Dolore,
o mio dolore
non rimanere invano
ritraendoti
rauco
il
midollo in testa
la
pelle sottile in controluce
ché giacevi
come gatto bulimico
sopraffino detentore
d’erba medica
ghiotta inaffidabile bestia
accucciata senza respiro
o movenza attratta
dall’esile incandescenza spirata
dai molli giunti
sopra le sedie lasciando tracce
della bava e del vento rotto
perché sapendo
urtare quei rami sul selciato
caduti e atterriti d’ansia
divoravi
lettere e parole
merce contraffatta e lacrime
come se mai avessi visto prima
come se mai avessi vissuto
Tu dolore sgrana
dalle orbite insulse di occhi
quel candore esausto e prendi
prendi(mi)
dentro le braccia più strette
a gonfiare di perle ai minimi
termini (fausses, fausses , sont les perles)
D’illeso convoglio partire
per difender le notti
stese ad asciugare
nei limbi tortuosi del fardello che trascino
Allora dolore, vieni
a spezzare
le inconsistenti armi che sono
i pensieri
triboli rei d’esistere
per me maniaca del vero
in questa notte
come un tormento sfilato ai sogni
(dal
cui unico lato s’esce senza tornare)
per dire che siamo tanti
aggrappati
fuori dai finestrini
stracciati dalla furia di te
istrionico
bugiardo
evirato
mo-los-so
mo
loss(o)
MOLOSSO
Federica Galetto
1 commento:
Quando un testo ti prende, è questo che accade. Questa è una di quelle poesie che avrei voluto scrivere, ma Federica è Federica, e non posso che inchinarmi regalandole la mia voce. Grazie Fede.
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