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Traducendo Einsamkeit

STANZE DEL NORD

SCORRONO LE COSE CONTROVENTO di FEDERICA GALETTO

ODE FROM A NIGHTINGALE - ENGLISH POEMS

A LULLABYE ON MY SHOULDER di Federica Nightingale

EMILY DICKINSON

venerdì 11 settembre 2009

GIORGIO MEDDA

Joseph Désiré Court -Woman lying on a divan, 1829







MACERANTI PENSIERI


E’ una finestra chiusa ,
che un sottile raggio di luce
apre, nella penombra,
come un bacio a labbra esangui, fredde,
il tuo bel viso,
come una lama di sole e cenere,
-volto doloroso-
il tuo bel viso,
nelle campagne assolate fuori,
gocce amare di luci ed ombre dentro,
è disegnata la tua storia.
Seduta sul letto raccatti
le tue ciocche sparse d’ inquieto disordine,
come un mazzo di sigarette interrotte
mozziconi come viscere,
figlie di una notte insonne.
Un silenzio ingombrante nella stanza chiusa,
densa di errori e rimpianti,
desideri rimossi,
chiusi nella tua metà oscura,
ripugnante,
impermeabile alla pioggia di pensieri
che sbattono sulle gote asciutte,
l’abraso fondo della barca,
guadando un fiume di vili pietre
legge i segni delle tue sconfitte,
precipitando come cenere
sui tuoi piedi nervosi, scalzi.
Sul tuo sguardo dimezzato,
un albero accecato da un fulmine
di pioggia estiva, inattesa,
rende il profumo salmastro della campagna,
affine ai tuoi macerati pensieri.



§




SOLITUDINI


Talmente avvezzo al fosco,
è il nebbioso passo,
che il respiro si dilegua,
e così il battito di tutto,
pulsa nell’ essere,
così lento e stanco.
Nelle pallide mani stupefatte,
sbattono le finestre sugli occhi,
all’improvviso chiarore,
franano le verità conseguite,
di laghi e fiumi sempre vuoti,
di case e porti sempre chiusi.
Cascate liquide di solide travi,
travolgono l’inaspettato senso,
di vacuità mentali e dolenti mete,
compagne accomodanti,
e accondiscendenti
in perfetta sintesi,
di solitudini conquistate,
a colpi di abbandono.



§



ESTATICA ILLUSIONE


Inutile, impetuoso vento,
pettini urlando il mare increspato,
violentando le nuvole,
ree soltanto di esistere.
Il vascello è in porto, muto,
con le sue tele spente,
pittore cieco, in esilio nella sua casa.
Non astio né collera regnano,
sul mio agitato cuore,
da cui mi allontanai inconsapevole,
per navigare gli infiniti mari del dolore.
Cuore che non ebbe voce,
nel decidere se entrare da quella porta,
o galleggiare nell’oblio,
agognata sintesi di cielo infinito.
Troppo lesta fuggisti, estasi,
per imprimere nell’anima,
soltanto un profumo, un colore,
che non fosse di rami bruciati d’illusione.
Tutto è fermo e calmo intorno,
troppo,
per non rendere la mia follia,
nitida come questa luna piena,
arrampicata sulle stelle,
così terribilmente bella,
così scioccamente vuota.


Giorgio Medda ©

Biografia:


Nato a Cagliari nel 1969, Giorgio Medda proviene da una famiglia medio - borghese cagliaritana da generazioni. Padre commerciante, madre casalinga, è lei, figlia di un maresciallo dei carabinieri, che gli trasmette la passione per la musica e la poesia. Sin da piccolissimo scriveva pensieri su un quaderno, recitandoli poi in un palco virtuale.
Timido e introverso, portato verso una malinconia crepuscolare, ama la sera e la notte, odia la luce e la folla.

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