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Traducendo Einsamkeit

STANZE DEL NORD

SCORRONO LE COSE CONTROVENTO di FEDERICA GALETTO

ODE FROM A NIGHTINGALE - ENGLISH POEMS

A LULLABYE ON MY SHOULDER di Federica Nightingale

EMILY DICKINSON

venerdì 26 febbraio 2010

SCRITTURE SINTATTICHE

Jane Lewis ©






Nella poesia che segue di Francesco Marotta, un capolavoro di perfezione stilistica e di contenuti, mi è piaciuto abbinare un testo di David Shumate, un altro eccellente esempio di perfezione, qui semplice e diretta, ma carica di significati da elaborare e scoprire come una scatola cinese. Ho infine voluto abbinare una mia poesia, non perché possa competere con le due precedenti, ma perché contiene a mio parere riferimenti comuni ad entrambe i testi.
Il tema dello scrivere non è che un punto nei diversi testi qui presentati, ai quali aggiungo la traduzione dall’inglese dove richiesta. Tradurre fornisce un’ulteriore lettura di spessore, apre un varco nuovo nella comprensione e nella sintassi. Ho voluto dipanare un filo comune per farne un gomitolo spesso.




§

Scrivere è un’ora covata dal destino
Ha a che fare con quel tipo di tristezza
che porta la primavera
Ma non mangio le mie virgole,
le pause riflesse, mi sazio,
senza inghiottire
There’s something so familiar
about it


§

scrivere è un destino covato dall’ombra delle ore

la spina amorosa di chi non lascia niente alle sue spalle

perché essere cenere, sostanza di vento

è inciso da sempre a lettere di fuoco

nelle pupille dei segni che trascina – un canzoniere

infimo, un breviario di passi senza orma

tracima sillabe d’innocenza e memoriali di sabbia

dalla brocca silente che disseta il labbro,

quando parole malate d’aria si staccano dalle mani

precipitano nell’impercettibile abisso

di una pagina –

scrivere è un’ora covata dal destino

la spina che costringe il corpo in reticoli d’albe in piena notte

e punge fruga ricuce orli slabbrati lacera la carne

fino a che sanguinano anche i sogni,

fino a che l’immagine fiorisce in echi di sorgente

gli alfabeti rappresi dentro un grido
(sono queste le voci che mancano a una pietra

per sentirsi un arco lanciato verso il cielo,

sono questi gli accenti

che scortano il seme alla sua tomba di luce – al precipizio ardente

dove la morte è presagio di stagioni,

oracolo dei frutti e del ricordo)


Francesco Marotta ©





Translating a poem

Some say they run their fingers over the page as if
it were a message from the dead. Others say a
word is a kind of fruit. You slice it open and catch
the juices in a bowl. Still others recommend
carrying the poem with you into a dream where it
might become a bird or a fish. I have a poem in
front of me now. Its Chinese lines are delicate.
Papery. The thin strand of its meter is like the breath
of a sleeping child. I’ve just translated the first line.
It has to do with that kind of sadness spring
brings. There’s something so familiar about it. As
if I’ve just bumped into the poet outside a market
and we’ve both dropped our bags. We get down on
our knees. She picks up my head of lettuce. I reach
for her apricots as they roll into the gutter.

David Shumate ©




Tradurre una poesia


Alcuni dicono che scorrono le loro dita sulla pagina
come se fosse un messaggio che viene dalla morte.
Altri dicono che una poesia è una specie di frutto.
Lo apri lo sbucci e racchiudi il suo succo in una ciotola.
Altri ancora raccomandano di portare con te
la poesia dentro un sogno dove potrebbe diventare
un uccello o un pesce.
Ho una poesia davanti a me ora.
Le sue linee cinesi sono delicate.
Sottili come carta. Il leggero filo del suo metro
è come il respiro di un bimbo dormiente.
Ho appena tradotto la prima riga.
Ha a che fare con quel tipo di tristezza che
porta la primavera.
C’è qualcosa di così familiare in essa.
Come se fossi appena andato a sbattere contro
il poeta fuori da un mercato e a entrambi fossero
cadute le borse.
Ci buttiamo in ginocchio.
Lei raccoglie il mio cespo di lattuga.
Io allungo la mano per prendere le sue albicocche
mentre rotolano in strada.

Traduzione di Federica Nightingale ©





Che cosa fai sulle guglie del mio capo

Che cosa fai/ sulle guglie del mio capo/restante a bandire/ che temo il fiato uscire/dalla bocca/non sento le parole/ stracciate come carta/ non respiro/ se mi tieni chiusa/ nei pozzi/dove vorresti mai/ andare senza colpe/al mio risveglio/ potrei morire/senza aver capito/ chi sono/senza aver compreso/ le meraviglie di me/non c’è che nero/ vigore d’intercalare/ nelle conche /esterrefatte e umide/di un giorno/ che ho detto si/e poi un altro/ che ho taciuto/morsi del passato/ non tagliano/recidono/ le certezze del vivere/ accanto ai miei libri/alle mie gambe ferme/ai pettirossi sui rami/ai conti sempre rossi/e bambini che corrono/gli occhi pieni/di poesia/ma non mangio/le mie virgole/le pause riflesse/mi sazio/senza inghiottire/ho perso/ho perso le mie scarpe/e le viole sul davanzale/i miei sorrisi trasparenti/le ore di sonno/che cosa fai/mi tieni alla catena/senza acqua/ma io scrivo/senza penna/senza niente/adopero i pasti di ieri/mi ricostruisco proteine/le modello sul mio sangue/e non sento il freddo/aprendomi ai chiari di sole in febbraio/ti ho sotto i denti e ti divoro/m’ingegno a triturarti/che vorrei solo andare/la mattina a prendere la rugiada/che cosa fai/di me non avrai/mai nulla/cavalcherò la mia morte sul tuo cranio/avrai me per intero/addosso per sempre/in estranea congiunzione/asse rigido a toglierti la dignità/che non avrò perso/fra i denti.

Federica Nightingale ©

2 commenti:

cristina bove ha detto...

grazie di essere passata da me, e avermi dato modo di leggere sentire vedere qui cose straordinarie.
buon pomeriggio
cri

Anonimo ha detto...

Grazie a te per la tua presenza qui e per l'apprezzamento alla mia Stanza. Sei sempre la benvenuta. Un caro saluto
Federica Nightingale

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