno

O una stella appare - dentro

I più coraggiosi brancolano un pò

e talvolta picchiano contro un albero

In piena fronte

Imparando così a vedere

Che sia l'oscurità ad alterarsi

o qualcosa nella vista

Che si regola alla mezzanotte

E la vita quasi cammina dritta



Traduzione italiana di Federica Nightingale ©

martedì 19 gennaio 2010

LIETOCOLLE - LA SPOSA BAROCCA - SETTE SAGGI SU CLAUDIA RUGGERI

Claudia Ruggeri





Dal sito di Lietocolle









AA.VV. - "La sposa barocca - sette saggi su Claudia Ruggeri"
22 dicembre 2009
LietoColle - Collana I Quaderni

VOLUME DISPONIBILE 19 gennaio 2010
"La sposa barocca - sette saggi su Claudia Ruggeri" è il volume prefato da Michelangelo Zizzi, a cura di Pasquale Vadalà per Fucine Letterarie, in cui sono raccolte le testimonianze di Andrea Cassaro, Mario Desiati, Stelvio Di Spigno, Andrea Leone, Flavio Santi, Carla Saracino e Mary B. Tolusso sulla poetica di Claudia Ruggeri, poetessa salentina scomparsa tragicamente nel 1996 quando aveva meno di trent'anni.


Questo non è un epitaffio

Non come il magistrato che pronunci l'imperscrutabile ver­detto sull'imputato, del quale era amico, resta chi fa questa prefazione.
Eppure, noi non neghiamo una certa difficoltà, come chi cammini sul filo che apre ad un abisso di dolore; eppure non neghiamo che sia arduo bilanciare il passo di scrittura che oscilla tra due metà: sul buco nero e irrisarcibile di un'as­senza dolorosa, che il tempo ha scontato in parte, e sulla consapevolezza radiosa che ciò che è passato non invano ritorna, o forse resta sempre.
Ma questo non è il luogo dell'epitaffio definitivo o risar­cente.
Questo è lo spazio letterario dove sette autori iniziano una digressione critica (finalmente!) sul lavoro della scrittrice, laddove finora l'Accademia all'acqua di rose (pugliese al­meno) ha taciuto.


Questo saggio a più voci è il luogo in cui prendere le distan­ze dall'accademismo manierato, moderato, così come dalla logica provinciale della retorica del commiato.
Ma il nostro più vivo auspicio è che con questo lavoro, o da questo in poi, si inizi a considerare il livello poematico del lavoro di Claudia Ruggeri come è avvenuto con Bodini, Comi, Verri, solo per riferirci alla tradizione della lettera­tura pugliese: poeti la cui grandezza supera di certo l'areale geografico nel quale sono nati o vengono riconosciuti.
Ciò che infine si auspica è che non sia l'interruzione grave, l'exitus brusco della vicenda biografica, ad indurre l'espe­rienza critica ‘in fieri' oltre questo primo lavoro, bensì la percezione della possente qualità letteraria dell'autrice, la stima intorno alla verità della poesia, che è sempre, quando autentica, verità sull'essere.
O sull'essere passati.

dalla prefazione di Michelangelo Zizzi



Maggiori informazioni su Claudia Ruggeri: http://www.claudiaruggeri.it/

lunedì 18 gennaio 2010

ANGELA GRECO











Da “PRESENTE IMPERFETTO” di Angela Greco





Ad altre me
molteplici e infinite
- frattali naturali
che sempre più intimamente soggiornano -
risuono stanca incantatrice di serpenti
differenti melodie
tronfie delle medesime melense note
E mai mai mai
dal veleno di clonati errori
traggo il siero medicamento.
Non te non amo
ma quanto tu non sei
che in te intravedo
diorama introspettivo di questo vuoto
che in essenziale tonfo
le mie suppliche
accoglie.


* * *


Non sei più
dell’eolica sillaba
che voluttuosi petali trattiene
avvicina pollini fecondi
verso maggior recettivi amplessi
Più non sei
della liquida forza
che dense rive genera
bianca di schiuma furente cavalla indomita galoppa
su confini dal tempo ingannati
e orme effimere di antica rena proietta
Non sei più
del viscerale mantello del dio zoppo
che da uteri di secoli ancora gravidi
giorni e notti partorisce al contempo
esalando anossici respiri
impietrendo quotidiane armonie
Più non sei
di questa immateriale intangibilità
atomica assenza intimamente fissata
generatrice
di molteplici infiniti.


* * *

Danzano inquiete
Ombre
alle spalle

Dal giardino di pietra sfuggite
dov’erano imprigionate
Sberleffi arlecchini
in vortici ottusi
Trascinano la domestica notte al guinzaglio
Tessere di sonno ammaccato
compongono un riposo bastardo
Danzano e inquietano
Ombre
beffarde
Che per mano conducono
Al giardino di pietra
dove restiamo imprigionati.


* * *


Solo io
Ora
Resto qui
A ricordare
Tra lacrime
Di speranza.




Angela Greco ©



Biografia:



Angela Greco nasce a Massafra il primo maggio del 1976 e qui nel centro storico ancora abita e vive e ama il suo novello sposo e il suo anziano cane. E’ un perito agrario innamorata del Sud, della Murgia che sente “sua”, dei suoi cavalli, del suo cielo e dei suoi colori.
La poesia entra a far parte della sua esistenza – o, magari, si è solo rivelata in quel momento!- poco prima delle scuole elementari grazie al suo babbo che, per gioco, le fa conoscere una lirica di Carducci, non molti anni dopo rivelatasi quasi profetica; alla mamma foggiana e franco-provenzale, invece, deve la passione per l’Arte e per la scrittura. Nel 2008 ha pubblicato, insieme con Lilla Rogèc, “Ritratto di ragazza allo specchio” - Lupo Editore – una raccolta di racconti, che segna il suo esordio in prosa e le fa assegnare il premio “Ignazio Ciaia”.
Una breve silloge, che copre un arco temporale di quasi cinque anni e dalla quale provengono le poesie qui presentate è, invece, stata stampata in proprio sempre lo stesso anno con il titolo provvisorio e veritiero di “Presente Imperfetto – randagismo poetico di A.Greco”.
Attualmente continua il suo percorso cognitivo delle generazioni poetiche dal secondo dopoguerra ad oggi ed è di prossima pubblicazione la sua prima raccolta di liriche.

venerdì 15 gennaio 2010

V.S. GAUDIO

Collage digitale di Federica Nightingale










IL TEMPO HA INFORMAZIONI BANALI
La Stimmung con Emily Dickinson, Alabaster Chambers
In memoria di Nadia Campana


Poemetto di V.S. Gaudio




1

Untouched by Morning
And untouched by Noon
Solenni vanno gli anni
di sopra, in curva schiera
sotto travi di raso, con un tetto di pietra
mondi compiono ellissi,
remano firmamenti
si arrendono i dogi
in their Alabaster Chambers
2
Chi osa guardare l’anima al calor bianco
rannicchiata dietro la porta
sorvegliata con le armi
rispondendo sempre “I see Thee”
Through telegraphic Signs
il più opaco diamante
con le spalle al sole
rifiutandolo
vide il volto dell’altro
Was all the Disc
3
C’era una luce quella primavera
Not present on the year 1979
quando aprile era appena arrivato
fuori – il colore
sui campi solitari
mostrava l’albero remoto
sul pendio più lontano
4
Superfluo è adesso il sole
superfluo è il giorno, every Day
perché ogni giorno non ci incontreremo
5
In un cielo abbondante
dorme il tempo
come una stella che cade anonima
Which is the best – the Moon or the Crescent?
Nessuna di esse - disse la luna –
That is best which is not
il meglio che non c’è se lo raggiungi
ne cancelli lo splendore
6
Love is done when Love’s begun
l’amore che finisce quando è appena
cominciato
nello stesso spirito di Sada
che non svela la sua intima ora
quel peso sotterraneo, le cantine dell’anima
o la sequenza della cosa
più esplosiva che fece?
7
dividere la luce mentre cubi
in una goccia o sfere di una forma
si stringono
e ogni clamore luminoso
è scintilla compagna
della luce in agguato
anche se torrid Noons
hanno smesso via i loro
proiettili –
The Lightning non colpì altri
che il messaggero
che si innamorò
scordandosi di tornare
quando il mare ormai
si era ritirato
e l’onda non fu mandata
più a trovare l’onda –
Cosa lo fece naufragare?
8
Le gioie future che non sono venute
né ieri né oggi
e non sono state così grandi
come quella che corse via ridendo
venissero oggi
saresti così felice che certo
i tuoi dolori passati
correrebbero via ridendo
“I am so happy”
mi avresti scritto che “qui la mia estate
può trasferirsi in inverno”
With winter to abide
9
Se cadde il sipario della natura
e colei che lo aveva portato entrò barcollando
e “’Twas all I had” , disse
il tempo è una prova del dolore
non un rimedio – come le piogge arriva
nelle varie contee
But the Heart with the heaviest freight on –
Does’nt – always – move –
10
il tempo – The Weather – how the Rains
In Counties have begun –
ha informazioni banali – come il niente
l’estremo è relativo
perché il deserto sa che l’acqua cresce
le sue sabbie bastano
ma se non posso leggere i dispacci
-the Telegrams
A Letter chief to me
Sahara dies
11
L’ospite che non è sempre oro e cremisi
opalescente e grigio
di ermellino non ha il suo farsetto
e non è allegro il cappuccetto
arriva in città al cader della notte
e si ferma alla tua porta
ma al mattino non ha tempo
per esplorare la spiaggia della pavoncella
è come l’assenza – enamor Thee –
Tho’ the Divinity –
Be only
Me –
12
il cielo sarà vuoto
l’immensa tasca dell’eterno derubata
non ci sarà albero
le radici sono estirpate
non ci incontreremo
perché i nostri periodi possono dormire
come stelle che cadono anonime
As Stars that drop anonymous
From an abundant sky




V.S. Gaudio ©




Biografia:

V.S. Gaudio, saggista, poeta, esperto di giochi, testologo, articolista pataludico e titolare di rubriche per 15 anni della Walt Disney Company; ha pubblicato La 22a Rivoluzione Solare (1974), Sindromi Stilistiche (1978), Lavori dal desiderio (1978), L’ascesi della passione del Re di Coppe (1979), Lebenswelt (1981), Stimmung (1984), Hit Parade dello Zodiaco (1991), Manualetto della Manomorta (bootleg 1997), Oggetti d’amore (bootleg 1998); giornalista freelance dagli anni settanta, è stato il primo a produrre test per quotidiani (“La Stampa”, “Corriere dello Sport”); ha scritto satira per “Linus”, “la Repubblica”,”Tango”. Torinese e romagnolo d’adozione e di formazione, vive adesso solitario sibarita nel delta del Saraceno.






mercoledì 13 gennaio 2010

JOHN BARNIE






DECISION

It came purring up to the
Dictator; black cat with yellow
eyes, countless bacteria
between the teeth; Shall it be war,
Puss; the Dictator stands
astride, hands thrust in coat
pockets, blazer-wise; cats
can’t play Saint’s
advocate; peace a word like grit;
a tiny bone in the throat.


DECISIONE
Arrivò facendo le fusa al
Dittatore; gatto nero dagli occhi
gialli, infiniti batteri
tra i denti; Sarà la guerra,
Micio; Il Dittatore sta in piedi
a gambe aperte, le mani in fondo alle tasche
del cappotto, sprezzante; i gatti
non possono fare l’avvocato
del Diavolo; pace, una parola come arenaria;
un osso minuscolo in gola.


DESTRUCTION OF PARADISE

1 There Was No Shortage Of Fuel
Adam drops to one knee,
feeling the impression of tank
tracks in the earth; the braille
of the species; the rush of grass
and flowers had not obliterated
them in the growing season;
at a pass in the hills Guderian
waits with an armoured division;
we have been here before, he
writes, and will be again; the engines
charged to the squeaking of metal
as the tanks advance; white-
tailed deer kicking away
through shadow and sunlight under
the trees, as the man comes on.


2 Moving On
Smoke cleared and General
Guderian found them in
huts of asbestos and plaster-
board, lean-to’s erected
against the breached, ruined wall;
Paradwys? he asked in their
language;
an old man
chopping lignum vitae for fuel
looked up; built by the angels,
he replied, but the angels
are gone;
here, on the banks of
Aleph, where the tanks are parked,
where engineers assemble
bridges for the advance? the
general pointed with his baton; Aleph
flowed silently, grey as quicksilver from gold mines in the
hills; the man shrugged, added
sticks of lignum to the fire under
the belly of the pot.


3 Earth Air Fire Water
What was the first river to
tumble from Eden; some say Aleph,
some Tigris, rushing small
fish out into the world to be
stalked by ibis and heron
with beak traps;
later
General Guderian lent a hand
with a panzer division, shattering
the walls, the great
trees; parrots screamed up
in a broken rainbow of wings, snakes
too found that fleeing was best;
some say Adam’s footprints
have been unearthed, skirting a
volcano; to discover
where he was heading, you’d
have to excavate the World.


4 He Had Many Things On His Mind
Guderian looked out of the Condor’s window at Berlin
where people pushed handcarts loaded with belongings;
the shadow of the plane’s wings rippled across the façades
that would some day be rebuilt
but not by Guderian and Son,
great buildings re-emerging out of sandstone;
the pilot turned and pointed ‘down’;
there was the aerodrome and, beyond, the quiet puffs of explosions;
Paradwys, he remembered, he had driven there once
where the ruins were covered with moss;
the sun glittered in his eyes as the Condor banked;
‘Four billion years more of shining,’ he said to his adjutant,
who smiled and didn’t understand.


DISTRUZIONE DEL PARADISO

1 Non fu carenza di combustibile
Adamo si lasciò andare su un ginocchio,
avvertendo tracce di carro
armato sulla terra; il braille
delle specie; la ressa d’erba
e fiori non le aveva cancellate
nel rigoglio della stagione;
a un valico delle colline Guderian
attende con una divisione corazzata;
qui siamo già stati, scrive
e ci torneremo; i motori
su di giri fanno stridere il metallo
mentre il carro armato avanza; code
bianche di cervi in fuga scalciando
tra ombra e sole sotto
gli alberi, all’arrivo dell’uomo.


2 Avanzando
Il fumo si dissolse e il Generale
Guderian li trovò in
baracche di amianto e assi
di gesso, dépendance ritte
contro la parete squarciata, crollata;
Paraduiso? chiese nella loro
lingua;
un vecchio
che spaccava guaiaco da bruciare
alzò gli occhi; costruite dagli angeli,
rispose, ma gli angeli
se ne sono andati;
qui, sulle sponde del fiume
Aleph, dove sono parcheggiati i carri armati,
dove gli ingegneri assemblano
ponti per l’avanzata? il
generale indicò con il bastone; Aleph
scorreva in silenzio, grigio
come il mercurio delle miniere d’oro nelle
colline; l’uomo fece spallucce, aggiunse
stecche di guaiaco nel fuoco sotto
il ventre della pentola.



3 Terra aria fuoco acqua
Quale fu il primo fiume a
precipitare dall’Eden; alcuni dicono Aleph,
alcuni Tigris, trascinando fuori piccolo
pesce nel mondo per essere
insidiato da ibis e airone
con becchi trappola;
in seguito
il Generale Guderian prestò manforte
con una divisione di panzer, fracassando
le pareti, i grandi
alberi; pappagalli si librarono strillando
in un arcobaleno d’ali spezzato, anche i serpenti
considerarono la fuga come
la migliore soluzione;
alcuni dicono che vennero portate in luce
le impronte di Adamo, costeggiavano un
vulcano; per scoprire
dove stesse andando, dovreste
trivellare il Mondo.


4 Aveva molte cose in mente
Guderian guardò fuori dalla finestra del Condor a Berlino
dove la gente spingeva carretti carichi dei propri beni;
ombre d’ali di aeroplano ondeggiavano sulle facciate
che un giorno avrebbero ricostruito
ma non Guderian e Figlio,
grandi edifici riemergevano dall’arenaria;
il pilota virò e puntò ‘giù’;
c’era l’aerodromo e, più oltre, gli sbuffi calmi delle esplosioni;
Paraduiso, ricordò, un tempo aveva fatto rotta là
dove il muschio copriva le rovine;
il sole gli scintillò negli occhi quando il Condor s’inclinò in virata;
“Quattro bilioni di anni ancora di splendore” disse al suo assistente,
che sorrise e non capì.



BRUTAL

And there he was again
in the sands of materialization,
brought forth
not by the mother-goddess
with the hawk’s head
to feed him prey,
but in a desert hut
where women knew the rules,
or a Texas mansion
where the father looked in
between signing executions;
there he is,
and the war machines
greater than the sun
to the front-line trenchman
watching the sand trickle,
the clouds of smoke,
the tanks advancing like a universal hearse.


BRUTALE

Ed eccolo di nuovo là
nelle sabbie della materializzazione,
trascinato
non dalla madre dea
con la testa di falco
per usarlo da esca,
ma in una capanna deserta
dove le donne sapevano le regole,
o in un palazzo in Texas
dove il padre guardava nel
mezzo decretando esecuzioni;
eccolo là,
e le macchine da guerra
grandi più del sole
allo scavatore della prima linea
che guarda la sabbia stillare,
le nuvole di fumo,
i panzer avanzare come un carro funebre universale.



THE COMING WAR

Who was the ghost
whistling on the parapet
as the goatherd passed by; the sky
was a blind of blue as always
drawn across the stars;
Allah must be a good book-keeper,
with so many heroes
there could be a short-fall of
houris in the twenty-first century;
unthinkable, but the advancing tanks
are a visor against the prayers
of the just
that patter like knuckledusters
on steel; nobody’s
impatient any more;
Death puts on the cloak
of the inevitable and
trudges out.



LA GUERRA IMMINENTE

Chi era il fantasma
che fischiava sul parapetto
quando il capraio passò; il cielo
era una tapparella di blu come sempre
tirata sulle stelle;
Allah deve essere un buon contabile,
con così tanti eroi
potrebbe esserci penuria di
donne affascinanti nel ventunesimo secolo;
impensabile, ma i panzer in avanzata
sono uno scudo contro le preghiere
del giusto
quel tic toc di tirapugni
sull’acciaio; nessuno è
più impaziente ormai;
la Morte indossa il mantello
dell’inevitabile e
si trascina fuori.




Da JOHN BARNIE, Tumulto in cielo. Traduzione di Chiara De Luca (Kolibris, Bologna 2009)
http://kolibris.wordpress.com/2009/10/02/john-barnie-tumulto-in-cielo/

lunedì 11 gennaio 2010

JULIA MARGARET CAMERON

















































Julia Margaret Cameron (1815-1879), fotografa vittoriana, forse la prima in assoluto, nacque a Calcutta e visse in Inghilterra dove sviluppò le sue straordinarie potenzialità espressive di fotografa. A quei tempi, la sua arte veniva considerata tecnicamente insufficiente e snobbata dal maschilismo imperante dell’epoca. I suoi ritratti femminili raccontano la sua anima e la sua sensibilità artistica la sua immaginazione,la sua visione della donna e del mondo. Le sue fotografie sono poesie, sono altari di bellezza e istinto estetico e creativo, introducono la poesia “visiva”, legandola al movimento pre-raffaelita e unendola alla sperimentazione di una personalissima tecnica fotografica di chiaro-scuro e sfocato.


La Cameron aveva un’energia potente,capace di travolgere anche chi, nel vederla di persona, la considerava di primo acchito una donna certo non bella e anche apparentemente dall’aspetto depresso e insignificante. Alcune sue modelle la ricordarono spesso autoritaria e determinata nel lavoro, con addosso il grembiulone sporco di acidi e con dentro un fervore immaginifico e passionale immenso. Autodidatta, allestì personalmente camera oscura,studio e attrezzatura fotografica che migliorò e implementò nel corso degli anni di lavoro. Ve la propongo in alcuni suoi lavori, disarmanti nella loro Bellezza.
Per saperne di più vi rimando ai link































































































































































































































domenica 10 gennaio 2010

NADIA CAVALERA

Nadia Cavalera-carta d'identita'-superrealismo allegorico





NADIA CAVALERA, VITA NOVISSIMA, (Bollettariolibri 1992), 101 poesie accompagnate da un’ audiocassetta, con letture dell’Autrice. Una parte su youtube:
http://www.youtube.com/watch?v=H0sqIp2-TqU









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un treno grande seno arieno (: albergo di stento mantenimento avvento) il
viaggio è omaggio gratuito l'oltraggio che oltraggia ad oltranza più procede
meno è capace in corsa forza zonale ai più non piace falla fallisce la manna
fetida a strisce incalla lo stupro di stupore malore il facchino recuperato
burattino di situazione s'è cingolato al carrozzone rullano cinetiche le mani a
compassione (: metastabile erroso erratico errore) di nascosto al suo posto trade
traduce tradisce ama le bisce guizza la mela vizza della prima era (: lontana sei
mia eva) il controllore ad ore schiocca lustra la frusta regala rose di more e luca
intanto imbruca straluca non va in buca la notte son orbe botte scoppierà
improvvisa sempr'invisa di nuova luce circoncisa è solo attesa vilipes'impresa
d'infinita resa a ricominciare per case si può ballare cantare risopenoso in
dementia progettare licentia di giocare a palla i ricordi vagolano numinosi la
galla i miei i tuoi i suoi in-Iusioni sfar-falli ad-Iucem-azioni probabili vani casi
stra-visi-oni (: troppi sono già nei falsi burroni)






89



si lulleva lulù au début pour la soubrette che rampant lapinette avec le sot
tillett'in dépliant e il guardo fritto lassivo entro le palle d'omne oculo fiso avait
bien servi oubliant sul moment ma mirette e musette che la requête était du
guéridon col guiderdon e I'exécution du barman che qui si merita un'ode
immédiatement [: da federico II in poi la falconeria dicono (ma molti sarà per
liberalismo ecologico non sottoscrivono) è un'arte: necessita di un falconiere
con pugno a guanto e di un falco pellegrino cuculo grillaio anche un astòre e
credo come vedo un comune domestico pennuto docile arrendevole ben
addestrato all'occorrenza castrato dimesso messo stracompromesso e
disdicevole con quella sua testa di cuoio]






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quest'occhi miniati di reticoli rossi in vagheggio vergati ragnati sono I'ultimo
tuo cadeau il flocon di quello spirto al caveau mancato che la luce agl'occhi
m'ha negato l'ho ingoiato sfracellato corpizzato (: i vetri all'interno a
perno cliccati me l'hanno in fricassea desnaturati)






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inginocchiato cunocchi'abbracci'al laccio e mi faccio la spocchia lavato
stralavato persino candeggiato profumato sono lordato i tordi nei fiordi e i torti
molti e colti mi potranno nel becco impiccare spranga con la vanga la porta
d'entrata lulù mi'amata perché ad altri il pegno per il regno io non debba pagare
(: a uguale vita uguale morte in sorte)






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quersprung dopo lo svacco macco non m'ammacco sono si un po' fiacco la
kerrnesse stress così da press anch'un lovelace ma non dico per me aurato
santo e non è un vanto solo duro canto magari avessi tu rotto l'impianto lulù
con del ragù (: t'ho svelato il mio atout )






93



mi tratt'imbratti skarotti sfratti come un qualsiasi quastasi in perfetta stasi
che statizza l'estasi e strizza la frizza che mi perviene dall'ossessiva visione
di quel film a rallentatore che mi stizza [: dài mangiamoci una pizza: m'hanno
detto che da fini le fanno buone tanto rusticone (: i miei gioielli sono tutti
inceppati come in sogno)]






94



siccome del mondo siamo ombra che senza luce ruce truce il vivo splendor
sol'altrove luc'e struce (: tutto ciò è rifiutato da chi fa dell'analisi logica
l'oggetto principale della filosofia e se l'intelletto non può dare risposte
definitive a gravi interrogativi non c'è altra via più alta)








Nadia Cavalera ©














Biografia:

Nadia Cavalera vive e lavora a Modena.




Siti:



giovedì 7 gennaio 2010

ENZO CAMPI

scritture








*

Si allarga a spettro
dilaga e s’allaga
rischiando l’asfissia
del così sia e niente più
e solo poco ancora
il passo s’inalbera
contro il masso
che reclude il transito
senza che lingue arcane
babelino labbro a labbro
il fuoco inestinto
che ritorna e dilaga
S’appoggia al dettato
mancando il contatto
l’ictus non favorisce
la presa e la resa
il canto si consegna
all’ansia crescente
del non è mai stato altro
che questo o quello
entrambi inani e forclusi
parimente immani
nelle permutazioni
verso un corpo sventrato
che svendere può
solo orpelli e menzogne


*
M’arresi al fato
alle frecce acuminate
in cui soffrire l’ignoto
e patii il riverbero
di quella luce nera
che ancora infligge
la punizione
per il mio gesto efferato
di dare petali di rosa
in pasto
alle fameliche labbra
dell’umida vulva
in cui riposavo il mio livore.
Mi dipinsi il cranio
d’un viola inarrivabile
e dettai
il segno irriverente
di un geroglifico
nel quale vanificare
lo sguardo del simulacro
che pretendeva
di deflorare
il mio ombelico
per cibarsi
della linfa esautorata
che ancora rifluisce
nelle pieghe
tra il midollo
e la pietra nera della follia
che più non ritrova
il sentiero
per risalire
la china al capo
e produrre
la disconoscenza.


*
nel bifido rizoma scavo
e vado alla ricerca
del derma a derma
che mi protegga dalla norma
in cui defaticar lo sdegno
e svilir l’ingegno
del pressappoco in quanto
tale
e quale sia l’approdo
è sì deriva
del situarsi presso il poco
ch’ancora impera
dettando la legge
del sono io in quanto cogito
perché
da che mondo è mondo
l’inessenza
è il male da abiurare
nell’infido feticcio scavo
e vado alla ricerca
della pellicola stantia
che ricopre il derma decomposto
in cui ritatuare il segno
e mortificare il sogno
dell’oltretutto in quanto
vale
e sale il sentore
del situarsi oltre il tutto
ch’ancor digrada
all’assolversi della norma
dell’io mi manco in quanto
e in quando
perché
da che tempo è tempo
ciò che conta
non è l’attimo da cogliere
ma solo l’istante
di cui disfarsi


*
Non ho lucori
in vita
se non ariosi gesti
in cui rischiare
l’asfissia
e solo
vango
zolla a zolla
le stasi
a delinquere
degli immoti spazi
Poco più che altero
vago
vacuo
per chiavi ignave
senza dare fiato
al vento
e il tempo schiuma
l’ombra violata
del limo
in cui condursi
al fondo
Cedo al fumo
la traccia che si dissolve
senza aspirare al fuoco
e vengo
al vano
che rigenera
l’ignoto
Non ho un credo
in cui svilire
il dogma
se non l’atto inconcluso
di un canto tarpato
e ancora
sogno
metro a metro
il perpetuo moto
in cui sfrangiare
il luogo
Poco più che austero
dipingo l’iniquo
per grovigli di piani
e la linea madre
si maschera
nella follia
dell’inespresso
Sento il suono
del segno
inciso
ferro a ferro
sull’andirivieni
del corpo
che s’apre
al livore obliquo
della rassegnazione
e invoco l’alba
per attendermi
sulla soglia
e consegnarmi
al pasto dell’incomprensione


*
Mi
rimangio la parola
che masticarla ancora
prima di risputarla
è perversa mania
che mi folgora e mi svela Di
colpo in colpo
a glottide usurata
si profila
lo squarcio del fulmine
che dispare
impari
in pari nembi appaiati e franti

Si dà il dettato
se pur impastato
inchiostro simpatico
che fa il verso
a la saetta inconclusa

E no
non risuona a morto
se pur allettato
dritto stinco
a svangare la bara
dai vermi brulicanti E fila
si sfila come flutto
in miriadi di schiume
bava a bava eluse
escluse
dalla magna chora
consegnata all’ora
in cui il ridirsi ancora
è prece ignava
al non più riconoscersi

Di scena in scena
piccolo uomo escremento
che incrementa
la saturazione della gola
Ancora una ferita
la mano nel costato s’apre
la via
al solo differirsi
in pari altri dissapaiati e anonimi

Mi rimangio la parola
per meglio deglutirla
e custodirla
senza più sputarla
e dettarla
Nessun luogo
da tracimare
nessuna sinfonia da evacuare
solo crudità
da fibrillare
sulla graticola
ove escuoce
il senso ultimo
e mai definitivo
che soffre
il riflesso de la imago
da cui estromettere
il nome
vago
e
vacuo
Enzo Campi ©
Biografia:
Nato a Caserta nel 1961. Vive e lavora a Reggio Emilia dal 1990. Autore e regista teatrale, dal 1982 al 1990, con le compagnie Myosotis e Metateatro. Videomaker indipendente dal 1991; ha realizzato svariati cortometraggi e un lungometraggio: Un Amleto in più. Collabora a vario titolo con alcuni artisti e compagnie teatrali. Realizza performance, installazioni ed eventi multimediali. Critico, poeta, scrittore. Alcuni suoi scritti (per lo più articoli, saggi brevi e poesie) sono presenti, in rete, su svariati siti d’arte e di scrittura. E’ presente in alcune antologie poetiche. Ha pubblicato per i tipi di Liberodiscrivere edizioni (Genova) il saggio filosofico-sociale Donne - (don)o e (ne)mesi nel 2007 e il saggio di critica letteraria Gesti d’aria e incombenze di luce nel 2008.
Nel 2009 ha pubblicato per BCE-Samiszdat (Parma) il volume di poesie L’inestinguibile lucore dell’ombra. Sempre per lo stesso editore ha curato una postfazione in Collezione di piccoli rancori di Lara Arvasi. Il poemetto ipotesi corpo è stato selezionato tra i finalisti del Premio Myosotis 2009-2010 e un estratto verrà pubblicato nell’antologia Registro di poesia a cura della d’if edizioni (Napoli) nel 2010.

martedì 5 gennaio 2010

EPIFANIA

Miniatura Certosina












La Befana






Viene viene la Befana

vien dai monti a notte fonda.

Come è stanca!

La circonda neve, gelo e tramontana.

Viene viene la Befana.

Ha le mani al petto in croce,

e la neve è il suo mantello

ed il gelo il suo pannello

ed il vento la sua voce.

Ha le mani al petto in croce.

E s’accosta piano piano alla villa,

al casolare,a guardare, ad ascoltare

or più presso or più lontano.

Piano piano, piano piano.

Che c’è dentro questa villa?

Uno stropiccio leggero.

Tutto è cheto, tutto è nero.

Un lumino passa e brilla.

Che c’è dentro questa villa?

Guarda e guarda...tre lettini

con tre bimbi a nanna, buoni.

Guarda e guarda...ai capitoni

c’è tre calze lunghe e fini.

Oh! tre calze e tre lettini.

Il lumino brilla e scende,

e ne scricchiolan le scale;

il lumino brilla e sale,

e ne palpitan le tende.

Chi mai sale? Chi mai scende?

Co’ suoi doni mamma è scesa,

sale con il suo sorriso.

Il lumino le arde in viso

come lampada di chiesa.

Co’ suoi doni mamma è scesa.

La Befana alla finestra

sente e vede, e s’allontana.

Passa con la tramontana,

passa per la via maestra,

trema ogni uscio, ogni finestra.

E che c’è nel casolare?

Un sospiro lungo e fioco.

Qualche lucciola di fuoco

brilla ancor nel focolare.

Ma che c’è nel casolare?

Guarda e guarda... tre strapunti

con tre bimbi a nanna, buoni.

Tra la cenere e i carboni

c’è tre zoccoli consunti.

Oh! tre scarpe e tre strapunti...

E la mamma veglia e fila

sospirando e singhiozzando,

e rimira a quando a quando

oh! quei tre zoccoli in fila...

Veglia e piange, piange e fila.

La Befana vede e sente;

fugge al monte, ch’è l’aurora.

Quella mamma piange ancora

su quei bimbi senza niente.

La Befana vede e sente.

La Befana sta sul monte.

Ciò che vede è ciò che vide:

c’è chi piange e c’è chi ride;

essa ha nuvoli alla fronte,

mentre sta sul bianco monte.




Giovanni Pascoli
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