Non ti addito la colpa nel collo precipitato
né nelle ciliegie deposte come sassi sulla gola:
quando la carne é gravida di pioggia
e tu una composizione di braccia
come rami verticali allo sterrato,
hai la coerenza di un quadro che resta
appeso all'ultima via di fuga:
Fitta figlia di un dialogo per voce sola,
preghiera in bianco e nero dove l'esito è di gesso
e non respira per il superbo, altero precipitato
- millefiori -
affittacamere di specchi in rimando del tuo profilo,
eco per soli acuti.
Non ti perdono
il ritorno ai pergolati di pelle, esiliata sofferente
che corre in sola ipotesi
di voci simili alla sua.
"Coltivare tutto questo grande dolore
a furia di pensarlo mi è cresciuto dentro
un male. Mi vuole mangiare"
Si baciavano i giovani amanti nell'estasi leggera si schiusero
a posare la nebbia sugli occhi degli orfani
pietosi reduci dai divini passati non hanno nome più
neanche un altare lenisce un così grande sconforto
preme sul giorno che si affloscia come un
palloncino ucciso dal senzadio, senzagiorno, senzasogno.
Potevano pregare i bambini di essere cullati
da tuttabende sul troppo reale - tanto troppo
reale è camminare cercando siringhe da iniettare
anche un po' di fuga mi accarezza, altrove qualcuno
mi aspetta con una carezza, ha sopra il mio nome.
Altrove mi dissero del sole e un'ampiezza di rose
vibra colore agli occhi tutti lo possono vedere:
il bacio sulla guancia, il gesto primo era pieno
di vita tanto che il ricordo pigola piano la
sera anche abbassa le ciglia al sorriso.
Prima.
Piano sarà notare il sole sul pallore è un mulinello
l'artista: una piccola felce infittita nel mistero del bosco
c'è una casa.
Almeno nostro è il forse, mio amore.
Mi odio i mattini di nervi scoperti
urla sotterrate come incubi risvegli
quando mi poso nella stanza ubriaca di presenti
(Visioni si mordono le mani
visi grigi che giocarono il sangue
ti lasciano lo sguardo fisso
puntato alle tempie:
a mitraglia si uccide
l'ardore spento del come ci pensavamo
ora già vecchi, immobili, mestruati dall'inverno
incandescente.
Raccogliamo lacrime).
Le mie mani votive sono aironi di carta, scivolano le superfici dell'ieri indulgente. Accoltellato ritorna nell'agonia dove il pensarsi fu superbia, per noi, che siamo rondini d'acqua; la caduta fra le nubi e la terra.
(2008)
Maeba Sciutti ©
Biografia:
Maeba Sciutti è nata nel 1977 a Rimini. Nel 2006 fonda i gruppi di poesia e arti contemporanee http://thecatswillknow.splinder.com/ e http://thecatswillknowgallery.splinder.com/. Attualmente si occupa della selezione poetica per la rivista “Historica&Progetto Babele” con lo scopo di ricercare voci formalmente interessanti e rappresentative dell’espressionismo contemporaneo.
Sue poesie sono comparse in diverse riviste fra cui “Π- trimestrale di conversazioni poetiche”.
Ha pubblicato “Flaming June - donne oltre la tela” (ARPANet, 2008) e le raccolte poetiche “Cristalli di fiato” (Liberodiscrivere, 2007) e “Lingue di piume” (ARPANet, 2007).
Sul web si può trovare l'ebook “Il ventre infertile” (Clepsydra Edition,2009).
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