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EMILY DICKINSON

martedì 28 settembre 2010

JOHN BARNIE - LA FORESTA SOTTO IL MARE








Collana Goldfinch - poesia gallese contemporanea
JOHN BARNIE, La foresta sotto il mare
Traduzione e introduzione di Chiara De Luca
ISBN 978-88-96263-34-1
pp. 126, € 12,00
http://www.kolibrisbookshop.eu/store/?p=productMore&iProduct=45






Artista camaleontico, con uno spiccato interesse per la fotografia e le arti visive, John Barnie è poeta, narratore, saggista e ha suonato la chitarra in numerose band di blues & poetry. Kolibris ha già pubblicato la sua raccolta poetica Tumulto in cielo, il romanzo in versi Ghiaccio, e sta preparando la pubblicazione dell’antologia di poesie scelte Gigli di mare. E presenta ora La sua più recente raccolta La foresta sotto il mare. Già soltanto i titoli di queste opere sintetizzano il movimento della poesia di John Barnie, il suo ampio, ambizioso raggio d’azione: dal cielo in tumulto, in cui attraverso una serie di incidenti, spesso minimi, reali o immaginari, storici o biblici, il poeta ritraccia l’intero percorso del genere umano, con tutte le ansie e le contraddizioni, le energie e le pulsioni che ne hanno determinano l’evoluzione, o involuzione; al ghiaccio che ricopre la Terra in un ipotetico futuro non lontano, seguito allo scioglimento dei ghiacci determinato dallo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali da parte dell’essere umano, condannato a vivere sotto terra, in tribù ridotte a lottare le une contro le altre in virtù di una stentata sopravvivenza. Nella Foresta sotto il mare John Barnie è di nuovo sulle tracce delle radici dell’umano, e Dio, assente in Ghiaccio, “Vecchio Burlone” pavido in Trouble in Heaven, torna, altrettanto improbabile ed evanescente, a osservare in disparte, nascosto o soltanto vagamente immaginato in lieve speranza. E il poeta continua la sua ricerca, stavolta armato di lente d’ingrandimento, tra le meraviglie in sordina del mondo naturale, tra le laboriose vite degli insetti e il travaglio dell’umano che barcolla tra le miserie del quotidiano e la minaccia della morte, tra la ben misera vittoria della sopraffazione sulla natura e le sue creature più indifese e l’inerme abbandono al proprio auto inflitto destino. Il poeta segue le tracce della vita, accoglie il rimbalzo dello sguardo sullo specchio fragile di una bellezza sempre minacciata. Coglie ciò che dell’integrità dell’origine riaffiora, come quei resti di radici e di tronchi, quegli anelli di corteccia testimoni di un mondo concentrico e complementare che altrove ancora respira: la foresta sotto il mare. La natura sommersa, assieme all’ipotesi di una città che in essa viveva e prosperava, svanita, così come gli abitanti di Banda in Ghiaccio. Alla poesia Barnie sembra perciò chiedere molto, ovvero di colmare come può il vuoto, la separazione tra l’uomo e sé stesso, tra l’uomo e la propria origine, (s)radicata in ciò che resta di un territorio vergine, sussurrata dal calice schiuso dei fiori, allusa nel ronzìo sommesso degli insetti, sfiorata nel canto fluttuante degli uccelli, che paiono sempre farsi tramite tra l’uomo e il proprio remoto desiderio d’infinito, tra la gravità dell’essere e l’ansia mai sopita del volo. L’immersione nel piccolo, nel minuscolo, nel nascosto è dunque riavvicinamento al buio dell’origine, è svanimento dell’umano in funzione di una nuova nascita, è riappropriazione e radicamento nella terra, sia essa cosparsa d’erba alta o di fango, sia essa trampolino di fuga o banchina d’approdo. È il corpo che “si sveglia” e invita il cervello: “Facciamoci un drink, mio tormentato amico.”

Chiara De Luca




No Going Back


There’s the statue to the Dignity of Man
toppled over and a hand pointing up through
brambles, and the rotting watchtower with its tannoy’d
voice singing, I did it my way; toadstools

push their heads through needles on the forest floor
like folk tales jumped out of the books;
so there was something to it, though we’ll never find
the witch and the gingerbread house now.


Senza ritorno


C’è una statua alla Dignità dell’Uomo
rovesciata la cui mano indica in alto tra i
rovi, e la torre di guardia in rovina con la voce dell’auto-
parlante che canta, Feci a modo mio; funghi velenosi

spingono le teste tra gli aghi sul fondo della foresta come
racconti popolari saltati fuori dai libri;
così c’era qualcosa che portava lì, anche se non troveremo
mai la strega e la casa di pan di zenzero ora.



Spider Crabs


If I can climb
over the backs of my brothers and sisters
to the hands manhandling this cage

I’ll tear them to red confetti
for a blood wedding;

pity is a word thrown overboard by Noah;
It tasted good,

said the lips of the shark.


Granchi ragno


Se riuscirò ad arrampicarmi
al di sopra delle spalle di fratelli e sorelle
fino alle mani che manipolano questa gabbia

le strapperò facendone confetti rossi
per un matrimonio di sangue;

pietà è una parola che fu
gettata in mare da Noè;
era buona,

dissero le labbra dello squalo.

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