La Poesia di Meth Sambiase si
racconta e si lagna, s’infervora e si redime, s’appende ai sogni e si rassegna, il tutto in un’atmosfera di
mesta rivoluzione che vuole vincere ma non dimenticare.
I versi brevi contengono le
verità del poeta, nell’intensità espressa con un piglio talvolta candido,
talvolta agguerrito di chi cerca una giustizia ed una verità non lontane ma
forse, proprio per questo irraggiungibili.
La vita, segreto e grata
soffocanti, tiene racchiusa in sé l’instabile e il non vissuto mentre le
illusioni persistono nel configurare percorsi di cui fidarsi ancora, in un rito
quotidiano votato alla speranza di una vittoria, una riuscita migliore.
I versi racchiudono molto desiderio di uscire
allo scoperto per riscattarsi dai tranelli dell’esistenza, la forza di imparare
ancora per sbagliare ancora, o forse di ritornare indietro e guardare ciò che si è
fatto e ricordarlo come fosse la prima volta.
Cammina da sola Meth, anche senza il conforto degli ideali comuni e dei
progetti. Pensa ad alta voce. Scende e sale in un percorso disseminato di
schegge che feriscono e guariscono, lenite dagli intenti di mostrarsi nella
luce e nel riscatto. Una Poesia fatta di
coraggio e lucida analisi che mai si perde nello sconforto ma rema contro e
avanza, in un senso circolare di vita perpetua e imperfetta che vale sempre,
comunque, la pena di essere vissuta.
Federica Galetto
(D’un tratto dovetti cantare –
e non sapevo perché.
-La sera però piansi lacrime amare.
Else Lasker-Schuler)
*
Storie si dondolano
si sentono tra le grate, si,
come altalene che oscillano e forano
ma la rimembranza è il viaggio d'andata
e la s'imbusta
io
tu
mai noi
forse un arcipelago forse un umano vulcano
una giornata che deve quadrare
una quadra, una conta
e conto uno
e conto un errore
uno specchio d’inganni
ma devo mostrarmi:
lascia che mi illuminino e possa risplenderti.
*
Anche i gatti sono sacri
seppur distratti, come mia madre di ventre
che mi ha perso quando sono nata
nella nidiata sotto un cavolo cupo
e non mi ha ancora ritrovata.
*
Insonne pensa all'inferno
che potrebbe essere vivo davvero
nell'oltre di un sonno perso
così l'immagina, tappando gli occhi le finestre,
dai segreti e dalle grate come meandri
soffocanti per l'immensa vita non vissuta,
in recessione di prudenza e stagni
dove dorme, e manualmente
s'oppone o si converte alle voglie
a groppa di cause perse e perdute
le radici d'illusioni malnate
in poco respiro, ruotando in ogive perfette.
Ruotante, ha comprato dei semi
e dei raggi di luce nuova
che appenderà perpendicolarmente
alla quadreria dell'ultimo letto,
quasi un capezzale del purgatorio
dove genuflettere e chiedersi perdono
ma Giuda era ad un tiro di schioppo
e ha figliato come le perle nei fiumi.
*
Allora lei, aspetta di risorgere
così tornando indietro bestemmierà su se stessa
artigliando con le unghie
ma il viaggio sarà breve
- siate comodi -
dalla riva del Nilo al suo delta
solo un volo di mosche
a perdersi in una resurrezione.
******
Due estratti da Leporis, (in)canti matrigni
******
Ho visto di notte il mio trapasso.
Ero al centro del vortice
tu mi sorpassavi
e quadravi la mia spirale.
Avevo un ragionevole ronzio
che mi assicurava al mondo
come anarchica sognatrice.
Mi hai indicato
e son caduta dalla tana delle spine.
*
E' nel limite
pur si gode la forma che dissolve
una curva piena d'acqua
e fra le mani le cosce, a contare
il trascorrere corporale del disgelo
e tu dici che la colpa è nell'essere
di marzo nata in sottoveste
ghirlanda di sirena in allarme
che gode a girare le spalle e gli abiti
a chiazze di chimera negli armadi;
il canto della nuova stagione
se arriverà, ne scioglierà di brina i sensi.
Biografia:
Meth è Simonetta Sambiase.
Studi artistici (MIchele Sovente come docente di Letteratura contemporanea) e la passione della scrittura. Ha vinto nel 2011 il Woman in Art, sezione poesia, presidente della giuria Milo De Angelis da cui nasce il libro con la raccolta vincitrice Coniugazione Singolare, postfazione della giuria del WIA
Nel 2012 è stata segnalata al premio Giorgi, ed è stata scelta nel concorso per la V edizione di 8 poetesse per l'8 marzo. E' fra i finalisti del premio Verba Agrestia X edizione 2012, II Posto al Concorso di Poesia Città di Fusecchio 2012.
Libri di poesie pubblicati: Tempo inaspettato e Una Clessidra di grazia, edizioni Rupe Mutevole.
Una Clessidra di Grazia ha ottenuto il terzo posto del premio Leandro Polverini del 2011.
A dicembre 2011, la plaquette Leporis (in)canti matrigni, edizioni Limina Mentis.
E' stata segnalata nel 2011 al XIII premio San Vitale di Bologna e al II Premio Franco Fortini
Varie partecipazioni in antologie, le ultime in uscita sono A che punto è la notte, Ai Propilei del cuore, Edizioni Cfr, e Il Coro, edizioni LunaNera.
Ha curato i progetti culturale di Duplice complice e Senza abbassare lo sguardo, Fibrarosa (inserito nei Biblioday 2012 di Reggio Emilia)
Tra le cose del passato, presenze in alcune antologie, fra le quali Fragmenta, della casa editrice Smasher, per il progetto di Ulteriora Mirari e alcune raccolte di Poesiaérivoluzione, Aletti Editrice, Edizioni Rei e Samperi editore; nel web, l'antologia erotica di Vir-Us.
Varie partecipazioni fra cui ama ricordare Le strade della Poesia di Guardia Lombardi e Poesia a strappo (Crema)
Cura la pagina poetica ElegiaStella sul sito RainStars.net, ed è redattrice del blog culturale WSF.
I suoi blog di poesie e pensieri vaghi sono su Io bloggo e WordPress
Ho scritto
questa poesia dedicandola ai miei nonni: Maria e Federico. Vissero insieme per
breve tempo poiché mio nonno, a seguito di un incidente sul lavoro, perse la
vita poco più che trentenne, fulminato mentre riparava una centralina
elettrica. Mia nonna, donna forte e straordinaria, sarta finissima, crebbe due
figli da sola e visse qui, nella casa dove ora io vivo, senza mai più
risposarsi. Li ricordo con un affetto immutato e delicato. La sera, quando
scendono le ombre, i loro passi mi fanno compagnia e il loro ricordo s’addensa
e mi culla.
CASA DI
PERDUTO SONNO
In questa
casa di perduto sonno,
che la
nebbia in fioca luce respira appena,
e le
finestre di colli
e le
pianure allargate sul Tempo spurio,
i rumori
quieti su per le scale di ripida memoria.
La voce
degli alberi s’allena nel vento,
cielo scuro
puntellato di stelle,
colmo il
soffitto d’intraviste storie
appese a
vagolare rimpianti d’estate.
Sulla
terrazza una faina s’addorme,
stanca di
rincorse ai tetti,
riemerge il
fiato stillato nell’aria ferma.
Shhhhhhh…si
svegliano i bambini
scarmigliati
e inermi,
un
abbraccio inghiottito è fantasma,
le gonne
imbastite sul tavolo,
i gessi e i
fili da punto perfetto
sul comò
della sposa.
Vuota la
sala prove nel salotto buono,
le ombre
delle signore eleganti si rincorrono
e tu china
a imbastire orli come scultura
mai
scalfita che t’affanni, senza uomo né
vita, a
vestire sogni d’altri.
In questa
casa di perduto sonno s’accorcia
la distanza
e la luce, un lusso che prese
la sua vita
e la tua nel giorno più lungo
della
giovinezza remota, quando aspettavi
sulla
soglia il suo ritorno, l’abito verde acqua
con collo
di pizzo e mio padre a corrergli
sulla
strada incontro.
Vi vedo
ancora abbracciati nel sole di maggio
dove nulla
scopriva il futuro e la vita
sbocciava
robusta, fra i boschi e i campi,
quando le
cicche spente fra le labbra ornavano
un sorriso
a metà, i bambini ridevano allacciati
al collo e
nell’aria il profumo di tiglio infieriva
Non
so. Forse le cose raccontate sono vere, o solo sono raccontate affinchè
diventino tanto vere da diventare fantasie temibili, incubi da cui mai
lasciarsi prendere. Se delle volte mi fermo a pensare alle peggiori ipotesi,
allora esse diventano vere, tangibili, e mi sembra in un breve lasso di tempo
d'essere diventata quel pensiero, quella indesiderata cosa. Poi, altre volte,
credo davvero di non essere influenzabile e mi sento tanto forte da poter
eludere orchi e draghi e spade puntate al mio petto. E non mi credo, non mi
presto attenzione, mi derido. In fondo la mente si plasma con il pensiero, e se
potessi pensare e plasmarmi nella donna perfetta, sarebbe tutto risolto. Ma non
mi curo del presente e del vero significato del male, mi accetto per come sono,
nel senso che mi amputo gli arti e la lingua per non credere all'evidenza. Mi
distraggo a pensare che sono solo falsità della mente quelle sofferenze e
imperfezioni e allora le percuoto, le sfiguro, le seziono come facevano i
killer nei libri ottocenteschi, nell'ombra dell'orrore e della paura, intenta a
trovare una via di fuga senza essere vista, senza essere presa dai gendarmi che
mi braccano in lungo e in largo. Le lacrime siedono sempre a guardare le mie
imprese; dietro le ciglia, fra la gola e il respiro, esse palpitano e seguono
le mie vicissitudini senza mai staccare l'attenzione, senza mai inveire contro
me quando sbaglio ed eccedo nel trasformare le idee. Quando mi alzo e cerco di
camminare senza ruscirci mi sento in gabbia, catturata, presa e senza
possibilità. L'adattamento mi rende nervosa e incomincio a non saper più
eludere efficacemente le verità e le cose raccontate. E' un pò come vivere in
libertà vigilata, con paletti intorno a limitare i movimenti e le lacrime,
stoiche, a far la guardia. Se osservo qualcuno fare ciò che io stessa vorrei
fare, è come un ricordo che affiora, e mi sento come quando potevo correre:
senza mai averlo raccontato ad anima viva.
I versi di Hanxhari hanno un impatto visivo potente. Difficile leggere senza che la mente scorra davanti a sè un turbinio di immagini più o meno piacevoli. L'emozione viene filtrata dall'immagine e dall'immaginario dell'autrice che riesce così a raggiungere il lettore. Alacremente, come gli insetti che pervadono i suoi versi, Anila lavora nell'osservazione dei propri mondi interiori tentando di cederli all'esterno senza mai arrendersi all'ovvio o al già sentito. Spesso le metafore accolgono un'impronta disturbante, talvolta fuorviante, e seguono percorsi di consapevolezza poco battuti. Non è una lettura di facile comprensione, non immediata almeno. Sempre ammesso che la Poesia vada capita. Qui si capisce poco e si immagina molto, si guarda un cortometraggio interessante di breve durata ad alta intensità. Il "vecchio che nasconde le briciole nella barba" diventa un'icona della passione umana che va per il mondo accogliendo i resti del vissuto, e pare quasi di sentirla quella "risata muta dei ragni", di provare profonda pena per i "mozziconi di farfalla", perchè la vita ci mette davanti ciò che non vogliamo affrontare, fino a quando siamo costretti a farlo:
I corvi mi hanno mangiato i piedi Mi hanno costretta a volare
Mi fuoriesce l’erba in sciame
Mi fuoriesce l’erba in sciame
Di api che nevicano ombre d’altare
Qualcuno mi strappò la placenta
Per chiedermi del sonnambulo
Dei crampi di quercia giù per la pancia
Con l’ombra cieca come grano di talpe
Che sbatte su e giù per le pietre dei fiumi
Tanto da strizzare l’uomo
Che come prete lo confessa
E appoggiare il capo nudo
Quando le spalle rese sorelle
La riconosceranno come proprio
La lontananza che dà il castigo
È la stessa che ha gli occhi allenati al furto
E al crocifisso
Uscendo dalle pagine sapevo
Un segnalibro porta vento
Io nascevo a singhiozzi
In una casa condivisa da ospiti
Su cento alberi e un brano
Raggiungendo la libertà senza parlarne
Con la valigia di veli a luce piatta
Malgrado il falegname di esili
Scolpiva la dote della Venere
Avevo mozziconi di farfalle
Le persiane sconfitte dai tamburi
I pezzi del mare ammucchiato
Fra i banchi
In un brivido a ombrello
I corvi mi hanno mangiato i piedi
Mi hanno costretta a volare
A fare orli di donna con i seni
A sfamare di latte gli angeli
E l’impasto crudo dei passi
Origliando il grido che raggela e tinge
Le maschere di lieviti dei profeti
Sull’ombelico bruciato delle cagne
L’ora che spera di durare l’amore
Nell’incognita mi decifreranno il passaporto
E la mia indoli segreta di sopportazione
Io che sono nata dal drink di due calici
E dalla risata muta dei ragni
Da quando mia madre gli stava alle calcagna
Ho compreso gli artigli sui muri
E una toppa sui naufraghi
A furia di arredare fiamme
Non ci sono più nascondigli
Tutto si gioca
Facendo finta di calarsi dai volti
Tutto ciò che passa ricomincia da solo
La nostalgia è mettere in ordine le albe
Dentro un vecchio che nasconde briciole nella barba
E una ruga sul guanciale
Ha ancora denti di latte
Un tatuaggio di rami sulla fronte
Passa una mano tra i capelli
Pettinando gli anni intoppati
Tutto ciò che passa ricomincia da solo
Su un cerume di luce nelle unghie
Prima di andare mette le ciglia sull’erbario
La lingua sotto la parola
Lo alzerà e scorreranno insetti dappertutto
Come albe
Per accordare le dita ingiallite nella saliva
La caduta della pelle sotto i peli
Ha i figli su un rene li lascia e si rilassa
Il vecchio è una nostalgia di posacenere
La nostalgia è un vecchio rilegato.
Anila Hanxhari
poesie tratte da "Cicatrici d'acqua" (ed. Noubs)
Biografia:
Anila Hanxhari è nata nel 1974 a Durazzo (Albania), vive a Lanciano (Chieti). Ha al suo attivo per la poesia le raccolte Io tu e l’anima Ed. Ianieri, Assopita erba dell’Est (Noubs, 2002), Cicatrici d’acqua (Noubs, 2007 - prefazione di Giuseppe Conte, con una nota di Massimo Pamio), è presente nell’Antologia “Nuovissima poesia italiana”, a cura di M. Cucchi e A. Riccardi, Mondadori, 2005. Nell’antologia “ I poeti Italiani per l’Abruzzo e l’Aquila” Ed. Tracce. Sue poesie sono apparse su “Lo Specchio de La Stampa”. Ha vinto vari premi (tra cui il Premio Camaiore-Proposta 2002, il Premio Matacotta opera prima 2003, concorso RAI Miss Poesia 2006, il Premio Valle Senio, il premio Poesia nella vita 2011)e tanti altri, è stata invitata in diverse manifestazioni letterarie (tra cui il Festivaletteratura di Mantova 2006). È Presidente dell’Associazione Culturale “Italfida”, con cui ha ideato e curato molte rassegne di letteratura e arte. È anche pittrice presente in diverse mostre collettive e narratrice. In uscita "Brindisi degli angeli" (La vita felice)
Catherine Earnshaw, may you not rest as long as I am living! You said I killed you—haunt me, then! The murdered do haunt their murderers. I believe—I know that ghosts have wandered on earth. Be with me always—take any form—drive me mad! only do not leave me in this abyss, where I cannot find you! Oh God! it is unutterable! I cannot live without my life! I cannot live without my soul!
Catherine Earnshaw, possa tu non trovare riposo fintanto ch’io vivo! Dicesti che t’ho uccisa, perseguitami dunque! Le vittime sempre perseguitano i loro assassini. Io credo, io so che i fantasmi hanno vagato sulla terra. Sii sempre con me, prendi qualunque forma, rendimi folle! Solo non lasciarmi in questo abisso dove non posso trovarti! Oh Dio! Non si può esprimere! Non posso vivere senza la mia vita! Non posso vivere senza l’ anima mia!
Da “Cime Tempestose”, traduzione di Federica Galetto
VAGA SULLA MIA TERRA LO SPIRITO TUO
Ululando
a fiotti si riversa il vento
nelle valli incise dalla stretta culla
d’un immenso cielo.
Piove a gocce la nube in attesa
e nel cigolare d’un sogno
s’avvita la notte ad aspettar sereno
Schioccando tuoni.
Gettata di luce sul limite vuoto
ove l’occhio sprofonda
il lume ad olio attende
Cercando oltre il buio
la fiamma si flette
e invoca
con cieco furore il suo Nome
E ghiaccio rapprende
sul cuore un cristallo
fantasmi atterriti
di urla spogliati
che pallidi scuotono l’eco deforme.
Nel sonno di veglia appaiono muti
danzando tra fiocchi di neve impazziti.
Un pensiero rapito rifugge il ricordo
D’Amore sepolto s’annienta lo sguardo
e voce risuona in fioca armonia
carpendo la mano all’addiaccio protesa
chè folle la notte fuggendo s’invola
ingoiando nel fiele un Nome ch’è Amore
Tra fiocchi gelati in eterno vagare
Per sempre a perire.
Federica Galetto
Poesia presente sull'antologia del Premio letterario De Leo - Bronte, Edizione 2012
Anne Wardrope (Nott) Brigman (1869-1950) è stata una
fotografa americana e uno dei membri del movimento Foto Secessionista americano
(Photo-Secession). Le sue immagini più famose furono scattate tra il 1900 e il
1920 e i suoi soggetti rappresentavano nudi femminili ritratti in contesti
naturalistici e primordiali.
Molti suoi scatti furono
realizzati nella Sierra Nevada in località attentamente selezionate e ritraenti
pose plastiche elaborate. La Brigman spesso ritrasse se stessa. Dopo lo scatto
ritoccava i negativi con il colore, le matite o la sovrimpressione di immagini.
La fotografia deliberatamente
contro tendenza della Brigman suggerì il concetto di liberazione femminile e lo
stile bohemienne e il suo lavoro cambiò le regole e le convenzioni dell’establishment
culturale abbracciando invece il concetto di paganesimo antico.
La cruda intensità emozionale e la
barbarica forza delle sue foto contrastava con la calcolata compostezza delle
immagini di Stieglitz e altri fotografi moderni. Stieglitz fu, nonostante
questo, uno dei più noti sostenitori del lavoro di Brigman e contribuì in modo decisivo
al suo ingresso nel movimento del Photo-Secession, basato sul principio che il
senso di una fotografia non era da ricercare in ciò che appariva di fronte alla
fotocamera, bensì nella manipolazione dell'immagine, da parte
dell'artista/fotografo, per realizzare la sua visione soggettiva. Il movimento contribuì
ad elevare gli standard e la consapevolezza della fotografia d'arte,
contrapponendosi al Linked Ring, un altro gruppo esclusivamente britannico
separatosi dalla Royal Photographic Society.
DI POCE E I PENSIERI, SOSPESI FRA PROSA E POESISMI
di Stefano Elefanti
Poesia. È il primo elemento che viene alla mente leggendo Poesismi e pensando a Donato Di Poce. Un artista innatamente poliedrico, partito proprio dal genere poetico e approdato, alla fine degli anni Novanta, all’aforistica senza abbandonare mai l’attività fotografica (“Il poeta vede l’invisibile / Il fotografo fornisce le prove”) e la critica d’arte, di cui è esperto conoscitore e che ritorna in alcuni pensieri(“L’arte entra nell’anima / La musica penetra ovunque”; “L’arte non è né un piacere / né una ricerca di verità / L’arte è una necessità”).
La poesia è presente in ogni frammento dell’opera e spesso s’individua tra gli argomenti più frequentati dalla silloge mentre, in altri casi, essa pare avvolgere l’aforisma donandogli un’aura magica e, a tratti, quasi onirica (“Gli occhi dei poeti / Sono trappole di sogni”; “I poeti sono colpi di vento / Che cancellano le parole / Con un respiro”); proprio questa ibridazione tra due generi che sono ritenuti storicamente opposti e inconciliabili, è alla base della raccolta: qui, la piatta serietà contenutistica della forma breve incontra il linguaggio analogico e attraente della poesia, dando così vita ai Poesismi, in cui il concetto è associato alla preziosità della struttura e giunge al lettore sotto questa nuova veste, come aforisma poetico (“Tutti cercano la poesia / Ma solo i poeti / Sanno andare oltre”). La scelta stessa di disporre gli aforismi in versi senza però prevedere una regolare cadenza metrica, significa un’attitudine alla versatilità artistica e, in questo senso, Di Poce si conferma un autore costantemente in bilico tra prosa e poesia.
Questa continua ricerca d’innovazione appartiene all’ambito dell’aforistica poetica, corrente letteraria di cui Di Poce è l’erede e che annovera talenti come Sbarbaro e Merini. Nonostante ciò, egli non tralascia di applicarsi ad alcune forme classiche del genere breve: appaiono così anche sentenze più pragmatiche e amaramente ironiche nelle quali echeggia la massima di derivazione francese, in particolare nello stile pungente e cinico oltre che per il concetto pratico che trasmettono; esse sono, in questo senso, come intuitivi lampi di verità in un cielo di ovattata astrattezza (“Il segreto della felicità eterna / È di vivere sogni a breve termine”; “Persone si nasce / Uomini si diventa”).
Se l’incertezza era dominante e chiudeva Nuvole d’inchiostro (“Io non ho certezze / e non ne sono / nemmeno sicuro”) il tema resta aperto in Poesismi (“Da sempre cerco / Il senso della vita / Ma qualcosa mi sfugge”), lasciando spazio a Di Poce per spingere la creatività oltre i propri limiti, verso una profonda analisi interiore che indubbiamente avvince e conquista il lettore (“Si scrive per lasciare un segno / Si cancella per scavare tracce di verità”). Oltre alla poesia e al ruolo del poeta, altri temi trattati nella silloge sono la musica, la follia, l’arte e l’amore ma non mancano anche componenti paesistiche ed elementi naturali come il vento, i fiori e gli animali.
Il titolo della raccolta è un omaggio all’efficace neologismo, pensato da Adriano Petta nel 1999 proprio per descrivere gli aforismi di Di Poce, ed è adeguato a presentare questa nuova forma letteraria, la quale, una volta lasciate alle spalle le rigide divisioni di genere, comprende al suo interno delle variazioni che spaziano dalla massima aforistica al frammento poetico e, continuano poi, fino all’appuntito epigramma. Sul tema è decisamente interessante la presentazione al libro, scritta da Fabrizio Caramagna e tesa a ricostruire in breve le origini e le caratteristiche dell’aforisma poetico.
Poesismi è pertanto un felice connubio letterario, capace di attrarre per l’immediatezza e la piacevolezza di lettura ma anche di far pensare, poiché esso è abile a lasciare in poche righe, com’è consuetudine del genere, qualche traccia di sé dopo avere chiuso il libro.
Sebastiano Patanè legge la mia poesia "Dolore". Un regalo prezioso che vorrei condividere. Grazie Sebastiano, la Poesia è un'emozione grande, una nota salvifica, un racconto silenzioso che canta nei suoi accapo, ma quando la si legge mette le ali e arriva davvero al Cielo.
"Toads and Water lilies" è una poesia di Vera D'Atri tradotta in inglese da me e dalla poetessa americana Leticia Austria. La bellezza del testo originale, la passione per la traduzione, l'unione di tre voci che si sono sentite armoniche e vicine hanno dato l'input a questo lavoro. Questa lettura da me eseguita, vuole essere un omaggio alla poetessa Vera D'Atri e anche a tutti coloro che vorranno avvicinarsi per ascoltare i suoni che la lingua inglese ci restituisce e ci dona verso dopo verso, in un susseguirsi di dolci sussulti ed emozioni palpabili. Un giorno, credo tenterò anche di leggere il testo italiano originale se Vera vorrà, ma per ora vorrei regalarvi quello inglese, in una sfida a tutto tondo per me, madrelingua italiana. Colgo l'occasione per ringraziare ancora Vera D'Atri per avermi dato la possibilità di lavorare al suo testo e godere della sua bellezza anche nella versione inglese traducendo e leggendo, e a Leticia Austria che con grande sensibilità ha reso possibile la realizzazione pienamente riuscita di questo lavoro non semplice. Enjoy.
Federica Galetto
Il testo inglese:
Toads and water-lilies
Toads and water-lilies, barks with no heart.
The cartographer is not interested in all this.
The cartographer marks the limits, traces the coasts,
on his paper he makes everything small.
He gives the whole vision of the Earth, smoothing over
the ambiguity
of our perception.
He marks the sea in blue and the earth in green, in
brown the mountains,
in white the highest peaks, in pale blue the zigzag of
the rivers
and the immutable spots of the lakes, embellishing the
deserts with ochre.
Happiness of the Simple man. Readable ranges and
perceptible contrasts.
Toads and water-lilies, barks with no heart, do not
appear.
The minutia that tears apart, saturates the thoughts,
belongs to the Poet. To the Poet
no limits are given; he is free like a solitude
to capture the invisible and the elsewhere, or to
concentrate himself
on the mellow bareness of a lip, on the melancholic and imperceptible
wrinkle it wears after having smiled.
But I, who am a poet, would have liked being a
cartographer
if I had not known you;
I would have resolutely neglected toads and
water-lilies, barks with no heart,
just to remain within safe limits,
taking my chances with the true materials
and
artificial lines.
Traduzione
di Federica Galetto e Leticia Austria
Il testo italiano:
Rospi
e ninfee
Rospi
e ninfee, cortecce senza cuore.
Al
cartografo non interessa tutto questo.
Il
cartografo segna i limiti, traccia le coste,
sul
suo foglio rimpicciolisce ogni cosa.
Della
Terra dà visione intera placando
l’indeterminatezza
del
nostro percepire.
Segna
il mare in blu e la terra in verde, in marrone le montagne,
in
bianco i picchi più alti, in azzurro lo zigzagare dei fiumi
e
le macchie immutabili dei laghi, addobbando d’ocra i deserti.
Felicità
del semplice. Gamme leggibili e apprezzabili contrapposizioni.
Rospi
e ninfee, cortecce senza cuore non appaiono.
La
minuzia che dilania e satura i pensieri
appartiene
al poeta. Al poeta
non
sono dati i limiti; egli è libero come una solitudine
d’afferrare
l’invisibile e l’altrove o di concentrare se stesso
sulla
nudità pastosa di un labbro, sulla piega
malinconica
e impercettibile che assume dopo aver sorriso.
Ma
io, che sono poeta, avrei volentieri fatto il cartografo
se
non ti avessi conosciuto,
avrei
convintamente trascurato rospi e ninfee, cortecce senza cuore
pur
di restare entro limiti sicuri,
tentando
la fortuna dei materiali esatti
e
delle linee artificiali.
Vera D'Atri
Vera D’Atri è nata a Roma nel marzo del 1948. Vive a Napoli dal 1992. Ha conseguito il diploma di archivista all’archivio di Stato di Napoli. Solo dopo il 1997 si interessa di scrittura e ottiene una menzione di merito al premio Lorenzo Montano diciassettesima edizione con la raccolta Abitare Sparta, cui fanno seguito una piccola silloge poetica delle Edizioni della Biblioteca a cura di Giovanni Pugliese “Il museo di vaniglia” e nel 2009 la pubblicazione della silloge “Una data segnata per partire” edita dalla Kolibris di Bologna. All’attivo anche alcuni racconti pubblicati in antologie e un romanzo “ Buona bella brava” edito dalla Robin Edizioni nel 2010 e recensito da Enzo Rega su l’Indice dei libri. Suoi testi poetici compaiono in inserti culturali e numerosi blog. E’ presente inoltre nell’antologia “La giusta collera” edita da CFR ed è tra i vincitori dei concorso “La vita in prosa 2011” con un racconto edito nell’antologia curata da Ivano Mugnaini e del concorso “ Scrivere a corte ” sempre del 2011.
Leticia Austria è una poetessa statunitense che vive e lavora in Texas. Studiosa e appassionata di lingua e letteratura italiana. Scrive sul blog http://spectrumofperspectives.blogspot.it/
E' con grande piacere che ospito fra le mie pagine Anna Maria Curci con sue traduzioni di Christian Morgenstern. Sue anche le note di lettura ed esplicative.
§
Christian Morgenstern (1871 - 1914) compose i Galgenlieder (Canti della forca) durante il suo soggiorno a Berlino, iniziato nel 1895. Sono componimenti poetici che all'epoca furono riproposti con grande successo dai più celebri cabaret berlinesi. Successivamente, nel 1905, furono raccolti in volume. Dai Canti della forca propongo, seguita dall’originale, il Canto dei gabbiani.
Christian Morgenstern
Canto dei gabbiani
Han tutti l’aria, i gabbiani,
di avere il nome Emma.
Ratina bianca indossano
e di granaglie impallinar si fanno.
Non sparo, io, ai gabbiani,
vivi li preferisco - -
con pan di segale li nutro
e zibibbo rossiccio.
Umano, neppur per caso il volo
dei gabbiani raggiungere potrai.
Dovessi chiamarti Emma, accontentati
allora di aver pari sembiante.
(traduzione di Anna Maria Curci)
Möwenlied
Die Möwen sehen alle aus,
als ob sie Emma hießen.
Sie tragen einen weißen Flaus
und sind mit Schrot zu schießen.
Ich schieße keine Möwe tot,
Ich lass sie lieber leben --
und füttre sie mit Roggenbrot
und rötlichen Zibeben.
O Mensch, du wirst nie nebenbei
der Möwe Flug erreichen.
Wofern du Emma heißest, sei
zufrieden, ihr zu gleichen.
Di Morgenstern trovo irresistibile la capacità di mettere in rima il sarcasmo, con un'attenzione formale che sembra contraddire, ma in realtà consolida e conferma, il suo slancio dissacrante. Proprio così, prodigiosamente e con esiti raramente eguagliati, il sarcasmo si fa 'leggero leggero', prende il volo e traversa epoche, giungendo a noi con la forza e l'impatto inaspettato di un allegro e sonoro manrovescio. Anche in questo vedo vicini Christian Morgenstern e Thomas Bernhard, il quale amava parlare di scrittura come "Selbstwatschen", "autoschiaffeggiarsi", ovvero, come mi è capitato di scrivere una volta, "Soliman rovescio". http://muttercourage.blog.espresso.repubblica.it/cronache_di_mutter_courag/2010/07/soliman-rovescio.html
Palmström, la poesia che appare qui nella mia traduzione seguita dall'originale in tedesco, è anche il titolo di un volumetto di poesie che risale al 1910 e il nome del personaggio di fantasia attorno al quale ruotano diverse poesie del ciclo.
Christian Morgenstern
Palmström
Palmström sta presso uno stagno
spiega un fazzoletto rosso:
Sulla stoffa c’è una quercia
ed un uomo con un libro
Palmström soffiarcisi il naso non osa, -
Di quegli allocchi è della schiera
che sovente, ratta e fiera,
del bello assal reverenzial paura.
Delicato lui ripiega
Quel che vien dal dispiegare,
E nessun maledirà
Se insoffiato ripartirà.
(traduzione di Anna Maria Curci)
Palmström
Palmström steht an einem Teiche
und entfaltet groß ein rotes Taschentuch:
Auf dem Tuch ist eine Eiche
dargestellt, sowie ein Mensch mit einem Buch.
Palmström wagt nicht, sich hineinzuschneuzen, -
Er gehört zu jenen Käuzen,
die oft unvermittelt-nackt
Ehrfurcht vor dem Schönen packt.
Zärtlich faltet er zusammen,
was er eben erst entbreitet.
Und kein Fühlender wird ihn verdammen,
weil er ungeschneuzt entschreitet.
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ESTATE 2009 ____________________§
Qui troverete Poesia e Scrittura contemporanea (e non) di autori italiani e stranieri scelti.
A chi vorrà seguire questa meravigliosa avventura auguro una buona permanenza qui e una buona lettura, in compagnia di penne che non saprete dimenticare.
Sono di poche parole in questa occasione, lascio che siano le voci degli Autori a parlare. Accomodatevi e tirate un lungo respiro; entrati in questa stanza i rumori esterni si attutiranno fino a svanire e allora, allora, avrete chiaro perchè vi trovate qui.
Federica Nightingale
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