Se è vero che la “nuova poesia” degli anni Dieci sembra segnare il passo della non novità, mi domando quali siano i veri parametri per poterlo affermare con tanta certezza o, se non altro, per poter indicare come “non nuove” tutte quelle espressioni poetiche che non sperimentino in modo estremo l’uso della parola e del concetto. Se la sperimentazione non raggiunge apici di rilievo, come avvenne, per citare un esempio, con la poesia futurista, ciò non significa che non vi sia in atto una corrente di trasformazione sotterranea lenta ma molto forte, pronta a lasciarsi dietro ogni “incasellamento” o definizione pre-confezionata. Confusione? Strada eccentrica e centrale? E’ possibile che proprio l’eccentricità e l’espressione della giustificazione estetica delle proposizioni in auge, rappresentino la Bellezza della nuova corrente poetica nascente. Si possono scrivere versi apparentemente senza senso (apparentemente privi) e stilisticamente perfetti tanto da compiacere edonistici bisogni di una civiltà in cui il piacere racconta molte esperienze, e considerarli Poesia; questo perché la Poesia del nostro tempo nasce e cresce in un ambito senza risoluzione definita, con innumerevoli punti bianchi o evanescenti. Fotografia di ciò, i versi quasi privi di un senso che rimandi ad esperienze significative seppur vere.
Sono forse i connotati dell’invisibile, piccolo, cosmopolitismo dell’”io” un metro sufficientemente valido per valutare l’autenticità o meno di un verso? In che misura ciò si avverte fra le righe dei nuovi poeti emergenti? E cosa implica il ritorno al “privato” se non l’idea geniale e mai sorpassata (e non per questo da considerarsi “vecchia”) che vede l’umana condizione quale punto di partenza verso approdi non “a vista”, bensì molto al largo da ogni riferimento casuale o banale? Si, perché il punto di partenza deve necessariamente essere l’io, esente dal piccolo cosmopolitismo, punto focale di ogni traiettoria poetica che si rispetti.
Al di là delle prove stilistiche e meramente estetiche, giustificate forse da una ricerca di Bellezza estranea alla vita quotidiana e, a parer mio, non condannabili in alcun modo, la nuova poesia traccia possibili rotte da raggiungere in sordina, forse accattivanti perchè ricche di immaginari e immagini poco consueti, stilisticamente ineccepibili ma perfettamente criptati nel senso, non assente, ma amplificato da tracciati crittografati e vari. Si dipinge così un panorama eterogeneo che da mappare risulta difficile perché ancora in fase di lenta evoluzione e definizione, anche per i poeti stessi; il seme però è ormai gettato e si iniziano già a vedere i germogli. Il principiale, qui, porta in diverse corsie di smistamento ma il fulcro rimane lo scavo interiore che non si discosti mai troppo dall’apparire “a vista”, la proposta di individuazione, ricerca, di valori di riferimento ragionati e scoperti con fatica talvolta, o al contrario con immane leggerezza.
Per concludere, credo che l’affermare che vi sia un generale indirizzo di poesia ben scritta possa essere opinabile poiché esistono ancora nuove forme poetiche non ancora pronte al decollo, prive di personalità definita in un mare indefinito e vasto che fa perdere le coordinate, e che non hanno compreso fino in fondo quanto problematica sia la via verso l’autenticità.
L’autenticità è fatica che si rispecchia nell’assoluto rispetto dell’essere umano, nel suo volgere il capo senza timore verso i numeri possibili che creano le combinazioni creative del nostro Tempo. E questo rimanendo sempre “a vista” pur non essendolo affatto.
Federica Nightingale
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