Dobbiamo amare la vita perchè non ha ragione di dolersene sebbene sia dolore
come quando si piega anche il metallo prima del taglio alla metà, nel corpo
esso non sa quale potenza spezza un'anima di ferro
Fiorella D'Errico da La fatica del metallo
§
Un canto sommesso di vita e respiro, un immortalare le cose,il corpo,la propria integrità in un marchio silenzioso; dignità e stupore nei brevi versi allargano lo sguardo su profonde ritmiche, scandendo le ore dell'esistenza e del riscatto. Nella fatica e nella forza, del metallo. Ladies and Gentlemen, Fiorella D'Errico.
Mariangela De Togni scrive le sue poesie come trafitta da un velo di luce. Non vi sono ombre in questi versi di estrema delicatezza ma solo stupore e meraviglia. Nei suoi percorsi nella natura e nei luoghi che appaiono come mete assolate e magiche, si ritrovano i gesti dell'osservare incantati, assorti davanti alla Bellezza. La sua solitudine beata di occhiate intense ai particolari del mondo non sbiadisce e non s'appanna, arricchisce il lettore di quiete e agio, nel respirare il fiato del cuore amante della vita. Ama la vita Mariangela, e i suoi misteri, le sue ricerche mai affannate del buono che c'è in ognuno. Così, spaziando nel creato con vigile osservazione, la De Togni ci guida alla serena disposizione d'animo d'un giorno d'estate, dove luci e colori e suoni avvolgono e cullano. Una lettura molto piacevole, che lascia gioia e speranza nel cuore. Un libro che consiglio caldamente, una lettura docile e profonda sul senso della Natura e la sua Bellezza infinita, alla ricerca della pace interiore cui ciascuno anela. Un canto naturale, un sogno stretto fra le mani. Perchè il seme di magnolia faccia nascere gazzelle.
Federica Galetto
DAGLI ANFRATTI DEL CUORE
Dagli anfratti del cuore
tutto fluiva nel vento
come un sospiro.
Nell’attesa che un sole bianco
d’impronte profonde
rubate alla notte,
scavasse pensieri,
all’ombra d’un salice
dalle chiome rarefatte dal gelo
simili ad arcate d’un monastero
medievale.
La salmodia
trasporta polline di cielo
nel chiostro capace di stupore.
Facendo risaltare
i marmi policromi
elusivi come un profumo
nel soffitto a volta
che pare lanciarsi nell’infinito.
Le stesse lontananze
di comete e siepi fiorite,
dei miei soli tramontati,
appaiono diverse
là dove le brune pareti d’argilla
palpitano
al colore della lampada
rosso rubino
Nascosto, un tordo intonò
il suo canto come un oceano
di onde raggelate
nell’immobilità.
Cristallo fuso nel liquido
silenzio della sera.
CROMATICO ASSOLO
Sfoglia a volte il mare
il silenzio . Come una farfalla
sul fiore m’indossa il colore
che perdura,
nell’impressione, come voce
d’un lontano richiamo
che inneggia l’oscurità
e fa d’un leggero lamento
di coro inascoltato,
un cromatico assolo,
nel tempo che scorre,
nel battito di un respiro.
Il colore sottilmente mutevole
del cielo d’autunno,
nella penombra della sera,
mentre spoglia il pensiero
col giallo del gelsomino invernale,
s’ammanta di sottili essenze
incorniciate dai ricordi.
Senza rompere l’incanto
della solitudine.
Suadente come il vento
del deserto
nel dilatarsi della notte.
Quasi un lembo di roccia
dove nascondere
il cuore.
LA GRATA
L’amore trapassa la grata
quando è vero.
Esse danno un limite
che separando
non dividono.
Ed è là il segno
dove mancano calcolo
e misura. Ed è risposta
al Tutto che scava dentro
un abisso di libertà.
ESTRATTI DAL CUORE
I pensieri oggi sono
grani estratti dal cuore.
Senza luogo né tempo.
Screziati di silenzio,
trasparenti come l’acqua,
fragili, tra increspature
sottili al centro dove
lo sguardo si frange
nel cerchio della ciotola
affogata di stelle
la notte.
E risorge l’eco nell’alba
appena verso il mare.
Verso la sete libera
dove, più estremo,
è il grido del sole.
QUESTO BAGAGLIO BREVE
A che tende
questo bagaglio breve
del cuore
nella notte sola
se in un giro d’albe
nel dipingersi del cielo
un fiore nel deserto,
piccola cenere di luce,
comparirà avvolto
di bellezza.
E’ immenso il mare.
Uno spazio diviso
dagli ulivi raccolti
in un pianto di rugiada.
E le stelle a ripetere
i profumi della notte
in cieli di velluto
come conchiglie di gioielli
piene di diamanti.
Ma a promettere la gioia,
a chi si lascia sconvolgere
dalla sua voce calda
di colore nell’ombra
della solitudine,
nell’ arco di un silenzio
che muta il volto
e l’essenza di ogni cosa,
è Colui che dorme
sul fondo della nostra barca,
ed è passato nei ripostigli
del nostro tempo.
Perché il seme di magnolia
faccia nascere gazzelle.
FU IL NIDO DEL PETTIROSSO
Fu il nido del pettirosso
a risvegliare il sole
sul candore nuziale
degli ulivi infreddoliti
dal vento che faceva
fremere l’alba.
Il mare tratteneva ombre
azzurrine
fra bagliori rosati
come nel compiersi
di una solenne liturgia.
Questo evento di stupore
che danza nell’anima,
è forse il volto di Dio,
la sua voce che salva?
Lembi di roccia ametista
sussurrano l’attesa
all’acero sull’angolo
della strada.
In un mormorio di sillabe.
Come una salmodia
impastata di sale.
SULLO STELO DEL VENTO
A volte,
quando la notte
si raccoglie sullo stelo
del vento,
un’onda di pensiero
mi sorprende,
nel silenzio,
come se la solitudine
fosse un sospiro
lungo
del cuore.
Perché freme, perché
vibra l’anima,
libellula abbacinata
dalla luce?
Intrisi di lontananza,
come scampoli
di sabbia bianca
dietro grigie mensole
di roccia,
indossiamo
l’umile saio che ci copre
la voce
nello stupore di tanta
beatitudine.
OGGI FINALMENTE
Oggi
nel silenzio profondo
che scava il cuore
come se da una roccia
fiorisse
la solitudine
finalmente
fiore.
Oggi
nel chiaro cielo
che si dipinge sul ciglio
del pensiero
finalmente
un piccolo cerchio
di luna
seguito da una stella
lucida d’oro.
Oggi
finalmente
sull’orizzonte appare
vestita di mare
la conca frantumata
della memoria
nello stupore profondo
di una foschia
leggera
come una trina.
Oggi
finalmente
il sole stringe gli ultimi
lembi di buio
la luce si fa azzurra
ei ciliegi in fiore
avvolti in una nuvola
di petali bianchi
sembrano seguire
le vie del vento
che soffia da oriente.
Oggi
finalmente
una conchiglia di vetro
e ardesia
fra le onde
trattiene la luce
come se il cuore
volesse perdersi nell’eco
lunga
di una lontananza
che regala
arcobaleni.
QUEL SAIO DI CIELO
Quel saio di cielo
a picco sul mare.
Quel tremito breve
di luna
sulle cose. Un’ombra
appena.
Su un ponte a navigare
con le stelle.
E ORA TU MI CHIAMI
Ritornando
da quel rifatto silenzio
un’ala bianca
solcò l’aurora in brividi
d’infinito.
E memorie
mi venivano incontro
con la voce del mare.
Passavano restavano indietro
a ridire salmodie inconsuete
nelle arcate di perla
delle conchiglie
glissando su tutte le corde
del cuore.
Il cielo intarsiato di lavanda
con ancora il profumo
della luna
scorreva le sue pagine
liquide di luce
sulla geometria dei pensieri.
Quali segreti nel lungo sospiro
del vento all’orizzonte?
E ora tu mi chiami
dal tempo che s’aggroviglia
come un ventaglio cromatico
sulle radici della vita.
Nell’umile bagaglio
dell’attesa.
NON SARO MAI SOLA
Non sarò mai sola
ad ascoltare il silenzio della notte,
né si perderanno i pensieri
sulla soglia del cuore
finché la luna sosterà
sull'arco dell'orizzonte.
Anche il sole ramato
che si specchia nell'ovale
di una pozzanghera
infreddolita dal gelo,
parla, oggi, nel tiglio
dalle foglie argentate di brina,
nel lungo sospiro solitario.
Nei passi ovattati dalla neve.
Non sarò mai sola
ad attendere l'aurora
con ancora le stelle
affisse al firmamento.
Finché sentirò il canto
dei canneti e nei cespugli
di rovi il pettirosso.
Lo scorrere del torrente
verso il mare.
E lo stupore dentro
la mia anima.
Mariangela De Togni, da “Fiori di Magnolia” Edizioni Helicon 2011
Mariangela De Togni, nata a Savona, è suora Orsolina presso l’Istituto Maria Immacolata di Piacenza. Insegnante, musicista e studiosa di musica antica. E’ membro dell’Accademia universale “G.Marconi” di Roma. Ha pubblicato numerose raccolte di versi: Non seppellite le mie lacrime (Seledizioni, 1989), Nostalgia (Seledizioni, 1991), Una voce è il mio silenzio (Ibiskos Editrice, 1995), Chiostro dei nostri sospiri (Ibiskos Editrice 1997), Profumo di cedri (Ibiskos Editrice, 1998), Un saio lungo di sospiri (Ibiskos Editrice, 2000), Flauto di canna (Ibiskos Editrice, 2004), Nel sussurro del vento (silloge inserita in Quaderni di letteratura e arte Angeli e Poeti n.9 Guido Miano Editore 2005). Nel silenzio della memoria, silloge inserita nella mini-antologia Le Visioni del verso (Helicon Editrice 2008). A questo farà seguito Cristalli di mare (Ibiskos Editrice 2010). E’ presente nel Dizionario degli Autori Italiani del Secondo Novecento (Helicon 2002), nelle Storia della Letteratura Italiana Contemporanea (Helicon Editrice), nella Storia della Letteratura Italiana(Guido Miano Editore 2005), nel Nuovo Dizionario della letteratura Italiana (Helicon Editrice 2010), in agende e antologie di poesia contemporanea. Suoi testi poetici sono pubblicati su diverse riviste. Ha ottenuto numerosi premi e segnalazioni di merito in concorsi letterari. Tra i più recenti: “Le Stelle” (Savona), “Abbazia del Cerreto” (Lodi), “Borgo Ligure” (La Spezia), “Premio alla Carriera” (Santuario Madonna di Gaggio), “Val di Magra – Roberto Micheloni” (la Spezia). “Borgo Ligure” (Santa Margherita Ligure),“Città di Salò” (Salò) “Portus Lunae” (Sestri Levante). Inserita in “Lettera in versi”, rivista on-line di Bombacarta a cura di Rosa Elisa Giangoia e Margherita Faustini. Scrive nel sito di Poeti e poesia.
L'opera prima di Sylvia Pallaracci è un tuffo a piedi pari nei sensi. L'autrice si racconta espellendo,tramite la parola,tutte le possibili sfumature che il corpo riflette nella sua immagine ferma. Dalla sua posizione in apparenza immobile, ogni variazione si moltiplica addensandosi, pervadendo il lettore di contenuti che lo rendono intimamente partecipe di ciò che avviene, analizzando dettagli con occhio profondo eppur distaccato dall'evento. Riflette fra sè e sè Sylvia, trae conclusioni, dà avvertimenti, cita se stessa per timore di non essere ricordata, si autoafferma moderandosi talvolta, esagera l'impeto del corpo e della mente come costretta a soccombere ad un limite da non superare mai. Ferma eppure in movimento, essa vive una condizione innaturale della normale attitudine al dire di più, tenta i passi laddove non si cammina, cerca acqua dove c'è deserto. Si spinge sempre oltre, cosciente di non riuscire mai ad andare dove vorrebbe se non ferendosi o ferendo. Una poetica che pare si possa toccare, versi traino di una vita concreta che sembra mancare di leggerezza. Per non disturbare nessuno, le parole girano su se stesse sebbene non risparmiando, chiamando in causa compagni di strada distratti, promesse non mantenute, avventori di passaggio. La vita osservata, il corpo in mutevole subbuglio, la carne che brucia le migliori intenzioni e la fatica del credere che si può vivere entrando ed uscendo da una ferma immobilità materica per conquistare l'impalpabile e il non visto, il non detto, la verità. Gridandolo a voce alta.
Federica Galetto
Conditio sine qua non
Mi scopro sempre
qui, nell’alveo che converge
tutta la mia discendenza
ruvida e al femminile;
il puntaspilli di un rovescio
di mano in disuso
di prudenza
Dico e mai disdico
che la verità non sempre è vera
che ho amato ogni volta
le cose imperfette
perché al contrario
ho rilevato forme irregolari
mi sono riempita
di un irrequieto chiedere
per svuotarmi
di uno stentato esistere
l’indole mia reclama una pietà
che appartiene solo a me
e alla mia indecente anarchia;
altro non è dato sapere
e col dorso spigoloso del polso
ora asciugo le labbra
da tanta logorrea
Di me dite solo questo:
“Essere stata è la condizione
perché lei sia”
Eclissi
Fu così che ci inginocchiammo
intrisi di gloria e martirio
a cercare nell’esitazione della carne
il collasso della luce
scivolammo fragili
dentro percorsi inviolati
senza lasciare tracce
dei nostri gesti
indelebili
Così ci inginocchiamo
e scivoliamo fragili
mai stanchi
di vivere e morire
Fuggevole
Come l’ago
che imbastiva la trama
e mai bastava a (s)velarci
le parole
mi faccio piccola
perché tu abbia ora paura
a smarrirmi
perché quando entravi tutto
nel mio ventre
ti era difficile immaginarmi
altrove
È solo questione di…
Lasciami dimenare
dalle tue tregue
che mi riprendono
senza voce
e fammi scivolare a ritroso
dove il tuo fiume s’infiora
Curvami all’indietro
e risalimi
come un destino gelido
che rovina dentro il fuoco
Non è la mia voglia
che ora ti impone
ma l’inclemenza della tua gravità
sulla membrana che ci separa
E' solo questione di
Fiera, allo schiocco di frusta
mi volto
in uno scatto che prescinde
permessi e aduna pretese
nel tuo nome
urgenza selvatica di bruna ninfea
cuoriforme mi sfoglio
sulle contrazioni del tempo
all’infinito
e mi sei carne
Tacchi a spillo per l’estrema unzione
Non meravigliarti ora
se non riesci più
a trovarmi
chinata, a racimolare pietre
che accumulavano sabbia
hai sottovalutato
il rosso incerto delle profondità
e ti sembrò d’esser salvo
in quell’andare quieto
d’ombre agli angoli;
ma tu non sai la bellezza
che disvela una tenebra
quando una scheggia di sole
insidia i tramonti
non distingui quel tremore
di tacchi
nel continuo cigolio
delle spallate alla mia porta
[un solo gesto galante
le sarebbe olio naturale]
e tra un acuto e un basso
di gola, ti lascio
alla notte che semina e matura
i frutti che ti nutrono
alle spine
Dove ritorna la mia storia
Mi aggrappo al tuo corpo
come a un diritto naturale
e ti provoco l’amore
che mi dai
sottovoce
portando ai limiti
dell’inflessione i sottintesi
le tue labbra si disfano
con quella grinza che mi stende
e mi rimpolpa
i sensi
assuefatti alle ossa
mani rapaci -quasi crudeli,
per salvarmi-
afferrano i fianchi
sfrontata allento la presa
e mi lascio (s)finire
un nervo affilato di piombo
e mercurio attraversa le scapole,
mi scinde e mi precipita
fra inferno e paradiso
mentre mi faccio tempo e spazio
senza misura, per contenere
ciò che di te non si trattiene
perché tu sei sterminato,
simile alla terra,all’acqua,al fuoco
al ventre di mia madre
La costola di Adamo
io ti piango dentro il fianco
l'amore, che scava un punto
dove potermi ritrovare,
sola
tu fai un sospiro
come l'ultimo ruggito di un secolo
che non mi è appartenuto
quando eri custode fedele
di nicchie a fiero emblema di eventi
ti chiesi perché
scegliemmo i nostri occhi
per lasciarci dietro dio
e inchiodarci all' esistenza
tu non sapevi
io già non volevo sapere
e fu così che venimmo a patti
con le assenze, tra un punto e l'altro di sospensione
Sylvia Pallaracci nasce nel 1976 a Foligno – in provincia di Perugia – dove tuttora vive e lavora, occupandosi di scienze mediche.
Scrive da sempre, ma solo nell’età adulta ha scelto di portare in luce la sua intima passione, partecipando ad iniziative e concorsi letterari nei quali ha ricevuto premi e consensi da parte della critica.
Sue opere sono presenti in antologie poetiche; scrive inoltre per diversi blog e riviste culturali, alle quali collabora anche come recensore.
In Sylvia l’essere coincide con il sentire. Il suo dire attraversa e gela il fuoco e un’attenta distrazione la conduce incessantemente a perdersi – fino a scomparire – per ritrovarsi ogni volta, ininterrotta, nella parola.
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ESTATE 2009 ____________________§
Qui troverete Poesia e Scrittura contemporanea (e non) di autori italiani e stranieri scelti.
A chi vorrà seguire questa meravigliosa avventura auguro una buona permanenza qui e una buona lettura, in compagnia di penne che non saprete dimenticare.
Sono di poche parole in questa occasione, lascio che siano le voci degli Autori a parlare. Accomodatevi e tirate un lungo respiro; entrati in questa stanza i rumori esterni si attutiranno fino a svanire e allora, allora, avrete chiaro perchè vi trovate qui.
Federica Nightingale
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