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Traducendo Einsamkeit

STANZE DEL NORD

SCORRONO LE COSE CONTROVENTO di FEDERICA GALETTO

ODE FROM A NIGHTINGALE - ENGLISH POEMS

A LULLABYE ON MY SHOULDER di Federica Nightingale

EMILY DICKINSON

venerdì 9 luglio 2010

GIUSY DI FATO





Rodney Smith















discernimento



distinguo tra il bene e il male

tra l’incedere e lo stormire dei passi quelli del fare

senza esporsi troppo alla vertigine di un quadro

copia carbone di un Toulouse ultima maniera


quella zona d’ombra, quel franco confine

dove tutto é sacro persino il nulla profano

prostrarsi davanti a nudità di sale fino, al prossimo

baratto delle mani, come tra vergini convenute a nozze


sette per l’appunto savie, meno due che rimasero

a macchiarsi il volto dentro il tre, Santissimo dei santi

riscattando con l’olio dell’inganno il vino, santo

brulé, lacrima Christi, da pasto o da pastura che non lava


l’anima dalle notti sui registri, a fine corsa

ci sarà il tempo per la resa, dei conti ne faremo un fascio

per “profumarci il petto e il crine” ma cadrà di Sabato

perciò terremo accesa la lanterna ché lo sposo ritrovi


la sua casa




*



se tengo a mente



Se questo è amore


allora, Maria Antonietta che converge sul viale

degli illustri, è quasi al tramonto

(ed anche il più bello)


lì dove la pulzella

cade

brucia

nel suo petto

la fiamma

( il marmo vince, pensò la rondine tornata

dalla guerra)

in un giorno di sole

neanche tanto ventoso, e

non sembra vero

testata giornalistica compresa!


quel ricucirsi le mani, lontane anni luce dagli odori

delle orbite nei muri,

sulle asole del cuore

riposa l’impasto


ché le parole tengono insieme i sogni, mi suggeriscono le anime progresse

e, si allacciano alle tempie


sul giocai giocammo a nascondino

(fidandoci del bene che non si perderà

se tengo a mente il cinque)

prima che il pane

se resti ora che è sera


comprasse il pegno del peccato




*



di me


così mi lasci orizzontale al pulsare

di meccaniche celesti, più sulla punta di un rosa

senza volute se non boccioli di spine e di me

qualcosa ricorderà l’inverno col suo gesso


forse il centro oppure quell’ellisse meno un no

forse la mano che torna scalza lungo

la siepe senza potatura, certo!

che come un randagio ai lati della bocca


avrei potuto indossare un futuro, il primo a caso

solo per rubare all’assenzio la sua giacca

e frantumarci dentro la vertigine del giorno

con quel suo bianco occhieggiare dal proscenio



ma chi riempirà la mia alcova dopo … ?



dopo



vorrei che la forma del ventre avesse un nome

finalmente






Giusy Di Fato ©





Biografia:

Giusy Di Fato nasce a Catania nel 1967. Ha frequentato gli studi classici e scrive da quando aveva dieci anni. Dopo un lungo periodo di silenzio,riprende a scrivere due anni fa. L'autrice dice: "Ho compreso quanto "l'impermanenza", sia l'unica cosa permanente (quindi dobbiamo cercare di essere più veloci, della veloce mutazione che permea ogni istante della quotidianità)".
Ama la fotogarafia e leggere.
Sue poesie sono state pubblicate sull'Annuario dell'Accademia Eliodoro, sull'agenda Le Pagine del Poeta 2009 e 2010, nell'antologia edita da Penna d'Autore e dall'Aletti editore.

1 commento:

ecatmel ha detto...

avvolgente fino ad entrarti dentro... bravissima Giusy!

Mirella

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