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Traducendo Einsamkeit

STANZE DEL NORD

SCORRONO LE COSE CONTROVENTO di FEDERICA GALETTO

ODE FROM A NIGHTINGALE - ENGLISH POEMS

A LULLABYE ON MY SHOULDER di Federica Nightingale

EMILY DICKINSON

mercoledì 30 dicembre 2009

FELICE ANNO NUOVO 2010



LIEVE OFFERTA


Vorrei che la mia anima ti fosse leggera
come le estreme foglie dei pioppi,
che s’accendono di sole
in cima ai tronchi fasciati di nebbia -
Vorrei condurti con le mie parole
per un deserto viale, segnato d’esili ombre -
fino a una valle d’erboso silenzio,al lago -
ove tinnisce per un fiato d’aria il canneto
e le libellule si trastullano con l’acqua non profonda -
Vorrei che la mia anima ti fosse leggera,
che la mia poesia ti fosse un ponte,
sottile e saldo,bianco -
sulle oscure voragini della terra.


Antonia Pozzi

5 dicembre 1934





BRUGHIERA

I

Accoccolato tra le pervinche
sfuggi la furia ansante dei cavalli
e l'urlo dei cani al sole.
Tu sei come il ramarro verde e azzurro
che del proprio rumore si spaura
e hai cari questi ciliegi appena in fiore,
quasi senz'ombra.
Tenui profili di colline alle tue ciglia:
e all'orecchio così curvo sull'erica riarsa
a quando a quando il rombo dei puledri
lanciati per la piana.

II

Con le farfalle raso terra
esitavi al fiorire della ginestra:
e ad un tratto enormi ali ti dà
quest'ombra trasvolante in rombo.
Ora ridi,acciaio splendido,all'ombroso
imbizzarrirsi dei cavalli, al pavido
balzare delle lepri fra i narcisi.

III

Indugiano carezze non date
fra le dita dei peschi e gli sguardi d'amore
che mai non avemmo s'appendono alle glicini sui ponti -
Ma il fiume è densa furia d'acque senza creste,
nel grembo porta profondi visi di montagne:
e all'immenso svolto dei boschi trova lieve il vento,
tocca le fresche nuvole d'aprile.


Antonia Pozzi

28 aprile 1937

mercoledì 23 dicembre 2009

BUON NATALE A TUTTI


lunedì 21 dicembre 2009

MAEBA SCIUTTI






Nō (Biblioteca Clandestina Errabonda - collana Samiszdat)






Alcune pagine in anteprima qui:
Il libro può essere ordinato qui:

INVERNO 2009/2010


Wilson Patten




SI INAUGURA OGGI LA STAGIONE POETICA E LETTERARIA INVERNALE
DELLA STANZA


§


§


§







venerdì 18 dicembre 2009

ANNE SEXTON











SNOW



Snow,blessed snow,
comes out of the sky like bleached flies.
The ground is no longer naked.
The ground has on its clothes.
The trees poke out of sheets
and each branch wears the sock of God.


There is hope.
There is hope everywhere.

I bite it.

Someone once said:
Don’t bite till you know if it’s bread or stone.
What I bit is all bread,
rising, yeasty as a cloud.



There is hope.
There is hope everywhere.
Today God gives milk
and I have the pail.




~Anne Sexton







NEVE






Neve,neve benedetta,
esce dal cielo come mosche sbiancate.
Il suolo non è più nudo.
Il suolo indossa i suoi abiti.
Gli alberi si spingono fuori dalle lenzuola
E ogni ramo veste la calza di Dio.

C’è speranza.
C’è speranza ovunque.
La mordo.
Qualcuno una volta disse:
Non mordete fino a che non
siete certi che sia pane e non pietra.
Ciò che io mordo è tutto pane,
che cresce, lievitato come una nuvola.


C’è speranza.
C’è speranza ovunque.
Oggi Dio dona latte
ed io ho il secchio.




Traduzione di Federica Nightingale

mercoledì 16 dicembre 2009

GORAN SONNEVI











Liriche svedesi a ritmo di Jazz
Dal «Corriere della Sera» , 06/02/2007

Recensione di Sebastiano Grasso



La morte non c’è,

c’è come vita estrema,

al compimento dell’esistenza,

quando il lampo di luce arriva, e tutto cede
penetrami, o musica, estrema vita, morte,

polverizzata

in tutte le infinitesimali

diramazioni del corpo,

al medesimo tempo!



Goran Sonnevi





La poesia di Goran Sonnevi




Bruno Argenziano fa parte di quella colonia italiana di Stoccolma (Amelia Adamo, Francesco Saverio Alonzo, Marina Botta, Erika Halvarsson, Vincenzo Lanza, Giacomo Oreglia, Angelo Tajani, Ferruccio Rossetti, tanto per fare qualche nome) che fa di tutto per diffondere la cultura italiana in Svezia e, viceversa, quella svedese in Italia. Per una trentina d’anni ha insegnato Letteratura italiana all’università di Stoccolma; fra i libri da lui curati, il Teatro da camera di August Strindberg, in collaborazione con Luciano Codignola.Ecco, si devono proprio a lui queste Variazioni mozartiane ed altre poesie di Göran Sonnevi (Lund, 1939), antologia di uno dei più interessanti poeti svedesi contemporanei (Edizioni Pagliai Polistampa), al quale, due anni fa è stato assegnato il premio Svenka Akademiens Nordiska alla carriera, considerato il «piccolo Nobel» svedese.La poesia di Sonnevi abbraccia tutta la sua esistenza. Comincia col fulmine che incendia la sua casa quando ha nove anni. Lo choc lo rende muto per un paio di giorni. Quando riprenderà a parlare, la balbuzie non lo abbandonerà più. Tranne, incredibilmente, quando il poeta legge i suoi versi in pubblico.Nel ’61, a 22 anni, Sonnevi pubblica il primo libro, Irrealizzato: versi «razionali», in cui, osserva Argenziano, entrano anche «i nuovi orientamenti filosofico-linguistici». Sonnevi è un lirico, come lo sono, proprio «per indole», i poeti nordici. Ma egli si rende subito conto che il nuovo linguaggio, per arricchirsi, deve confrontarsi con la realtà continuamente modificata, e, quindi, anche con la politica.Marxista convinto (un Marx scoperto attraverso Karl Popper), sulla rivista dell’editore Bonniers scende in campo contro la guerra americana in Vietnam («I morti sono cifre che riposano, vorticano / come cristalli, nel vento dei campi. Si calcola / che sinora siano morti 2 milioni in Vietnam. / Qui quasi nessuno muore / se non per ragioni personali. Oggi come oggi / l’economia svedese non ne uccide / tanti, per lo meno / non qui in Svezia. Nessuno / fa la guerra al nostro Paese a difesa / dei propri interessi. Nessuno / ci brucia col napalm / a nome di feudali libertà [...] Ancora altri morti, altre giustificazioni / finchè tutto si ricopre di neve / in quella notte che definitivamente / muta la sua luce fuori dalle finestre»).I suoi versi provocano un intenso dibattito politico-letterario per cui, nel decennio ’65-’75, diventa il poeta della sinistra svedese.«È un fiume di poesia che scorre tranquillo nell’alveo delle problematiche esistenziali ma che a volte straripa quando la veemenza dell’impegno politico prende il sopravvento sull’abituale giudizio etico-sociale — precisa Argenziano —. Veemenza che scema sempre più quando la militanza di chiara ascendenza marxista subisce il contraccolpo del fallimento della politica comunista. Le nefandezze da essa perpetrate non possono non scuotere e offendere l’onestà intellettuale del poeta».Così, sconvolto dai crimini dei regimi comunisti europei e asiatici, e deluso, Sonnevi torna all’«incanto dell’amore» e alla «fascinazione della natura».Autore di una ventina di libri, tradotto in quindici lingue (fra cui il cinese e il turco) il poeta svedese vive a Jäfälla, in una delle tante villette sorte alla periferia di Stoccolma. Sonnevi assomiglia un pò al russo Evtusvenko: viso quasi infantile, statura minuta. Agilissimo, quando cammina sembra che saltelli. Esperto e amante di blues e jazz, ricrea, anche nella scansione dei suoi versi, lo stesso ritmo musicale, sincopato («Il mare / Gli occhi del mare / che osservano / te! / me! Attraverso gli strati / d’acqua / Una sera / sulla riva divenne / tutta l’acqua / trasparente / mi parve / di vedere più in basso di dove / la luce può arrivare, giù / attraverso gli strati / d’acqua / Cosa vidi? / Non lo so? / Vidi la mia / vista, più chiara / più trasparente, / più cieca degli / occhi / dei morti / io vidi»)«La scrittura è partitura. Göran Sonnevi e la musica», ha notato Jan Olov Ullén. Poesia erotica e poesia bucolica. Distese, entrambe, sul pentagramma. «Il verso arriva ad una paradossale altezza di fragilità e di forza, mai più vicina al suo collasso, al suo dubbio, con parole che non poggiano per terra, ma stanno per aria e riposano», ha spiegato Marie Silkeberg.Il Sonnevi poeta d’amore — «Quando ti toccai / con le mie dita di notte / ti sciogliesti anche tu / ed io ti avevo / come acqua / tra le mie dita». Ed ancora: «Il tuo corpo sa leggermente di sale [...]/ Vedo anche le cupe ansie del tuo corpo / Ti amo anche nel buio / dell’invecchiamento / Io ti sfioro velocemente con le dita / tu ti muovi su di me con la bocca» — va in parallelo con le variazioni mozartiane. Che, appunto, danno il titolo a questa antologia.



Göran Sonnevi "Variazioni mozartiane e altre poesie" a cura di Bruno Argenziano.

© Mauro Pagliai 2006,cm 12x17, pp. 208, br., € 12,00

domenica 13 dicembre 2009

ALESSANDRO BARICCO

Vermeer - Donna che scrive (particolare)







Alessandro Baricco "Tutto diventa memoria" da Oceano mare





Mio amato amore di mille anni fa, la bambina che ti ha dato questa lettera si chiama Dira. Le ho detto di fartela leggere, appena arrivato alla locanda, prima di lasciarti salire da me. Fino all'ultima riga. Non cercare di mentirle. Con quella bambina non si può mentire. Siediti, allora. E ascoltami Non so come hai fatto a trovarmi. Questo é un posto che quasi non esiste. E se chiedi della locanda Almayer, la gente ti guarda sorpresa, e non sa. Se mio marito cercava un angolo di mondo irraggiungibile, per la mia guarigione, l'ha trovato. Dio sa come hai fatto a trovarlo anche tu. Ho ricevuto le tue lettere, e non é stato facile leggerle. Si riaprono con dolore le ferite del ricordo. Se io avessi continuato, qui, a desiderarti e ad aspettarti quelle lettere sarebbero state abbagliante felicità. Ma questo é un posto strano. La realtà sfuma e tutto diventa memoria. Perfino tu, a poco a poco, hai cessato di essere un desiderio e sei diventato un ricordo. Mi sono arrivate le tue lettere come messaggi sopravvissuti a un mondo che non esiste più. Io ti ho amato, e non saprei immaginare come si possa amare di più. Avevo una vita, che mi rendeva felice, e ho lasciato che andasse in pezzi pur di stare con te. Non ti ho amato per noia, o per solitudine, o per capriccio. Ti ho amato perché il desiderio di te era più forte di qualsiasi felicità. E lo sapevo che poi la vita non é abbastanza grande per tenere insieme tutto quello che riesce a immaginarsi il desiderio. Ma non ho cercato di fermarmi, né di fermarti. Sapevo che lo avrebbe fatto lei. E lo ha fatto. E' scoppiata tutto d'un colpo. C'erano cocci ovunque, e tagliavano come lame. Poi sono arrivata qui. E questo non é facile da spiegare. Mio marito pensava fosse un posto dove guarire. Ma guarire é una parola troppo piccola per ciò che succede qui. é semplice. Questo é un posto dove prendi commiato da te stesso. Quello che sei ti scivola addosso, a poco a poco. E te lo lasci dietro, passo dopo passo, su questa riva che non conosce tempo e vive un solo giorno, sempre quello. Il presente sparisce e tu diventi memoria. Sgusci via da tutto, paure, sentimenti, desideri: li custodisci, come abiti smessi, nell'armadio di una sconosciuta saggezza, e di un'insperata pace. Riesci a capirmi? Riesci a capire come tutto questo sia bello? Credimi, non é un modo, solo più lieve, di morire. Non mi sono mai sentita più viva di adesso. Ma é diverso. Quel che io sono, é ormai successo: e qui, e ora, vive in me come un passo in un'orma, come un suono in un'eco, e come un enigma nella sua risposta. Non muore, questo no. Scivola dall'altra parte della vita. Con una leggerezza che sembra una danza. E' un modo di perdere tutto, per tutto trovare. Se riesci a capire tutto questo, mi crederai quando ti dico che mi é impossibile pensare al futuro. Il futuro é un'idea che si é staccata da me. Non é importante. Non significa più nulla. Non ho più occhi per vederlo. Ne parli così spesso, nelle tue lettere. Io faccio fatica a ricordarmi cosa vuol dire. Futuro. Il mio, é già tutto qui, e adesso. Il mio sarà la quiete di un tempo immobile, che collezionerà istanti da posare uno sull'altro, come se fossero uno solo. Da qui alla mia morte, ci sarà quell'istante, e basta. Io non ti seguirò, Non mi ricostruirò nessuna vita, perché ho appena imparato ad esser la dimora di quella che é stata la mia. E mi piace. Non voglio altro. Le capisco, le tue isole lontane, e capisco i tuoi sogni, i tuoi progetti. Ma non esiste più una strada che mi potrebbe portare laggiù. E non potrai inventarla tu, per me, su una terra che non c'é. Perdonami, mio amato amore, ma non sarà mio, il tuo futuro. C'é un uomo, in questa locanda, che ha un buffo nome e studia dove finisce il mare. In questi giorni, mentre ti aspettavo, gli ho raccontato di noi e di come avessi paura del tuo arrivo e insieme voglia che tu arrivassi. E' un uomo buono e paziente. Mi stava ad ascoltare. E un giorno mi ha detto: "Scrivetegli". Lui dice che scrivere a qualcuno é l'unico modo di aspettarlo senza farsi del male. E io ti ho scritto. Tutto quello che ho dentro di me l'ho messo in questa lettera. Lui dice, l'uomo col nome buffo, che tu capirai. Dice che la leggerai, poi uscirai sulla spiaggia e camminando sulla riva del mare ripenserai a tutto, e capirai. Durerà un'ora o un giorno, non importa. Ma alla fine tornerai alla locanda. Lui dice che salirai le scale, aprirai la mia porta e senza dirmi nulla mi prenderai fra le braccia e mi bacerai. Lo so che sembra sciocco. Ma mi piacerebbe succedesse davvero. E' un bel modo di perdersi, perdersi uno nelle braccia dell'altra. Niente potrà rubarmi il ricordo di quando, con tutta me stessa, ero la tua Ann.
Alessandro Baricco

giovedì 10 dicembre 2009

ELSPETH MARY CAROLINE FISTOURI

Elspeth Mary Caroline Fistouri è un'artista di origine inglese che vive in Grecia ormai da molti anni. Ritrattista, vive e lavora ad Atene.
























































































Elspeth Mary Caroline Fistouri ©





















SUBHANKAR DAS

Foto di Gabriel Tibaldi ©








PLEASURE




Who wants to recover

As if to get back to the normal state

The sharpness of the smoke that burns the eyes will abate

Will the heart call all the birds and talk

Deliver a great speech about the usefulness of a heavy wing

All the muscles of the leg will one day know

all the artistry of a failed flight

As the white of the teeth becomes familiar with the

free and easy parched-peas like this

Ages passed on account of prestige and

position or weight and importance just like a dog

As the fear and the whiteleciousness pry at every step they

cannot get familiar

or knowing everything to enjoy defeat they munch on time

This very pleasure he also knew halogen lights lie like the moonlight

The accounts of the day are drying up

and we have decorated all sides with wings



Subhankar Das ©







PIACERE





Chi vuole guarire
Come a tornare allo stato normale
L’asprezza del fumo che brucia gli occhi si calmerà
Richiamerà il cuore tutti gli uccelli a parlare
Consegnando un grande discorso sull’inutilità di un’ala greve
Tutti i muscoli della gamba un giorno sapranno
della maestria di un volo fallito
Come il divenire intimo del bianco dei denti
con questi piselli riarsi
Gli anni passati per merito o prestigio
posizione o peso e importanza alla stregua di un cane
Mentre il timore e il delizioso biancore indiscreti ad ogni passo
non possono diventare intimi
o conoscere ogni cosa per godere della sconfitta rosicata sul tempo
Questo grande piacere conosceva anch’egli
Luci alogene mentono come il chiaro di luna
I conteggi del giorno si stanno a seccare
e noi ne abbiamo decorato ogni lato
con ali



Traduzione di Federica Nightingale

Testo originale scritto in Bangla




Biografia:



Subhankar Das è poeta e scrittore indiano. E' editor del blog

martedì 8 dicembre 2009

GOD REST YE MARRY GENTLEMAN


Carl Larsson









L'autore di questo canto di Natale, tradizionale inglese, è sconosciuto, pubblicato nel 1823, riprende una melodia ben più antica, basata sicuramente su un'aria celtica.
Si pensa che fosse un richiamo cantato nelle festività natalizie dai guardiani alle porte della città ed in inglese antico ha il significato di augurio agli uomini valorosi di non farsi traviare.
E' questa la canzone cui allude nel titolo il Canto di Natale (A Christmas Carol) di C. Dickens.






GOD REST YE MARRY GENTLEMAN




Testo e musica tradizionali
(Inghilterra, XVIII secolo)






God rest ye merry, gentlemen,

Let nothing you dismay

Remember Christ our Saviour

Was born on Christmas Day

To save us all from Satan's power

When we were gone astray.

O tidings of comfort and joy, comfort and joy;

O tidings of comfort and joy!
From God our Heavenly Father

A blessed angel came

And unto certain shepherds

Brought tidings of the same

How in that Bethlehem was born

The son of God by name
"Fear not," then said the angel

"Let nothing you affright

This day is born a saviour

Of a pure virgin bright

To free all those who trust in him

From Satan's pow'r and might"

The shepherds at those tidings

Rejoiced much in mind,

And left their flocks a-feeding

In tempest, storm and wind

And went to Bethlehem straightaway

This blessed babe to find

But when to Bethlehem they came

Whereat this infant lay

They found him in a manger

Where oxen feed on hay

His mother Mary kneeling

Unto the Lord did pray

Now to the Lord sing praises

All you within this place

And with true love and brotherhood

Each other now embrace

This holy tide of Christmas

All others doth deface








DIO TI DONI UN SERENO RIPOSO, GENTILUOMO

Dio ti doni un sereno riposo, gentiluomo

Non lasciare che nulla ti costerni

Ricorda Cristo nostro Salvatore

Nato il giorno di Natale

Per salvare noi tutti dal potere di Satana

Quando eravamo fuorviati.

O, novella di conforto e gioia,

Conforto e gioia;

O, novella di conforto e gioia!

Da Dio nostro Padre Celeste

Un angelo benedetto venne

E ad alcuni pastori

Portò novella simile

Di come in questa Betlemme fosse nato

Colui che è chiamato figlio di Dio

"Non temete" disse poi l'angelo

"Non lasciate che nulla vi spaventi

In questo giorno è nato un salvatore

Di puro virginale splendore

Per liberare tutti coloro che credono in lui

Dal potere e dalla forza di Satana"

I pastori a questa novella

Si rallegrarono molto nei loro pensieri

E lasciarono le loro greggi al pascolo

In tempeste, bufere e vento

E andarono dritti a Betlemme

Per trovare questo bambino benedetto

Ma quando giunsero a Betlemme

Dove giaceva questo infante

Lo trovarono in una mangiatoia

Dove i buoi si nutrivano di fieno

Sua madre Maria inginocchiata

Stava pregando il Signore

Ora cantate lodi al Signore

Voi tutti in questo luogo

E in vero amore e fratellanza

Abbracciatevi ora gli uni agli altri

Questo santo periodo del Natale

Fa sfigurare tutti gli altri






(Trad. Federica Nightingale)


domenica 6 dicembre 2009

VIAGGIO INDOTTO - LE NOTE DENTRO IL FONDO







Talvolta le cose accadono perchè ci sono indotte, perchè dovremmo farle da soli e non le facciamo,spauriti e senza coraggio le evitiamo;ma un bel giorno si ripresentano già fatte,impacchettate con nastri e carta dorata a lenire un vuoto che appare meno profondo di ciò che abbiamo perso. Da lì ci si incammina verso nuove esperienze e nuovi tratti da percorrere. Quando si aprono gli occhi, la mattina, si vorrebbero richiudere per non vedere le nuove forme della nostra esistenza, si pensa ad essere ancora come ieri sperando non sia vero che l'anima è volata altrove. L'altrove racchiude un vasto massiccio d'ombra da valicare, le ore dentro alla gola non si spengono mai e si sente freddo alle ossa. Mutazioni si avvicendano nel vortice che ci strema. Si prosegue fino a rendersi invisibili, ci si assottiglia lungo le pareti e strisciando ci si allontana da noi,dal vento che ha cambiato rotta e spinge contro. Una volta,due,tre,quattro....poi tutto improvvisamente si placa e il cuore fa male e si sente un brusco assestarsi del sè. Trasformarsi per diventare esseri consapevoli non è un facile viaggio e non è tortura fine a sè stessa, al fondo di strade conosciute esistono diramazioni che portano ad ampi viali alberati schermati da avvallamenti erbosi e boschi di ginestrone,con quelle infiorescenze giallo limone e spine aguzze come coltelli. C'è da camminare e farsi spazio, fra i rovi e gli spaccati d'orizzonte. Scelte fatte ci conducono dove vogliamo giungere, ma senza fretta indicano la strada; speranza dice che vuole vedere il sole e l'occhio perde la sua nuvola, fra rami alti volano i sogni, impigliati si raddrizzano e rompono le linee dell'immobilità. Certo si giunge all'altrove, con i capelli lunghi e le mani a tagli. Il futuro sfugge, resta la perseveranza dei gesti ad innalzare il cuore verso il cielo.



Federica Nightingale

martedì 1 dicembre 2009

STEFANO COLLETTI

foto di Federica Nightingale








MAGNOLIA


Oltre il ruscello,

Ad una croce di sentieri, uno fuma,

Le mani in tasca, ripensa.

Un'idea di patria - gli uccelli la sfiorano solo, i piccoli

Cuori mitragliano altrove - la trovo

Qui, in una belle époque di nebbia.


Giorni in cui di tutto si può fare senza,

Li noti dal guscio (è morto qualcuno

Cui davi un tu

Vagabondo): un pomeriggio

La finestra non si apre più, ci si siede,

I muri laccati di spavento, si sfogliano lame,

Si sceglie la più femminile

Per farne un tormento, un guanto di legno

attorno all'acciaio.


Poi è sempre notte.

L'oro non fonde, il sangue non coagula,

Romba il mare in cui

Nessuna nave ha salvato le sue anfore;

Tutti siamo semenza, il sogno

Da galeotto di un giardino sopra la torre.


Le magnolie rabbuiano l'aria

Per molte ore come totem scomparsi e riapparsi.

Sono bastioni e fondamenta, palchi

Di corna alzati sul cranio di un'aiuola.

Lungo il cammino le ritrovo

Ovunque, crescono alte,

Mescolano all'aria la notte.


****



SOGNI CHE NON SEMBRANO



Il cielo che avresti dipinto sopra didascalie

nordiche, nomi pagani - castelli rovinati

da chissà quale banda lurida, chissà quando.

Tutto vero. Alberi coperti di rime, cose sospese.

Vento, poi - salmastro,

muso di cinghiale, il circuito dei pensieri

chiuso da un bracciale, come una finestra

da una cornice. Prima assai della luce,

del viaggiare veloce, ecco dove

mi sono svegliato - dicendomi: "Non sono più

pesante. Non ho più la mia età".

Posso fare tutto. Daccapo.

Ma molto di ciò che vedevo stava come prima,

flesso attorno ai raggi di un pomeriggio

senza crepuscolo. Proiettili attorno al mio nome,

posta senza un mittente,

credo un ingombro logico, quindi.


Al risveglio in questo presente ho atteso

un segno.Cigni in decollo, magari. Ma anche la luce

crescente, finalmente. Te lo volevo regalare

quel sogno, perchè capissi - vedessi sotto

che sole, sotto che polvere allevo ore.


****



L'INVISIBILE


Mezz'ora di luce leviga il crepuscolo vicino,

dove i gatti hanno covato il pomeriggio

dentro uno sbadiglio.


Quale fratellanza mi cerca

da quei fil d'erba cresciuti su tegole decrepite,

sopra un'ortaglia, dietro la chiesa?

Quattrocento anni d'intemperie,

rondini, foglie scosse, il grande

tonfo sommerso delle campane,

l'incenso in fuga per i vetri crepati, malattie

e mani antiche,

forse cinque o sei sguardi d'amore.



Stefano Colletti ©


Poesia tratte dalla raccolta "L'erbario di marmo" - edito da Firenze Libri (2009)





Biografia:


Stefano Colletti è nato e vive a Mantova. Insegna Filosofia e Storia. Con la raccolta di poesie "L'erbario di marmo" ha vinto il Premio Letterario - Editoriale L'Autore nel 2009.

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